Giorno per giorno – 27 Aprile 2009

Carissimi,
“In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo”. Gli dissero allora: “Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?”. Gesù rispose: “Questa è l’opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato” (Gv 6, 26-29). C’è un cercare Dio, o Gesù, o anche solo (in subordine) la Chiesa, che risponde a un bisogno del momento. Passato il quale, se ne può fare tranquillamente a meno. Ce n’è un altro che ci addita un significato, l’ultimo, quello decisivo, assumendo il quale, tutto diventa possibile. Come entrare nella logica di Dio, che è ciò che boi chiamiamo il Regno, rivoluzionare la nostra storia, o cominciare a cambiare il mondo (almeno quello intorno a noi). L’Eucaristia è già, in qualche misura, tutto questo: credere nella Parola-gesto del pane-vita che si dona. E questo è anche il significato del Crocifisso risorto che ci disponiamo a far vivere in noi. Con la forza del suo Spirito, naturalmente!

Oggi il calendario ci porta la memoria di Mechitar, monaco e testimone di dialogo.

27 MECHITAR.jpgPietro Manuk (questo il suo nome di battesimo) era nato a Sebaste, in Armenia, il 7 febbraio 1676. Nel 1691 era entrato nel monastero di Surp Nshan, assumendo il nome di Mechitar (= Consolatore). Fu ordinato sacerdote, a soli venti anni, in un’epoca in cui l’Armenia era attraversata da divisioni e controversie religiose, retaggio del millennio precedente. Crebbe allora in lui l’idea di dar vita a un centro monastico, i cui membri, radicati nella preghiera e nello studio delle Scritture e della tradizione, si disponessero a vivere i valori del dialogo e della mansuetudine evangelica. Il suo sogno si concretizzò in pochi anni, tanto che nel 1700 fondò la Congregazione che, alla sua morte, sarà chiamata Mechitarista. L’ostilità del patriarcato al dialogo con Roma, costrinse presto Mechitar a trasferirsi con i suoi compagni a Modone, sotto dominio veneziano, dove edificò un monastero. Nel 1705 presentò un’istanza al papa Clemente XI, volta ad ottenere il riconoscimento della nuova famiglia religiosa come Ordine monastico armeno riformato di S. Antonio Abate. Nel 1715, l’avanzata ottomana nella Morea, spinse i monaci a trasferirsi a Venezia, dove, due anni più tardi, fu assegnata loro l’isola di San Lazzaro. Lì cominciarono subito a lavorare alacremente alla ristrutturazione della chiesa e degli altri edifici esistenti, dedicandosi nel contempo alla traduzione, redazione e pubblicazione di testi spirituali. Mechitar morì il 27 aprile 1749 e fu sepolto nel presbiterio di San Lazzaro.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.6, 8-15; Salmo 119, 23-30; Vangelo di Giovanni, cap. 6, 22-29.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni dell’India, Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

Un anno fa, padre Irineu, l’attuale priore del vicino Monastero, faceva la sua professione solenne. Noi l’abbiamo ricordato nella preghiera del bairro e lo proponiamo alla vostra. Mettersi in ascolto della voce dello Spirito, che si rivela ai piccoli e ai poveri (Mt 11, 25-27), per intendere dove conduce la sequela di Gesù e il cammino dell’unificazione interiore, nelle concrete situazioni socio-culturali, in cui si è radicata la storia del monastero, non è sfida da poco. Irineu ha però come vantaggio quello di poter ricominciare da zero. Anzi, da uno: Lui, con la elle maiuscola. Timothy Radcliffe, che è un domenicano, in una conferenza ai monaci benedettini suggeriva: “Forse ciò a cui Benedetto ci invita è costruire una comunità in cui veniamo liberati dalla rivalità, dalla competizione e dalla lotta per il potere. È un nuovo genere di comunità strutturata sul reciproco rispetto, sulla mutua obbedienza. È una comunità al cui centro non sta nessuno, ma vi è lo spazio vacante, il vuoto che è riempito dalla gloria di Dio. Tutto ciò implica una sfida profonda all’immagine moderna dell’io, che è quella di un io solitario, assorbito in se stesso, centro del mondo, fulcro attorno a cui tutto gravita. La vita monastica ci invita ad abbandonare il centro, e a cedere all’attrazione gravitazionale della grazia. Ci invita a essere decentrati. Fino a quando saremo in competizione per il centro, non vi sarà spazio per Dio”. Il che vale, ovviamente per ogni comunità che si voglia cristiana. Anche le nostre, di base.

Bene. Uno degli allievi dei monaci mechitaristi di Venezia fu, a fine Ottocento, Daniel Varujan, che sarebbe poi divenuto uno dei maggiori poeti armeni contemporanei, e che, solo trentunenne, finì deportato e ucciso durante il genocidio armeno del 1915. Noi scegliamo di congedarci, stasera, con una delle sue liriche, intitolata “Semina”, tratta dalla sua raccolta “Canto del Pane” (Guerini e Associati Editore). Dato che abbiamo aperto la giornata con il Pane, con esso la chiudiamo. È questo per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
E’ il seminatore. Si erge possente / tra i raggi dorati del tramonto. / I campi della patria ai suoi passi / estendono scarna la propria nudità. // Il suo grembiule è pieno del grano / colto dalle stelle. Le spighe di un anno, assetate, / attendono il suo palmo gigante, / che spunta sui campi come l’aurora. // Semina, contadino – in nome del pane della tua casa, / non conosca limiti il tuo braccio; / questi grani che spargi, si verseranno / domani sulle teste dei tuoi nipoti. // Semina, contadino – in nome del misero affamato / non esca dimezzato il tuo palmo dal grembiule; / un povero oggi nella lampada del tempio / versò il suo ultimo olio per il raccolto di domani. // Semina, contadino – in nome dell’ostia del Signore / germi di luce straripino dalle tue dita; / in ciascuna delle spighe bianche di latte / maturerà domani una parte del corpo di Gesù. // Semina, semina – sia pure lontano dai confini, / come le stelle, come le onde, semina. / Che importa se i passeri devastano i tuoi chicchi – / Dio al loro posto seminerà delle perle. // Colma i solchi, fendi le fertili pianure, / luci d’oro zampillano dal grembo della terra. / Ecco, il giorno imbruna – e l’ombra del tuo braccio / si allunga sugli orizzonti di stelle. // (Daniel Varujan, Semina)

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro>.

Giorno per giorno – 27 Aprile 2009ultima modifica: 2009-04-27T23:26:00+02:00da fraternidade
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