Giorno per giorno – 11 Aprile 2009

Carissimi,
Ho tanta fede in te. Mi sembra / che saprei aspettare la tua voce / in silenzio, per secoli / di oscurità. // Tu sai tutti i segreti, / come il sole: / potresti far fiorire / i gerani e la zàgara selvaggia / sul fondo delle cave / di pietra, delle prigioni / leggendarie. // Ho tanta fede in te. Son quieta / come l’arabo avvolto / nel barracano bianco, / che ascolta Dio maturargli / l’orzo intorno alla casa”. È una lirica di Antonia Pozzi, una poetessa delle vostre parti. O, semplicemente, del mondo. E noi, non vorremmo spendere altre parole, in questo giorno. Certo, non tutti sapremmo confessare: Ho tanta fede in te. Però, a Lui basta una fede grande come un semino di senape. Che è meglio anche per noi. Non ci riempie d’orgoglio e ci evita di camminare con il naso troppo per aria, inciampando facilmente nel primo ostacolo. Quando finirà il Sabato, lo sa Lui. Noi ci fidiamo. Cerchiamo solo di aguzzare gli occhi, di scrutarne i segni.

TERREMOTO.jpgLa liturgia della Chiesa, che ha letture per ogni giorno dell’anno, non ne ha però per questo giorno: il Sabato Santo, la Pasqua dell’Attesa. Solo il silenzio. Nella Veglia Pasquale, la notte più grande di tutto l’anno liturgico (ma sarà già domani), i testi che saranno proclamati, sono tratti da:
Libro di Genesi, cap.1,1 – 2,2; Libro dell’Esodo, cap.14,15 – 15,1; Profezia di Isaia, cap.54, 5-14; Salmo 30; Lettera ai Romani, cap.6, 3-11; Salmo 118; Vangelo di Marco, cap.16, 1-7.

La preghiera del Sabato è in comunione con le Comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel, che celebrano oggi il terzo giorno della Festa di Pesach. Oggi è anche memoria di George Augustus Selwyn, pastore e testimone di Cristo in Nuova Zelanda.

11 George Augustus Selwyn.jpgGeorge Augustus Selwyn nacque il 5 aprile 1809 a Hampstead, in Inghilterra, figlio di un avvocato costituzionalista, William Selwyn e di sua moglie, Laetitia Frances Kynaston. Durante i suoi studi, a Ealing, divenne amico inseparabile di John H. Newman, il futuro cardinale e santo. La sua carriera universitaria, a Eaton e a Cambridge, fu segnata dall’assegnazione di numerosi premi al merito, sia come studente che come atleta. Selwyn era infatti, tra l’altro, un eccellente nuotatore. In quegli stessi anni maturò la sua vocazione ecclesiastica, che lo portò ad essere ordinato diacono nel 1833 e presbitero l’anno successivo. Nel giugno 1839, sposò, a Londra, Sarah Harriet Richardson e, due anni dopo, fu nominato e consacrato primo vescovo della Nuova Zelanda. Come prima cosa, decise di imparare la lingua maori, in modo da poter predicare già al suo arrivo nella lingua del posto. Subito dopo si mise a fondare comunità non solo nella Nuova Zelanda, ma in quasi tutte le isole della Melanesia. Si sentì autorizzato a farlo, perché il documento di nomina, per un errore dell’estensore, indicò il limiti della nuova diocesi a 34 gradi di latitudine a nord dell’equatore, invece che 34 gradi di latitudine a sud. (Sarà solo nel 1957 che le isole diventeranno una provincia separata della comunione anglicana). Durante gli anni del suo episcopato in quella regione fu sempre attento a non entrare in concorrenza con le missioni di altre chiese, per evitare di porre ostacoli al libero annuncio della Parola di Dio. Nella situazione di tensione tra la potenza coloniale britannica e le popolazioni locali, Selwyn difese sempre i diritti degli indigeni e, nel çrimo Sinodo Generale della Chiesa in Nuova Zelanda, garantì l’adozione del principio della piena partecipazione dei cristiani Maori al governo della Chiesa. Nel 1867, Selwyn fu nominato vescovo di Lichfield, in Inghilterra, dove fece ritorno sia pure riluttante e ove visse fino all’11 aprile del 1878.

11 PACEM IN TERRIS bis.jpgNella liturgia di questi giorni risuona l’annuncio: “Surgens Iesus Dominus noster, stans in medio discipulorum suorum, dixit: “Pax vobis, alleluia”; gavisi sunt discipuli, viso Domino” (Resp. ad Mat., in feria VI infra oct. Paschae). Egli lascia la pace, egli porta la pace: “Pacem relinquo vobis, pacem meam do vobis, non quomodo mundus dat ego do vobis” (Gv 14,27).. Questa è la pace che chiediamo a lui con l’ardente sospiro della nostra preghiera. Allontani egli dal cuore degli uomini ciò che la può mettere in pericolo; e li trasformi in testimoni di verità, di giustizia, di amore fraterno. Illumini i responsabili dei popoli, affinché accanto alle sollecitudini per il giusto benessere dei loro cittadini garantiscano e difendano il gran dono della pace; accenda le volontà di tutti a superare le barriere che dividono, ad accrescere i vincoli della mutua carità, a comprendere gli altri, a perdonare coloro che hanno recato ingiurie; in virtù della sua azione, si affratellino tutti i popoli della terra e fiorisca in essi e sempre regni la desideratissima pace”. Si chiude così l’Enciclica “Pacem in Terris”, che Giovanni XXIII indirizzava, l’11 Aprile 1963, ai fedeli e a tutti gli uomini di buona volontà. È una lettera che resta nei nostri cuori e che desideriamo continui ad orientare la nostra attuazione e la nostra preghiera.

Nell’anno 2000, il Card. Carlo Maria Martini aveva scritto una Lettera Pastorale dal titolo “La Madonna del Sabato Santo”. E a noi non par vero di potervene offrire uno stralcio in lettura, in questa occasione. È per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Tu conosci, o Maria, probabilmente per esperienza personale, come il buio del Sabato santo possa talora penetrare fino in fondo all’anima pur nella completa dedizione della volontà al disegno di Dio. Tu ci ottieni sempre, o Maria, questa consolazione che sostiene lo spirito senza che ne abbiamo coscienza, e ci darai, a suo tempo, di vedere i frutti del nostro “tener duro”, intercedendo per la nostra fecondità spirituale. Non ci si pente mai di aver continuato a voler bene! Ci accorgeremo allora di aver vissuto un’esperienza simile a quella di Paolo che scriveva ai Corinti: “In noi opera la morte, ma in voi la vita” (2 Cor 4,12). Tu, o Maria, sei madre del dolore, tu sei colei che non cessa di amare Dio nonostante la sua apparente assenza, e in Lui non si stanca di amare i suoi figli, custodendoli nel silenzio dell’attesa. Nel tuo Sabato santo, o Maria, sei l’icona della Chiesa dell’amore, sostenuta dalla fede più forte della morte e viva nella carità che supera ogni abbandono. O Maria, ottienici quella consolazione profonda che ci permette di amare anche nella notte della fede e della speranza e quando ci sembra di non vedere neppure più il volto del fratello! Tu, o Maria, ci insegni che l’apostolato, la proclamazione del Vangelo, il servizio pastorale, l’impegno di educare alla fede, di generare un popolo di credenti, ha un prezzo, si paga “a caro prezzo”: è così che Gesù ci ha acquistati: “Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo” (1 Pt 1,18-19). Donaci quell’intima consolazione della vita che accetta di pagare volentieri, in unione col cuore di Cristo, questo prezzo della salvezza. Fa’ che il nostro piccolo seme accetti di morire per portare molto frutto! (Card. Carlo Maria Martini, La Madonna del Sabato santo).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 11 Aprile 2009ultima modifica: 2009-04-11T23:46:00+02:00da fraternidade
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