Giorno per giorno – 25 Marzo 2009

Carissimi,
“Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo” (Lc 1, 30-32). Chi non desiderebbe un figlio così, grande, quasi quanto Dio? Persino, siamo convinti, Carola, che ha sedici anni, ed è al quinto mese di gravidanza, incinta di Divino. Che solo per caso è il nome con cui qui chiamano lo Spirito Santo, dato che il nostro, più semplicemente, fa il moto-taxista nella Rua 15. Carola ci ha consegnato proprio oggi l’invito al suo “chá de panela”, una confraternizzazione, con tanto di lista di regali, che aiuta le giovani coppie a metter su casa. L’invito è aperto da questa frase: “Che io non abbia altro riposo che il tuo petto, altro rifugio che la tua mano, altro alimento che il tuo sorriso… E alla presenza di Dio io ti possa completare come il cammino che conduce, giorno dopo giorno, alla fonte di ogni amore”. Noi non sappiamo bene cosa attenderà, tra quattro mesi, il bimbo o la bimba che si affaccerà su questo spicchio di mondo, ma scommettiamo che Carola e Divino ce la metteranno tutta per farglielo sembrare bello. Grande, poi, per loro, sarà comunque grande, e anche figlio(a) di Dio, come noi tutti. Ma per tornare al Vangelo di oggi, come si può applicare a noi? Stasera abbiamo avuto Dom Eugenio, a presiedere l’Eucaristia, su all’Aparecida. E dopo aver ascoltato le letture ci siamo chiesti: se la promessa rivolta ad Acaz, nella profezia di Isaia, “Ecco la giovane è incinta e darà alla luce un figlio, e gli metterà nome Dio-con-noi” (Is 7, 14), si è compiuta prima, con la nascita di Ezechia, e poi, in maniera anche più piena e reale, con Cristo, come potrà essere vera ‘anche’ per noi la promessa rivolta a Maria? Com’è che noi, individualmente e comunitariamente, come Chiesa, possiamo offrire credibilmente al mondo che lo attende, un corpo nuovo al Figlio di Dio, cioè al Suo significato? Non al mondo di ieri, o di cent’anni fa, ma a questo nostro, di oggi, con le sue sfide, problemi, ansie, sofferenze, drammi? Come dare vita, carne e sangue alla parola originaria di Dio, cioè alla Sua compassione, o, se suona meglio, alla Sua simpatia per i nostri (e Suoi) contemporanei, senza correre il rischio, così presente ad ogni nostro passo, di far loro perdere anche quel poco di fede che non hanno? Come avere il cuore di Maria, anzi il suo fegato, per osare dire il nostro sì a Dio?

Le chiese d’oriente e d’occidente celebrano oggi l’Annunciazione del Signore.

25_ANNUNCIAT.JPGLa solennità vuole celebrare l’annuncio recato dall’angelo a Maria di Nazaret, che con il suo sì, accoglie e genere nella storia la Parola da cui tutto ha avuto origine. Maria è insieme figura dell’attesa di Israele e immagine di ogni credente, della Chiesa o dell’umanità, capace di incarnare il sogno di Dio.

I testi che la liturgia di questa Festa dell’Annunciazione del Signore propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Isaia, cap.7, 10-14; 8, 10; Salmo 40; Lettera agli Ebrei, cap.10, 4-10; Vangelo di Luca, cap.1, 26-38.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano l’Assoluto della loro vita nella testimonianza per la pace, la fraternità e la giustizia.

Il calendario ci porta oggi anche la memoria del martirio di Margareth Clitherow, testimone della fede, ma ancor più dell’amore compassionevole di Dio.

25 Margareth Clitherow.jpgMargareth era nata nel 1553 in una famiglia evangelica di York, in Inghilterra. Sposata al commerciante John Clitherowd, dopo tre anni si era convertita al cattolicesimo, colpita dalle sofferenze patite dai cattolici a causa delle leggi repressive del tempo. Il marito non condivise la scelta della moglie, ma neppure le frappose ostacoli. Il 10 marzo 1586, Margareth fu arrestata sotto l’accusa di aver nascosto alcuni preti cattolici e di aver illegalmente favorito celebrazioni eucaristiche nella sua casa. A sua difesa dichiarò soltanto: “Sono totalmente convinta di tutto ciò che riguarda la mia fede. Credo solo in Gesù Cristo. Credo che solo lui mi salva. Anche se un angelo venisse dal cielo a predicarmi un’altra dottrina, come dice l’apostolo, non l’accetterei”. Durante il processo non le permisero di vedere i figli, potè incontrare solo una volta il marito, alla presenza di una guardia. Quando John udì la sentenza, disse piangendo: “Voi uccidete la moglie più buona del regno e la migliore cattolica”. Margareth trascorse la sua ultima notte in preghiera, in compagnia della moglie del suo carceriere. La mattina del 25 marzo 1586, fu portata sul luogo dell’esecuzione. Richiesta di chiedere perdono alla regina e al marito, rispose: Se l’avessi mai offeso, gli chiedo perdono dal più profondo del cuore. Poi fu fatta distendere su una pietra acuminata, e su di lei collocarono una grande tavola di legno, sulla quale via via aggiungevano grosse pietre. Il supplizio durò circa quindici minuti, fino a quando si udì il rumore delle ossa che si spezzavano sotto il gran peso. Le ultime parole di Margareth furono: “Gesù, Gesù, Gesù, abbi misericordia di me”. Il corpo fu lasciato esposto alla vista di tutti i curiosi dalle nove del mattino fino alle tre del pomeriggio. Si deve presumere, a pubblica edificazione.

È tutto per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una preghiera di don Tonino Bello, tratta dal suo libro “Maria donna dei nostri giorni” (San Paolo). Che è per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Santa Maria, donna accogliente, aiutaci ad accogliere la Parola nell’intimo del cuore. A capire, cioè, come hai saputo fare tu, le irruzioni di Dio nella nostra vita. Egli non bussa alla porta per intimarci lo sfratto, ma per riempire di luce la nostra solitudine. Non entra in casa per metterci le manette, ma per restituirci il gusto della vera libertà. Lo sappiamo: è la paura del nuovo a renderci spesso inospitali nei confronti del Signore che viene. I cambiamenti ci danno fastidio. E siccome lui scombina sempre i nostri pensieri, mette in discussione i nostri programmi e manda in crisi le nostre certezze, ogni volta che sentiamo i suoi passi, evitiamo di incontrano, nascondendoci dietro la siepe, come Adamo tra gli alberi dell’Eden. Facci comprendere che Dio, se ci guasta i progetti, non ci rovina la festa; se disturba i nostri sonni, non ci toglie la pace. E una volta che l’avremo accolto nel cuore, anche il nostro corpo brillerà della sua luce. Santa Maria, donna accogliente, rendici capaci di gesti ospitali verso i fratelli. Sperimentiamo tempi difficili, in cui il pericolo di essere defraudati dalla cattiveria della gente ci fa vivere tra porte blindate e sistemi di sicurezza. Non ci fidiamo più l’uno dell’altro. Vediamo agguati dappertutto. Il sospetto è divenuto organico nei rapporti col prossimo. Il tenore di essere ingannati ha preso il sopravvento sugli istinti di solidarietà che pure ci portiamo dentro. E il cuore se ne va a pezzi dietro i cancelli dei nostri recinti. Disperdi, ti preghiamo, le nostre diffidenze. Facci uscire dalla trincea degli egoismi corporativi. Sfascia le cinture delle leghe. Allenta le nostre ermetiche chiusure nei confronti di chi è diverso da noi. Abbatti le nostre frontiere: le frontiere culturali, prima di quelle geografiche. Queste ultime cedono ormai sotto l’urto dei popoli “altri”, ma le prime restano tenacemente impermeabili. Visto allora che siamo costretti ad accogliere gli stranieri nel corpo della nostra terra, aiutaci perché possiamo accoglierli anche nel cuore della nostra civiltà. (Antonio Bello, Maria donna dei nostri giorni).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 25 Marzo 2009ultima modifica: 2009-03-25T23:23:00+01:00da fraternidade
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