Giorno per giorno – 24 Marzo 2009

Carissimi,
“Era un giorno di festa per i Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Vi è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina, chiamata in ebraico Betzata, con cinque portici, sotto i quali giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo disteso e sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: Vuoi guarire?” (Gv 5, 1-6). Noi non sappiamo bene perché, ma stamattina a questo Vangelo non è seguito neppure un commento. Eppure, ai nostri, gli viene abbastanza facile parlare. Lo fanno con spontaneità e senza nessuna timidezza. Ma, oggi. Noi giureremmo che ciò che ha spiazzato tutti è stata quella domanda di Gesù. Rivolta però a ciascuno(a) di noi, alla nostra società nel suo complesso, persino alla nostra chiesa. Immobili, paralizzati da chissà quanto tempo, noi, nei pressi del Tempio, più ancora degli altri. “Vuoi guarire? Vuoi guarire davvero?”. Noi, rannicchiati nel nostro cantuccio, anche ideologioco o religioso, ripiegati nel nostro tran tran quotidiano, familiare, professionale, liturgico, ci si sente tutto sommato al sicuro. E Lui viene lì a stuzzicarci: Non ti va di guarire? Di cambiare, di trasformare te, questa società, questa chiesa? di assumerti il rischio della libertà, e di una responsabilità maggiore di quella di chi ha come suo massimo orizzonte la punta del propio naso? No, Signore, non siamo davvero sicuri di voler guarire. Per questo, stamattina, ce ne siamo stati zitti. Però, se Tu lo vuoi, puoi farlo indipendentemente dalla nostra volontà, che non ci è ancora, né forse mai, sufficientemente chiara. Perciò, sollevaci di peso, mettici in piedi e comandaci di camminare. Amen.

Di due che hanno accettato il rischio di immaginare e vivere una vita e una chiesa, non inchiodate alla Porta delle Pecore, ma coraggiosamente proiettate sui Suoi passi, facciamo memoria oggi. Celebriamo, infatti, San Romero d’America, vescovo e martire in El Salvador, e Paul-Iréné Couturier, testimone di ecumenismo.

24 Mons. OSCAR ROMERO.jpgOscar Arnulfo Romero Galdamez era nato il 15 agosto 1917, in una famiglia modesta di sette figli, a Ciudad Barros (El Salvador). Entrato in seminario a tredici anni, fu inviato a Roma nel 1937, per studiare all’Università Gregoriana, dove si licenziò in teologia nel 1943. Nel frattempo, il 24 aprile 1942, era stato ordinato sacerdote. Rientrato in patria, per oltre ventanni si dedicò soprattutto all’attività pastorale come parroco. Il 24 maggio 1967 fu consacrato vescovo e, tre anni più tardi, lo troviamo vescovo ausiliare di mons. Luis Chávez y Gonzales, testimone coraggioso di una Chiesa schierata in difesa dei poveri e degli oppressi. Sarà chiamato a succedergli il 22 febbraio 1977. Era un momento drammatico per la situazione sociale, politica ed economica di El Salvador, ma il Palazzo guardava senza troppa preoccupazione al nuovo arcivescovo, sapendolo uomo di studi, di una religiosità tradizionale e tendenzialmente conservatore. Tuttavia, a pochi giorni dopo il suo insediamento, di fronte al cadavere di Rutilio Grande, un suo prete assassinato per l’impegno profuso a favore dei poveri, Romero sentì chiaramente la chiamata di Cristo a prestare la sua voce ai senza-voce della storia, denunciando il clima di sopraffazione e di violenza che regnava nel Paese e segnalando le responsabilità dei potenti; sapendo essere nel contempo una presenza amica e solidale in mezzo alla gente sofferente e strumento di dialogo e di riconciliazione tra le parti in lotta. Fu ciò che fece instancabilmente durante gli anni del suo ministero episcopale. Finché glielo lasciarono fare. Ripetutamente minacciato di morte, Romero, la domenica 23 marzo 1980, pronunciò la sua ultima omelia nella cattedrale, durante la quale, rivolgendosi agli uomini dell’esercito, disse: “Fratelli, siete del nostro stesso popolo, perché uccidete i vostri fratelli campesinos? Davanti all’ordine di uccidere deve prevalere la legge di Dio che dice: non uccidere. Nessun soldato è obbligato a obbedire a un ordine che va contro la legge di Dio. […] In nome di Dio, dunque, e in nome di questo popolo sofferente, i cui lamenti salgono fino al cielo ogni giorno più clamorosi, vi supplico, vi scongiuro, vi ordino in nome di Dio: cessi la repressione!”. Furono queste parole che probabilmente decisero la sua condanna a morte. Il giorno seguente Oscar Romero venne assassinato al termine dell’omelia, durante la celebrazione della messa nella piccola cappella dell’ospedale. Era il 24 marzo 1980.

24 Paul Couturier.jpgPaul-Iréné Couturier era nato a Lione, in Francia, nel 1881. Ordinato prete nel 1906 nella Società dei Preti di S. Ireneo, dopo la laurea in Fisica, divenne professore nel Collegio retto dalla Congregazione, restandovi fino al 1946. Dopo un ritiro ignaziano, nel 1923, decise di dedicare parte del suo tempo ad alleviare le sofferenze dei numerosi rifugiati russi che vivevano a Lione. Questa missione lo mise a contatto con le ricchezze spirituali dell’Oriente ortodosso. Nacque così la sua vocazione ecumenica. Più tardi, nel 1932, un soggiorno nel monastero benedettino di Amay sur Meuse (oggi Chevetogne), in Belgio, lo portò a istituire l’Ottavario di preghiera per l’Unità dei cristiani. Nel 1936 organizzò a Erlenbach, in Svizzera, il primo incontro interconfessionale tra cattolici e protestanti, che darà origine al Gruppo di Dombes. Negli anni seguenti i suoi contatti si estesero alla Chiesa anglicana e a Roger Schutz, fondatore di Taizé. Nel 1944 completò il testo “Preghiera e Unità cristiana”, che diventerà il suo testamento spirituale. Padre Couturier morì la mattina del 24 marzo 1953, in seguito ad una crisi cardiaca. Qualche anno prima aveva scritto: “Se ogni giovedì sera, commemorazione settimanale del Grande Giovedì, una moltitudine sempre più grande di cristiani di ogni confessione formasse una rete immensa che avvolgesse la terra, come un vasto monastero invisibile dove tutti fossero assorti nella preghiera di Cristo per l’Unità, non sarebbe forse l’alba dell’Unità cristiana che si leva sul mondo? Non è questo atteggiamento di emulazione spirituale sincera, profonda, ardente, che il Padre aspetta per realizzare l’Unità visibile?”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Ezechiele, cap. 47, 1-9. 12; Salmo 46; Vangelo di Giovanni, cap. 5, 1-16.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Contintente africano.

È tutto. Nella preghiera di stamattina, abbiamo ricordato l’elezione a presidente della repubblica di El Salvador di Mauricio Funes, candidato del FMLN, che sarà insediato nel prossimo giugno. Nel suo primo discorso, il presidente eletto ha tra l’altro ricordato il messaggio profetico di Monsignor Romero e ha affermato che la “scelta preferenziale dei poveri” dell’arcivescovo martire sarà “la strada” del suo governo. Ha detto: “Lavorerò per il benessere di tutti, cercando di favorire, nell’esercizio pubblico, principalmente quei settori popolari poveri ed esclusi”. Di Mons. Oscar Arnulfo Romero, noi vi proponiamo, nel congedarci, l’ultima omelia, pronunciata durante l’Eucaristia, il 24 marzo 1980. È per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Siamo avvertiti che a nulla serve all’uomo guadagnare tutto il mondo se perde se stesso. Ciò nonostante, l’attesa di una nuova terra non deve acquietarci, ma piuttosto ravvivare la preoccupazione di perfezionare questa terra dove cresce il corpo della nuova famiglia umana, il quale, in qualche modo, può anticipare un barlume del nuovo secolo. Perciò, sebbene sia necessario distinguere accuratamente progresso temporale e crescita del Regno di Cristo, ciò nonostante il primo, in quanto può contribuire ad ordinare meglio la società umana, interessa in grande misura anche il Regno di Dio. Poiché i beni della dignità umana, dell’unione fraterna e della libertà, in una parola tutti i frutti eccellenti della natura e del nostro sforzo, dopo averli propagati sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo mandato, torneremo a trovarli ripuliti da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, quando Cristo consegnerà al Padre il Regno eterno e universale: “Regno di verità e di Vita; Regno di Santità e di Grazia; Regno di Giustizia di Amore e di Pace”. “Il Regno è già misteriosamente presente sulla nostra terra; quando verrà il Signore, giungerà alla sua perfezione”. Questa è la speranza che alimenta noi cristiani. Sappiamo che ogni sforzo per migliorare una società, soprattutto quando vi è questa ingiustizia e il peccato, è uno sforzo che Dio benedice, che Dio vuole, che Dio esige da noi. […] Vi supplico, cari fratelli, di guardare queste cose dal momento storico, con questa speranza, con questo spirito di offerta, di sacrificio e fare ciò che possiamo. Tutti possiamo fare qualcosa. […] Questa santa messa quindi, questa Eucarestia, è precisamente un atto di fede. Con fede cristiana sappiamo che in questo momento l’ostia di frumento si trasforma nel corpo del Signore che si offrì per la salvezza del mondo e che in questo calice il vino si trasforma nel sangue che fu il prezzo della salvezza. Che questo corpo immolato e questo sangue sacrificato per gli uomini alimentino anche noi per dare il nostro corpo e in nostro sangue alla sofferenza e al dolore, come Cristo, non per sé, ma per offrire concetti di giustizia e di pace al nostro popolo. (Mons. Oscar Arnulfo Romero, Ultima omelia, 24 marzo 1980).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 24 Marzo 2009ultima modifica: 2009-03-24T23:16:00+01:00da fraternidade
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