Giorno per giorno – 18 Aprile 2009

Carissimi,
“Alla fine apparve agli Undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato. Gesù disse loro: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura” (Mc 16, 14-15). Da allora, Lui, l’eterno Illuso, non cessa di mandare i suoi, ancora increduli e duri di cuore quanto basta, a proclamare al mondo il suo vangelo. Con quanta credibilità non sapremmo dirlo, dato che spesso annunciamo ciò che non sappiamo vivere e testimoniare nei gesti, negli atteggiamenti, nelle parole che intessono la trama delle nostre relazioni, quella buona notizia che è dono, benevolenza, perdono. Una celebrazione della Pasqua che non esprima un reale andare incontro all’altro, chiunque egli sia, e non disponga ad una sincera apertura nei confronti della sua maniera d’essere, della sua cultura, delle sue attese, desideri, valori, ma anche dei suoi limiti, tare, peccati, sarebbe la negazione della Pasqua di Cristo. A cui gli stili celebrativi o le scelte estetiche nulla sarebbero in grado di aggiungere. Gesti solenni o umili, suggestivi e ieratici o semplici e cordiali, sarebbero infatti soltanto un inutile spettacolo. Ora, se la gente diserta, e sempre più, le nostre chiese, forse, prima di addebitarne la colpa ai processi della postmodernità, sarebbe il caso di interrogarci sulla qualità della nostra testimonianza. A partire da dentro le nostre chiese.

I testi che la liturgia di questo Settimo Giorno di Pasqua propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap. 4, 13-21; Salmo 118; Vangelo di Marco, cap.16, 9-15.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Oggi facciamo memoria di Francisco Marroquín, pastore e difensore degli Indios in Guatemala, e ricordiamo il Massacro degli ebrei del ghetto di Praga.

18 FRANCISCO MARROQUIN.jpgNon disponiamo di molte notizie su Francisco Marroquín, che fu il primo vescovo del Guatemala. Fu egli a fondare nel paese le prime scuole e i primi ospedali. Amico di Fray Bartolomé de Las Casas e dei vescovi del Messico, Juan de Zumárraga e Juan de Zárate, si unì a loro per studiare i metodi più efficaci per proteggere gli indios dallo sfruttamento e dagli arbitri dei colonizzatori spagnoli, e per riflettere sul modo migliore per esercitare l’ufficio di pastore. Morì il 18 aprile 1537.

Al tramonto di un giorno come questo – il 18 aprile 1389 – le comunità ebraiche nel mondo intero entravano nel 15 Nissan 5149 ed aprivano così la grande celebrazione di Pesah. Fu una Pasqua tragica per la comunità ebraica di Praga. Al grido di “battesimo o morte” folle di cristiani fanatici invasero il ghetto, trascinando fuori dalle loro case quanti si accingevano a consumare la cena pasquale. Oltre tremila ebrei – uomini, donne e bambini – che rifiutarono di ricevere il battesimo furono massacrati e i loro cadaveri furono profanati, bruciati assieme a carcasse di animali. Inutile dire che, in nome di Cristo e da persone che si credevano cristiane, era Cristo stesso ad essere eliminato e ucciso, nel suo significato e nella persona dei suoi fratelli.

La notte scorsa è morto in un incidente di moto il nostro amico Carlos Átila, di Carmo de Rio Verde, che tre anni fa era stato ospite della chácara Paraíso, per cercare di uscire dal tunnel della tossicodipendenza. Ma non sempre si riesce definitivamente. Forse la sua morte è stata solo un’altra maniera per smettere di fare e di farsi del male. In un mondo con cui non ci s’intende più o che non ha voglia o tempo di starti ad ascoltare. La sua ragazza è incinta di cinque mesi. Noi non si sa altro. Certo, voi avete ragione a dire che ce n’è migliaia, forse milioni, di queste storie, sotto ogni cielo. Però, vedete lo stesso di trovargli un posto nelle vostre preghiere.

Noi ci congediamo qui, lasciandovi a un brano di don Primo Mazzolari, tratto dal suo libro “La Pasqua” (La Locusta). É per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Ora, sappiamo dove si fa la Pasqua, e ne sappiamo anche la strada, che passa at traverso i segni dei chiodi. Non ce n’è un’altra. Noi cristiani abbiamo fretta di vedere i segni della Pasqua del Signore, e quasi gli muoviamo rimprovero di ogni indugio, che fa parte del mistero della Redenzione. I non-cristiani hanno fretta di vedere i segni della nostra Pasqua, che aiutano a capire i segni della Pasqua del Signore. Un sepolcro imbiancato, che di fuori appare lucente, ma dentro è pieno di marciume, non è un sepolcro glorioso. Chi mette insieme pesanti fardelli per caricarli sulle spalle degli altri, senza smuoverli nemmeno con un dito, è fuori della Pasqua. Chi fa le sue opere per richiamare l’attenzione della gente, invitando stampa e televisione, non vede la Pasqua. Chi chiude il Regno dei Cieli in faccia agli uomini per mancanza di misericordia, non sente la Pasqua. Chi paga le piccole decime e trascura la giustizia, la misericordia e la fedeltà, rinnega la Pasqua. Chi lava il piatto dall’esterno, mentre dentro è pieno di rapina e d’intemperanza, non fa posto alla Pasqua. Oggi è Pasqua, anche se noi non siamo anime pasquali: il sepolcro si spalanca ugualmente, e l’alleluia della vita esulta perfino nell’aria e nei campi; ma chi sulle strade dell’uomo, questa mattina, sa camminargli accanto e, lungo il cammino, risollevargli il cuore? Una cristianità che s’incanta dietro memorie e che ripete, senza spasimo, gesti e parole divine, e a cui l’alleluia è soltanto un rito e non ha trasfigurante irradiazione della fede e della gioia nella vita che vince il male e la morte dell’uomo, come può comunicare i segni della Pasqua? (Primo Mazzolari, La Pasqua).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 18 Aprile 2009ultima modifica: 2009-04-18T23:32:00+02:00da fraternidade
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