Giorno per giorno – 22 Marzo 2009

Carissimi,
“La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie” (Gv 3, 19). Frei Mingas è un filo di uomo, di quelli che se il vento soffia un po’ più del normale, è capace di portarselo via. Però, come lui celebra l’Eucaristia, ce n’è pochi, anzi, qui da noi, forse è solo lui. E stamattina, persino il bimbetto che era venuto per la prima volta su, all’Aparecida, e che durante tutto il tempo aveva fatto l’angelo a quattro (il diavolo qui, non ci s’azzarda proprio a menzionarlo), quando il frei ha cominciato la preghiera eucaristica, s’è messo lì, zitto zitto, in braccio alla madre, fissandolo ad occhi sgranati. Prima c’era stata l’omelia, che da noi, in genere, non è la classica predica, ma è fatta in mutirão, tutti insieme, almeno quelli che se la sentono. Uno comincia, e gli altri seguono a ruota. Solo che oggi stentava un po’ a decollare. C’era stato l’intervento di Arcelina, poi quelli di Adriana e di Eliane. E poi, silenzio. Allora, frei Mingas aveva suggerito: pensiamo un po’ a cosa potrebbero significare per noi le tenebre di cui parla Giovanni. Seu José, un uomo che, rimasto vedovo, ha cominciato a frequentare da qualche settimana i nostri incontri, ha detto subito: per me le tenebre è quando non si è amati e nessuno si accorge di te. In quel momento ci è parso fosse tutto quello che si poteva dire. Se le tenebre sono ciò che dice seu José, la luce, che è Gesù, è l’esperienza contraria. È sentirsi raggiunti da uno Sguardo e sapere di essere amati. La misura di questo amore, poi, ci è stata data una volta per tutte nell’evento della Croce, dal Figlio dell’uomo “innalzato” (Gv 3, 14), che risana, libera, dona la sua vita. Quella eterna. “Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio” (2Cr 36,16). Come può chi ama adirarsi “contro” l’amato?, ci chiedevamo stamattina. E se anche noi potessimo, come può Lui, che è l’amore? L’ira di Dio, il suo furore, è semplicemente la sua assenza, il suo forzato allontanamento che noi provochiamo con le nostre azioni, con il nostro disamore. Ed ecco le tenebre, le distruzioni, le guerre, le violenze. L’ira di Dio non è qualcosa che segue le nostre cattive azioni, è la stessa ingiustizia messa in atto. Il ritorno di Dio, della luce, nel mondo, anche in questo nostro piccolo mondo di Goiás, è affidato per buona parte a noi. Al nostro essere capaci di accendere una dopo l’altra delle piccole luci, cambiando le nostre scelte, donando la vita, o, almeno, un pezzetto della nostra vita, per amore. Solo per amore.

I testi che la liturgia di questa 4ª Domenica di Quaresima propone alla nostra riflessione sono tratti da:
2° Libro delle Cronache, cap. 36, 14-16. 19-23; Salmo 137; Lettera agli Efesini, cap.2, 4-10; Vangelo di Giovanni, cap.3, 14-21.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e Chiese cristiane.

Oggi, il calendario ci porta la memoria del gesuita Luis Espinal, martire in Bolivia.

22 Luis Espinal.jpgLuis Espinal era nato nel villaggio catalano di St. Fruitós de Bages, nei pressi di Manresa, nel 1932, in una famiglia cristiana di semplici lavoratori. Una sua sorella entrò nel Carmelo, e suo fratello maggiore tra i gesuiti. Luis lo seguì qualche anno più tardi, nel 1949, quando varcò le porte del noviziato della Compagnia di Gesù, a Veruela (Saragozza). Terminata la formazione teologica e ordinato sacerdote, Espinal studiò per due anni nella Scuola di giornalismo e di audiovisivi dell’Università Cattolica, a Bergamo. Nell’agosto del 1968, rispondendo all’invito di un vescovo boliviano, partì per la Bolivia, dove visse, senza mai più tornare in patria, un’epoca di terribili dittature, repressione, carceri, fucilazioni, sparizioni, esili, violazioni dei diritti umani, prepotenza militare, censura. La chiesa, sulla scia del Vaticano II e di Medellin, cominciava sia pur timidamente a far udire la sua voce di denuncia sulle violazioni dei diritti umani e Luis prese con insistenza a ricordare che in un sistema di ingiustizia, non è possibile la neutralità. Ogni opzione è politica. Perciò la Chiesa fa politica (lo voglia o no), sia quando parla che quando tace. Per fedeltà a Cristo, la Chiesa non può tacere. Una religione che non abbia il coraggio di parlare in favore dell’uomo, non ha il diritto di parlare a favore di Dio. La denuncia di Espinal contro il sistema di ingiustizia, si caratterizzò positivamente come opzione per la vita. La vita, ogni vita è sacra. La vita di ogni essere umano è qualcosa di assoluto che non si può vendere a nessun prezzo. Le sue parole sulla necessità di dare la vita per il popolo, le realizzò esistenzialmente. Tutta la sua vita fu al servizio della gente: degli universitari cui insegnava, dei giovani che accompagnava, dei suoi lettori, della gente semplice del barrio Vila San Antonio, dei suoi compagni di comunità e di lavoro, dei suoi amici. La sera del 21 marzo 1980, Espinal era andato al cinema per via del suo lavoro di critico cinematografico. Aveva visto un film dal titolo “Gli spietati”. Uscendo dal cinema, alcuni sconosciuti lo caricarono a forza su una jeep, che partì sgommando. Gli assassini, guidati dal paranoico Arce Gómez, portarono Luis Espinal al mattatoio del barrio di Achachicala, dove fu torturato per almeno quattro ore e poi ucciso con 17 proiettili. Il suo corpo, gettato in un deposito di rifiuti sulla strada per Chacaltaya, fu trovato all’alba da un contadino. Sulla sua tomba si legge: Assassinato per aver aiutato il popolo. Quattro mesi più tardi, con un colpo di stato, García Meza e Arce Gómez prendevano il potere in Bolivia.

Noi ci congediamo qui con una preghiera di Luis Espinal, che ha tutto a che vedere con quanto siamo venuti meditando oggi. Tratta dalle sue “Oraciones a quemarropa” è per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Apriamo gli occhi, usciamo per strada, e mille chiamate umane ci assediano: un mendicante che chiede l’elemosina; l’amico in cerca di lavoro; l’annuncio di una riunione politica… Però, subito, noi uccidiamo queste chiamate, le asfissiamo lentamente nel nostro intimo. Talvolta, sentiamo quasi le vertigini davanti al nostro cuore di Caino, pieno di cadaveri del prossimo. La vita è dura: noi ci facciamo strada con prepotenza, incuranti degli altri, travolgendoli. Cerchiamo la felicità, ma non irradiamo gioia…. Signore, c’è qualcosa che chiamiamo amore, ma, Tu sai che è meschino e avaro; è solo un egoismo raffinato. Non ci doniamo. Rivendichiamo soltanto, come un esattore di imposte. Per questo, Signore, ti cerchiamo invano. Tu non vivi in questa oscurità, perché tu sei l’amore. Tuttavia, sei così buono, che, nonostante tutto, ci parli. Il tuo amore è più forte della nostra corazza di buio, così vediamo brillare la tua luce. Gesù Cristo, insegnaci ad amare; ogni volta di più, ogni giorno più disinteressatamente. Non perche sentiamo bisogno d’affetto, ma perché gli altri hanno bisogno d’amore. Tu sei l’Amore, però hai bisogno di amore nel tuo Corpo; manca del sangue per stabilire questo circuito universale di amore. Vogliamo partecipare a questa trasfusione, e non essere solo sanguisughe. Non ti chiediamo niente di esorbitante, vogliamo solo essere tuoi discepoli, compiendo il tuo comandamento unico: di Amare gli Altri. (Luis Espinal, sj., Egoísmo, in Oraciones a quemarropa).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 22 Marzo 2009ultima modifica: 2009-03-22T23:35:00+01:00da fraternidade
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