Giorno per giorno – 29 Marzo 2009

Carissimi,
“In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12, 24). Pedro è stato vegliato dalla sua gente per ventiquattro ore, nella chiesa del monastero, a bara aperta, sotto la tavola da lui scolpita, che ispirandosi alla Trinitá di Rublëv, ritrae i tre angeli con le fattezze dell’indio (il Padre), del negro (il Figlio), della donna bianca (lo Spirito Santo). Che poi, sono appunto i volti della nostra gente. La notte, non sono rimasti mica tanti, forse una dozzina. Ma durante il pomeriggio e la sera del sabato, e poi, la domenica fino al dopo pranzo, il flusso è stato ininterrotto. Lui se ne stava lì, bianco come non era mai stato, lui che tendeva al rosso, e tranquillo. Senza poterti provocare più con le sue battute graffianti. Di quelle, però, che ti fanno sentire bene. E si è sorbito tutti i discorsi, le lacrime, i ricordi, le preghiere, le risa, i singhiozzi soffocati un po’ per la vergogna, ma poi lasciati correre in libertà, perché del resto anche Gesù ha pianto. Giusto nel Vangelo che è stato scelto per la messa di oggi. Quello di Lazzaro. Ma il commento di tutti, di dom Eugenio, di Ireneu, dell’abate Joël, che ha mandato un messaggio, non è stato sulla risurrezione di Lazzaro, ma sul seme che muore. E che produce molto frutto. Oggi sembrava non esserci nulla da vedere né da sperare. Il seme era lì morto e disteso e poco dopo l’avrebbero interrato. Ma lui, appunto, se ne stava lì tranquillo. Come un Amen. Non perché sospettasse di valere qualcosa. Ma perché sa quanto vale la fedeltà e la promessa dell’Altro. E lui gliene deve avere strappata più di una, di promesse. Dura, sarà dura: il vecchio Pedro dovrà marcire ben bene sottoterra prima che si compia. Ma, noi ci giuriamo, anche se non sappiamo come, si compirà. Stasera, nella Chiesa di Cristo, il Pastor Raimundo ha detto: vorrei dirvi, come prima cosa, che Goiás ha perso uno dei suoi figli migliori. E poi ha chiesto: quanti di voi conoscono padre Pedro? Molte mani si sono sollevate. Lui ha continuato: da tempo non mi era capitato di sentire tante testimonianze e ringraziamenti e lodi di una persona, come ne ho sentiti oggi per padre Pedro. La sua fedeltà è il messaggio che consegna anche a noi. Che noi si possa lasciare, quando ce ne andremo, un messaggio uguale. Cose non dissimili sono state dette in cattedrale, alla messa vespertina, e probabilmente in Santa Rita, al Rosario, nell’Asilo. Sì, questo semino che ha dato quasi cinquant’anni della sua vita al Brasile, frutterà qualcosa. Vai a sapere per chi, se, certo, per la sua gente, o il monastero, o comunque la chiesa di qui. Anche per quelli che l’hanno ignorato fino ad oggi, che si sono dimenticati di venirgli a dare un ultimo saluto. Perché c’è sempre qualcosa di più interessante da fare che congedarsi da un morto. E lui, ridanciano com’era, gli avrebbe pure dato ragione.

I testi che la liturgia di questa 5ª Domenica di Quaresima propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Geremia, cap.31, 31-34; Salmo 51; Lettera agli Ebrei, cap.5, 7-9; Vangelo di Giovanni, cap.12, 20-33.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le Comunità e chiese cristiane.

Oggi il nostro calendario ecumenico ci porta la memoraia di Hans Nielsen Hauge, predicatore laico e riformatore sociale.

29 HANS NIELSEN HAUGE.jpgHans Nielsen Hauge era nato, quartogenito in una famiglia di dieci figli, il 3 aprile 1771, nella fattoria della sua famiglia a Tune, nei pressi di Sarpsborg, nella contea di Østfold (Norvegia). Al pari di molti suoi coetanei, visse una giovinezza povera e comune, fino al 5 aprile 1796, quando ricevette il suo “battesimo nello spirito”, mentre lavorava nel campo paterno. Come in un lampo ebbe la chiara visione della sua salvezza e della chiamata ad annunciare questa sicurezza ad altri. Cominciò così a viaggiare attraverso la Norvegia e la Danimarca, predicando ovunque la “fede viva” e l’impegno personale nei confronti del Signore, capace di trasformare la vita del credente. Per sua sfortuna, la legge norvegese proibiva all’epoca raduni religiosi che non avvenissero sotto la supervisione di pastori ordinati. Molte autorità, sia ecclesiastiche che statali, per paura degli esiti imprevedibili di un movimento guidato da un contadino ignorante, decisero di fermarlo prima che potesse far danni. Dopo essere stato arrestato e rilasciato più volte, Hauge venne incarcerato nel 1804 e venne rimesso in libertà solo nel 1809, quando fu inviato a lavorare in un progetto di estrazione di sale dall’oceano, ma poi fu nuovamente imprigionato. Nel 1811 gli fu permesso di tornare alla sua fattoria, ma, dato che il lupo perde il pelo ma non il vizio, nel 1813 fu incarcerato ancora una volta per lo stesso reato: predicare la parola di Dio. Rimesso in libertà, nel 1815 sposò Andrea Andersdatter, che morì in occasione del primo parto. Sposatosi nuovamente, nel 1817, con Ingeborg Marie Olsdatter, ebbe da lei quattro figli, di cui tre morirono ancora bambini. In questo perido si guadagnò la stima, l’amicizia e il sostegno di numerosi vescovi. Ma un po’ tardi per lui. Indebolito nella salute e nello spirito, si ammalò e morì il 29 marzo 1824. Per sorprendente che possa sembrare, il movimento avviato da Hauge contribuì fortemente alla formazione del sindacalismo in Norvegia. Il fatto, poi, che la sua predicazione sia avvenuta durante gli anni in cui molti norvegesi emigravano per gli Stati Uniti, spiega la notevole influenza che il movimento di Hauge esercitò sul luteranesimo in America.

È tutto per stasera. Noi, nel congedarci, vi si propone qui di seguito il racconto in prima persona dell’esperienza che operò la svolta decisiva nella vita di Hans Nielsen Hauge. È per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Talvolta cadevo in ginocchio e pregavo allora Dio onnipotente che per amore di suo Figlio mi fondasse sulla roccia spirituale, Gesù Cristo. […] Un giorno, mentre lavoravo all’aperto e cantavo a memoria l’inno “Gesù, desidero ardentemente la Santa Comunione”, la mia mente si esaltò a tal punto da non sapere esattamente allora, né poter esprimere oggi, ciò che ebbe luogo nella mia anima. Dato che io ero fuori di me. Appena ripresi i sensi, mi sentii colmo del dispiacere di non aver ancora mai servito questo amorevole Dio trascendentalmente buono. Ora mi appariva chiaro che nulla in questo mondo meritava una qualche considerazione. E che la mia anima possedeva qualcosa di soprannaturale, di divino, di benedetto; che c’era una gloria che nessuna lingua può esprimere – questo io lo ricordo chiaramente come se fosse successo solo pochi giorni fa. E sono già passati vent’anni da quando l’amore di Dio mi ha visitato così abbondantemente. […] Ora, io desideravo soltanto servire a Dio. Gli chiesi di rivelarmi cosa dovevo fare. La risposta mi echeggiò nel cuore: “Devi confessare il Mio nome davanti alla gente; esortarli a pentirsi e a cercarmi finché io posso essere trovato e a fare appello a me mentre sono vicino; e a toccare i loro cuori per poter lasciare le tenebre per la luce”. (Hans Nielsen Hauge).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 29 Marzo 2009ultima modifica: 2009-03-29T23:40:00+02:00da fraternidade
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