Giorno per giorno – 12 Aprile 2009

Carissimi,
“Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti” (Gv 20, 6-10). Noi, volutamente, non cerchiamo di sapere neppure di nascosto chi dei nostri va o non va a messa, la domenica. E, a maggior ragione, la domenica di Pasqua. Un tempo, c’era almeno un gruppetto che ci andava insieme. Poi, non combinando più distanze, orari, impegni, ciascuno si è orientato per conto suo. In cattedrale, chi se l’è sentita di fare una levataccia, ci si è ritrovati stanotte alle quattro, per finire alle sei. E dirci gli uni gli altri: Gesù è risorto. Sì, è risorto davvero, alleluia! Cosa significhi poi, risorto, e se noi, dopo duemila anni, abbiamo davvero compreso le Scritture, meglio di quei due poveri discepoli che si erano precipitati a vedere il sepolcro che le donne avvevano trovato vuoto, non siamo sicuri di poterlo dire. Però. Però, oggi pomeriggo, Valdecí, che, in chiesa non ci va sempre, quando ci ha incontrato, ci fa: adesso ho capito cosa significa che Gesù è risorto; vuol dire che Lui è vivo, qui, in mezzo a noi, sempre, e che noi, perciò, non possiamo avere più paura di niente. E lo ha detto con una tale solarità, lei che è già solare di suo, che ci veniva voglia di abbracciarla. Risurrezione: i racconti che i Vangeli e gli altri scritti del Nuovo Testamento ci fanno di questa “cosa” sono i più diversi, segnale che ciascuno la sperimenta a modo suo. Però tutto rimanda a quella fede/fiducia di fondo che Gesù ha appreso per primo e ci ha insegnato: Dio è Padre, è l’Abbà, consegnandoci a Lui si è sempre e comunque in buone mani, qualunque cosa ci accada. Ci possiamo contare. E la risurrezione di Gesù ne è solo la riprova. Ma, di noi, delle nostre chiese, cos’è che si può dire? Siamo come sepolcri vuoti, capaci al massimo di fare un po’ di paura, o mani, braccia, cuore che si prestano allo Spirito del Risorto?

PASQUA.jpgI testi che la liturgia di questa Pasqua di Risurrezione propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.10,34a.37-43; Salmo 118; Lettera ai Corinzi, cap.5, 6-8; Vangelo di Giovanni, cap.20, 1-9.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

Il calendario ci porta la memoria di don Primo Mazzolari, profeta di pace e di non-violenza, e di Valdes (o Valdo), riformatore della Chiesa.

12 Mazzolari.jpgPrimo Mazzolari era nato al Boschetto, frazione di Cremona, il 13 gennaio 1890, da Luigi e Grazia Bolli, una famiglia di piccoli affittuari contadini. Entrato in seminario dodicenne, fu ordinato prete il 24 agosto 1912. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, chiese ed ottenne di essere arruolato e, nel 1918 fu mandato come cappellano militare sul fronte francese, dove restò fino alla fine della guerra. Nel 1920, fu nominato parroco a Bozzolo e, due anni più tardi, a Cicognara, un paese a forte tradizione socialista, dove rimase per dieci anni. Qui iniziò la sua opposizione al fascismo. Ritornato a Bozzolo, nel 1932, prese a pubblicare i suoi scritti, in cui, con coraggio e onestà, segnalava limiti e manchevolezze della Chiesa, nonché l’esigenza per l’Italia di una profonda riforma morale e culturale. Il che, dati i tempi, si tradusse in grane, a livello ecclesiastico e politico. Durante la drammatica e opprimente esperienza della Repubblica Sociale Italiana, don Primo approfondì i suoi contatti con la Resistenza, al punto di essere arrestato. Rilasciato, passò l’ultimo periodo in clandestinità. A partire dal 1945, sue preoccupazioni maggiori furono l’impegno per l’evangelizzazione, la pacificazione, la costruzione di una società più giusta, il dialogo con i lontani. Nel gennaio 1949 fondò e diresse il periodico “Adesso” la cui pubblicazione fu sospesa, per l’intervento del Vaticano, nel febbraio 1951, riprendendo solo nel novembre, con la direzione di un laico. Nel 1955 apparve anonimo “Tu non uccidere“, con cui il parroco di Bozzolo si faceva sostenitore dell’obiezione di coscienza, pronunciando un durissimo atto di accusa contro tutte le guerre. Nel novembre del 1957, chiamato da mons. Montini, predicò alla Missione di Milano. Nel febbraio 1959, infine, il nuovo papa, Giovanni XXIII, lo ricevette in udienza in Vaticano. L’accoglienza ricevuta, come ebbe a dire ritornando a Bozzolo, lo ripagava di ogni amarezza sofferta. Morì poco tempo dopo, il 12 aprile 1959.

12_PEDRO_VALDO.JPGValdes era nato a Lione nel 1140. Divenuto mercante, praticando l’usura senza troppi scrupoli, si era ben presto arricchito. Una domenica, udì raccontare da un trovatore le vicende e la morte di sant´Alessio, che era vissuto come mendicante nella casa del proprio padre. Commosso, l’indomani mattina si recò ad una scuola di teologia per chiedere quale fosse la via più sicura che portasse a Dio. Gli risposero con la frase del Vangelo: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi tutto ciò che hai e, il ricavato, dallo ai poveri”. Fu ciò che egli fece. Attorno a lui si radunarano presto molti seguaci, i “poveri di Lione”, con un programma di vita basato sulla povertà e sulla predicazione dell’evangelo, in uno stile di vita che intendeva seguire da vicino quello degli apostoli di Gesù. Le critiche mosse alle ricchezze del clero e la pratica della predicazione da parte dei laici, gli attirarono però la sconfessione delle autorità ecclesiastiche. Nel Concilio Lateranense (1179), papa Alessandro III, pur approvando le norme di vita dei suoi seguaci, aveva proibito loro la predicazione e la diffusione dei testi biblici. Nel 1184, tuttavia, Lucio III ritenne più sicuro scomunicarli, dando inizio ad un’aperta repressione, che costrinse i poveri di Lione a rifugiarsi nelle ospitali e sicure valli del Piemonte e del Delfinato. La condanna ufficiale e definitiva della Chiesa venne divulgata nel 1215. Due anni dopo, il 12 aprile 1217, Valdes moriva. Dall’esempio e dalla predicazione sua e dei poveri di Lione nacque la Chiesa Valdese, di cui furono caratteristiche lungo i secoli la rinuncia al potere politico, all’uso della forza e all’alleanza con le potenze del mondo.

È tutto per stasera. Noi ci congediamo qui, lasciandovi ad un brano di don Primo Mazzolari, tratto dal suo “Tu non uccidere” (Edizioni Paoline). Che parla ancora, e quanto!, a noi e ai nostri tempi. Ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La pace cristiana non è regolata dal “do ut des”: se tu sarai pacifico con me, io lo sarò con te. […] Al pari della fede, della speranza e della carità, la pace è vera beatitudine quando non c’è tornaconto né convenienza né interesse di pace, vale a dire quando incomincia a parere una follia davanti al buon senso della gente “ragionevole”. Se uno raccorcia la pace, o cerca di contenerla nell’area di una “ragione computistica”, sarà portato a concludere che il non essere in pace con chi non è in pace con noi, non è un peccato, ma un diritto che arriva fino allo sterminio della parte avversa. La contabilità cristiana conosce la sola partita del dare: se vi aggiungiamo l’avere, non ci dobbiamo sorprendere se rivedremo sul tappeto le ragioni del lupo, il quale, essendo a monte del fiume, trovava che l’agnello gli intorbidava le acque. Se gli altri odiano, non è una ragione perché odiamo anche noi. Si vince il male col bene; la malattia con la salute; si oppone all’ostilità la carità: questo è il comandamento di Dio. Gli altri sono comandamenti di uomini, e uomini senza Dio, anche se fanno salamelecchi al prete. Quando ci si giustifica delle ingiurie nostre col fatto delle ingiurie altrui, decadiamo dal cristianesimo: rendiamo nulla l’incarnazione con la passione e la risurrezione di Cristo. Ad amare i soli amici erano buoni anche i pagani. La pace comincia in noi… in me e da me, da te, da ciascuno…. Come la guerra. Ma come si può arrivare alla pace se si seguita a coltivare, quasi orto per ortaggi, questa spartizione manichea dell’umanità e della spiritualità; se si seguita ad alimentare una polemica fatta di apriorismi e ingiurie; deformazioni e repulse; se si aumentano ogni giorno più la disparità economica tra chi spedisce lingotti d’oro all’estero e chi vive nelle baracche e intristisce nella disoccupazione; se si insiste a vedere nel fratello insignito di un diverso distintivo politico un cane da abbattere, un rivale da sopprimere, un nemico da odiare? Quanti cristiani, per assicurarsi un diritto all’odio, si tramutano in farisei che non vedono fratelli, ma pubblicani, ma samaritani, ma pagani. Come se Gesù non fosse mai venuto, e non fosse morto e risorto!… (Primo Mazzolari, Tu non uccidere).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 12 Aprile 2009ultima modifica: 2009-04-12T23:51:00+02:00da fraternidade
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