Giorno per giorno – 28 Marzo 2009

Carissimi,
“All’udire queste parole, alcuni fra la gente dicevano: Questi è davvero il profeta! Altri dicevano: Questi è il Cristo! Altri invece dicevano: Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice forse la Scrittura che il Cristo verrà dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide? E nacque dissenso tra la gente riguardo a lui” (Gv 7, 40-43). Bello scherzo che ci fa la liturgia a non dirci quali parole di Gesù suscitarono queste reazioni così disparate della folla! Era l’ultimo giorno della festa di Sukkot. Anche quella mattina, come nei sei giorni precedenti, una processione era scesa alla fonte di Gihon, la fonte che riforniva di acqua la piscina di Siloe. Lì un sacerdote aveva riempito d’acqua un’anfora d’oro, mentre il coro ripeteva: “Attingete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza” (Is 12, 3). Poi la processione aveva fatto ritorno al Tempio, attraverso la Porta dell’Acqua, cantando i salmi dell’Hallel. Salita la rampa dell’altare, il sacerdote aveva versato l’acqua in un imbuto d’argento, attraverso il quale essa scorreva fino a terra. Qui Gesù, in piedi nel cortile del Tempio, aveva gridato: “Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno” (Gv 7, 37-38). Che, a molti dei presenti doveva essere suonato una pretesa blasfema. Ma non a tutti. Il vecchio Pedro, per esempio, duemila anni dopo, a quel grido aveva prestato fede e su quella fede ha giocato tutta la sua vita. Fino ad oggi. Chi di voi è passato di qui l’ha conosciuto, Pedrão. Burbero e scherzoso ad un tempo, ha trascorso gli ultimi anni in una casettina di pietra di una decina di metri quadrati, senza luce, con acqua fredda, dormendo su una tavola di legno, svegliandosi quando era ancora notte e scivolando poi nell’oscurita fino a raggiungere la cappella, a struttura di capanna, dove, accovacciato a terra, riprendeva, in tutta libertà, i suoi dialoghi con Dio: “Pai, paizinho”, “Babbo, babbino” e doveva affidargli il mondo intero, e la sua gente, la chiesa, i suoi fratelli, il monastero, anche e soprattutto in tempi di oscurità totale, quando il sogno degli ultimi decenni poteva sembrava franare. Che fosse curvo sul suo banco di lavoro, Pedro scolpiva il legno straordinariamente, o che stesse camminando per le vie di questa città, o nuotando fedelemente ogni mattina per obbedire alle prescrizioni del medico, o, persino, dormendo, il vecchio monaco ripeteva, scandendolo sul battito del cuore e sul ritmo del respiro, il nome di Gesù e la preghiera del cieco del Vangelo: abbi pietà di me, peccatore. Fino ad oggi, appunto. Quando, terminando il pasto, mangiando un’arancia, ha detto a Ireneu, l’altro monaco di qui: è amara. E questi gliene ha porto un’altra. Il tempo di portarsene uno spicchio alla bocca e ha cominciato a tossire. “Ti è andata di traverso?” chiede l’altro. Ma lui ha cominciato a tremare. Ireneu gli fa: vado a chiamare qualcuno ed è uscito per telefonare. Tre minuti, forse quattro. Quando è tornato in refettorio, Pedro se n’era già andato. Il cuore e quel Nome. C’era da scommetterci che continuandolo a chiamare, Lui se lo sarebbe venuto a prendere. Ora starà già facendo baruffa con Filipe, che l’aveva preceduto di tredici anni nella casa del Padre.

I nostri fratelli ebrei ricordano, il 10 di Nissan, la morte di Miriam, la profetessa. Se il calendario gregoriano fosse già esistito allora, il 10 Nissan del 2487 (dalla creazione del mondo, secondo la cronologia ebraica), sarebbe coinciso con il 28 marzo del 1274 a.C. Noi, perciò, scegliamo di celebrarla oggi.

28 MIRIAM CANTO.jpgSorella di Mosè e di Aronne, Miriam (o Maria) era figlia di Amram e di Jochebed. Informazioni a suo riguardo si hanno nella Torah scritta e in quella orale. Il nome Miriam ha due significati che richiamano entrambi il suo carattere: il primo, dalla radice ebraica mar, è “amarezza”, Miriam, infatti, era amareggiata per la situazione di oppressione in cui versava il suo popolo; l’altro, dalla radice meri, è “ribellione”, ed essa seppe da subito combattere contro gli atteggiamenti di soggezione che alienavano la sua gente. Rashi identifica Jochebed e Miriam nelle due levatrici, che (con il nome professionale di Sifra e Pua) rifiutarono di obbedire all’ordine del Faraone di uccidere tutti i maschi che nascessero dalle donne ebree (Es 1, 15-17). Fu Miriam che convinse il padre a recedere dalla decisione di non procreare più, in seguito a quell’ordine del Faraone. Essa infatti gli profetizzò la nascita di un figlio che sarebbe stato il salvatore del suo popolo (Megillah 14 a). Fu dunque, in tal modo, responsabile della nascita di Mosè. Fu sempre lei che si prese cura del bimbo, quando, appena nato fu collocato in una cesta, affidata alla corrente del Nilo. E lei che propose alla figlia del Faraone di darlo a balia a sua madre (Es 2). Dopo il passaggio del Mar Rosso, guidò le donne di Israele nei canti e nelle danze che festeggiarono l’evento (Es 15, 19-21). Successivamente, coinvolta con Aronne in una disputa con Mosè, fu colpita dalla lebbra (Nm 12, 1-15), da cui guarì per intercessione dello stesso Mosè. Grazie ai suoi meriti, una fonte miracolosa accompagnò gli ebrei nel deserto (Ta’anit 9a). Alla morte di Miriam, il 10 Nissan (Megillat Ta’anit), la leggenda vuole che la fonte fosse trasferita nei pressi del Mar di Galilea, dove ancora si trova la sua acqua curativa. Nel grande banchetto dei tempi messianici, Miriam danzerà per i giusti.

Noi in questo giorno si fa memoria anche di Giuseppe Barbaglio, teologo e biblista, e, da oggi, di Pedro Recroix, monaco appassionato di Gesù.

28 BARBAGLIO.jpgGiuseppe Barbaglio, nato a Crema nel 1934, è stato un cristiano di quelli che “cercano e ascoltano la Parola di Dio sopra ogni cosa; e la leggono nella Chiesa e per la Chiesa; che servono i fratelli con lo studio, la sapienza e l’amicizia; che vivono il primato dell’amore sempre, con serenità anche nelle prove difficili”, usando le parole di Angelo Bertani (Jesus n.5 maggio 2007). È morto il 28 marzo 2007.

28 PEDRÃO.jpgPierre Recroix era nato in Francia, il 14 novembre 1922, da Xavier e Irene Jackiot, da tempo residenti in Algeria, allora colonia francese. In Algeria, la famiglia visse fino al 1930, quando fece definitivamente ritorno in Francia. Nel giugno del 1944, Pierre entrò come postulante nel monastero benedettino di Madiran, dove fece la sua prima professione monastica il 3 ottobre 1945, e il 18 giugno 1950 fu ordinato sacerdote. Nelle comunità in cui passò, quella di Madiran, che si trasferì nel 1952 a Tournay, e successivamente, in Brasile, a Curitiba (dal 1960) e Goiás (dal 1977, in diaspora, e dal 1983, nel nuovo monastero dell’Annunciazione), Pedro seppe testimoniare la passione e la rigorosa disciplina del lavoro, prima nell’agricoltura e nell’allevamento, poi nell’atelier di scultura, la vita di preghiera, intensa e profonda, la prossimità e la dedizione alla gente. È morto improvvisamente oggi, 28 marzo 2009, alle dodici e trenta.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Geremia, cap.11, 18-20; Salmo 7; Vangelo di Giovanni, cap.7, 40-53.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Oggi è morta, improvvisamente, di alcool, Nice, la mamma della fidanzatina di Rafael, che fu anche l’ultima compagna di Cleiber, figlio di Marisa, morto pure lui di alcool nel settembre del 2006. Valdecí ci diceva stasera: speriamo che Pedrão le abbia dato un passaggio. Noi ne abbiamo la certezza. E dato che queste morti ci mettono faccia a faccia al mistero della risurrezione, noi vi offriamo nel congedarci il brano di un articolo di Giuseppe Barbaglio, apparso nel n.5 del 2006 della rivista Concilium con il titolo “Gesù risuscitato, “prìmula” di partecipata risurrezione”. Che è per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
L’esperienza fatta da Pietro e compagni è molto simile all’esperienza di tutti i credenti, con questa diversità che però non cambia la sostanza del quadro: quelli avevano vissuto con Gesù e hanno potuto vedere, in quello spirito che li ha animati dopo la catastrofe del venerdì santo, lo Spirito di Gesù. Hanno potuto dirlo unendo i ricordi del Gesù terreno con la loro nuova esperienza pasquale, esperienza di grazia. Un’esperienza aperta come possibilità reale e non illusoria a tutti gli uomini e sperimentata di fatto da quanti anticipano realmente per grazia nella loro esistenza la risurrezione ultima. Risurrezione non solo di persone singole, ma anche di gruppi e di popoli capaci, per grazia del Risorto, di schiodarsi dal legno della croce, di creare vita anche sui campi di morte. Perché Gesù resta nel tempo il Risuscitato che risuscita. Lo stesso orizzonte di “attualità” si apre per la signoria di Cristo risuscitato, signoria sul mondo (cf l’inno di Fl 2) e più direttamente nella vita delle persone. Una signoria esclusiva, liberante e accolta. “Ci sono molti dèi e molti signori a questo mondo”, afferma Paolo riferendosi a una loro presenza nella vita degli idolatri prostrati in ginocchio davanti al mondo e ai potenti della terra. In un mondo pieno, nel senso detto, di dèi e signori, si distanzia decisamente il noi dei credenti: “Ma per noi c’è un solo Dio, il Padre, e un solo Signore, Gesù Cristo” (1 Cor 8,4-8). Al monoteismo di tradizione ebraica Paolo abbina la monosignoria di Gesù, capace di bandire dalla vita delle persone ogni signoria alternativa. Sempre ai Corinzi l’Apostolo raccomanda: “Siete stati acquistati in moneta sonante; non diventate schiavi di uomini” (1 Cor 7,23). Anche l’affermazione di Cristo “il Signore” trova senso non in affermazioni astratte dalla vita dell’assertore, bensì nel vissuto di chi, per usare una forte espressione paolina, si fa schiavo del Signore (1 Cor 7,22), come egli afferma ripetutamente di se stesso. (Giuseppe Barbaglio, Gesù risuscitato, “prìmula” di partecipata risurrezione).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 28 Marzo 2009ultima modifica: 2009-03-28T23:30:00+01:00da fraternidade
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