Giorno per giorno – 12 Febbraio 2009

Carissimi,
essere messo in difficoltà da una donna, per giunta straniera, per giunta pagana, non era certo quello che un maestro in Israele potesse maggiormente desiderare. E, proprio questo, successe, quel giorno, a Gesù. Il quale, davanti allo smacco, poteva scegliere o di andare in pensione (e avrebbe avuto tutto da guadagnarci, considerato ciò che gli sarebbe successo poi), o congedare in malo modo la donna, o, invece, lasciarsi ammaestrare, meglio ancora, evangelizzare da lei. Che è quanto fece. Proviamo a trasporre il fatto ai nostri giorni, in un paese qualsiasi, per esempio in Italia. Mica nella Basilica di san Pietro, o nella Sala Nervi, dove, per le udienze, si accede abitualmente con l’invito. Ma in una chiesa qualunque, o in una sala di catechismo, o in una casa di cristiani. Ecco che, nel bel mezzo della celebrazione, o dell’incontro di catechismo, o del pranzo domenicale, ti entra una donna, zingara, a cui pende dal collo una khamsa, la mano di Fatima, che ne rivela la religione musulmana. Lei si fa avanti e dice, esprimendosi come può: Scusate, signori, ma in accampamento c’è mia bambina che sta molto male. E il prete, o il catechista o il buon padre di famiglia, che le direbbero? Sempre che non fossero legaioli, nel qual caso la prenderebbero a male parole, le direbbero con aria paterna: Figlia mia, abbi pazienza, qui stiamo facendo una cosa importante. Stiamo condividendo la Parola di Dio, spezzando il pane che è il suo corpo tra noi, figli di Dio; oppure: stiamo imparando a seguire i passi di Gesù; o, ancora: stiamo vivendo la nostra comunione in famiglia. Va all’ambulatorio qui in fondo al viale. E lei di rimando: Io andrei, signori, ma in accampamento mi hanno detto che i medici ora denunceranno noi clandestini, quando siamo malati e ci manderanno via, o forse in prigione. Per favore. Fate qualcosa. E, i tre avranno anche loro di che scegliere: o lasciar perdere la donna e la sua bambina o salvarle, a costo però di perdere ciò che stanno vivendo in quel momento: l’Eucaristia, il Vangelo e il loro convivio “cristiano” in famiglia, portando, per esempio, la donna con la sua bambina da un medico di fiducia (di quelli che non sono così canaglie da tradire il loro giuramento e consegnare i clandestini che ricorrono loro) e pagarlo (sempre che accetti di essere pagato) perché la curi. Ecco, Gesù, da quella donna straniera e pagana ha imparato in che consiste la fede. Mica una fede qualsiasi, la fede che Lui è venuto ad annunciare: che Dio è Padre di tutti e che un pezzo di pane (e tutto ciò che quel pane simboleggia: il nostro tempo, la nostra attenzione, la nostra vita) non lo si nega a nessuno. Se abbiamo scelto di essere figli di Dio. Se no, saremo solo figli di Maroni.

Il nostro calendario ci porta oggi le memorie di Dorothy Stang, missionaria e martire della solidarietà in Brasile, di Vittorio Bachelet, martire della giustizia in Italia, e di Lorenzo della Risurrezione, mistico del nascondimento quotidiano, in Francia.

12 DOROTHY STANG.jpgDorothy Stang era nata il 7 lulgio 1931, a Dayton, nello Stato dell’Ohio (Usa). Nel 1948 era entrata nella congregazione di Notre Dame di Namur, un ordine che conta circa duemila suore sparse nei cinque continenti. Emessi i voti solenni nel 1956, aveva continuato ad insegnare nelle scuole della Congregazione sino al 1966, quando fu mandata in Brasile. Stabilitasi a Coroatá, nel Maranhão, cominciò subito ad occuparsi della situazione e delle lotte dei contadini più poveri. Trasferitasi nel Pará, seguendo i flussi migratori della sua gente alla ricerca di migliori condizioni di vita, Dorothy si impegnò con la Commissione Pastorale della terra nella creazione di un nuovo modello di insediamento agricolo, basato sulla produzione familiare e sulle attività estrattive di sussistenza a basso impatto ambientale. Inevitabile lo scontro con gli interesi di latifondisti e fazendeiros della regione, che iniziarono a moltiplicare le minacce di morte nei confronti della religiosa. Il 12 febbraio 2005, secondo il racconto di alcuni testimoni, due pistoleiros abbordarono irmã Dorothy ad Anapú, tenendola sotto la minaccia delle armi. La religiosa senza scomporsi tentò di dissuaderli dal mettersi nei guai, mostrò loro che aveva come unica arma di difesa la Bibbia, giunse persino a legger loro alcuni versetti. Ma, inutilmente: nove colpi sparati a bruciapelo posero fine alla vita di questa suora, che aveva dedicato la sua vita ai poveri.

12 vittorio_bachelet.jpgVittorio Bachelet era nato il 20 febbraio del 1926 a Roma, ultimo di nove fratelli, nella famiglia, di origine piemontese, di Giovanni e Maria Bosio. Decisivi per la sua formazione cristiana furono l’esempio della madre, catechista, e la guida dei sacerdoti che ne accompagnarono la crescita e la maturazione. Nel 1934 aderì all’Azione cattolica, poi, da studente universitario, alla FUCI e, infine, al Movimento Laureati. Nel 1951 sposò la compagna della sua vita, Maria Teresa, da cui avrà due figli, Maria Grazia e Giovanni. Ricoprì ruoli di rilievo sia in ambito ecclesiale che in quello professionale. Fu professore universitario a Trieste, Palermo e Roma. Giovanni XXIII lo nominò vice-presidente dell’ AC. e Paolo VI, nel 1964, presidente. Sotto la sua presidenza fu inaugurata la scelta religiosa dell’organizzazione, con l’intento di procedere al suo rinnovamento, alla luce delle novità scaturite dal Concilio. Dopo gli anni del presenzialismo e dell’interventismo a vasto raggio, era tempo per l’Azione cattolica, di “riprendere a pregare, a meditare, a far sua la missione della Chiesa sul piano della formazione delle coscienze, imitando Gesù mite e umile di cuore”, riscoprendo “la centralità dell’annuncio di Cristo, l’annuncio della fede da cui tutto il resto prende significato”. Questa centralità di Gesù, soprattutto nella sua dimensione eucaristica (vita che si dona) non fu semplice enunciazione di principi, ma si tradusse per Bachelet in testimonianza concreta di vita in ogni suo ambito. Nel 1976, dopo essersi dimesso da ogni posto di responsabilità ecclesiale, per evitare possibili strumentalizzazioni, si candidò alle elezioni per il consiglio comunale di Roma e fu eletto con un numero altissimo di preferenze. Pochi mesi più tardi, tuttavia, dovette lasciare l’incarico, perché nominato vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura. Il 12 febbraio 1980, al termine di una lezione, venne assassinato da due terroristi delle Brigate Rosse, nell’atrio della facoltà di scienze politiche. Ai suoi funerali, due giorni dopo, il figlio Giovanni pregò così: “Vogliamo pregare anche per quelli che hanno colpito il mio papà perché, senza nulla togliere alla giustizia che deve trionfare, sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono e mai la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta della morte degli altri”.

12 LORENZO DELLA RISURREZIONE.gifNicola Herman era nato ad Hériménil, presso Lunéville, in Lorena, nel 1614, da Joseph de Beaufort e Louise Mayeur. A diciotto anni, d’inverno, contemplando un albero spoglio, “ricevette, secondo le parole del suo biografo, un’alta concezione della provvidenza e della potenza di Dio, che mai si cancellerà dalla sua anima”. La vita, tuttavia, riprese il suo ritmo di sempre. Miseria, fame, guerra. Interminabili. Nicola si arruolò nell’esercito del duca Carlo IV. Fu fatto prigioniero dai tedeschi e rilasciato. Successivamente, ferito gravemente, fece ritorno a casa. Lì fece una prima esperienza di vita eremitica, che durò poco. Trasferitosi a Parigi, lavorò come cameriere a Parigi. Ma viaggiava sull’imbranato, e rompeva tutto. Conosciuta la chiesa dei frati carmelitani, in rue de Vaugirard, cominciò a frequentarla e nel 1640 decise di entrare in convento come fratello laico, prendendo il nome di Lorenzo della Risurrezione. Sarà cuoco, poi calzolaio al servizio di quella comunità. Il che non risultò affatto semplice, perché, per molto tempo, Lui non si fece sentire. Per dieci anni, infatti, Lorenzo attraversò una lunga notte dello spirito, finché, con un atto di abbandono totale, cambiò tutto. Ed egli divenne testimone radioso della presenza di Dio. Negli anni successivi, la sua fama si sparse e cominciò ad arrivare gente a cercarlo, anche personaggi famosi come Fénelon. Dopo la sua morte avvenuta il 12 febbraio 1691, l’abate G. de Beaufort prenderà l’iniziativa di pubblicare una piccola collezione delle sue massime spirituali e di altri scritti, che presto furono tradotti da studiosi protestanti ed anglicani in tedesco, in inglese e più tardi in una quindicina di altre lingue. Insegnava che la vita spirituale consiste tutta nella pratica della presenza di Dio, “un mestiere” che bisogna “imparare”: un po’ penoso all’inizio, ma che praticato con fedeltà, produce poi, segretamente, nell’anima, effetti meravigliosi. “Non ci si deve mai stancare di compiere piccole cose per amor di Dio che guarda non la grandezza dell’opera, ma l’amore” e ancora: “Io giro la mia frittata nella padella per amore di Dio”.

I testi che la liturgia propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Genesi, cap. 2, 18-25; Salmo 128; Vangelo di Marco, cap.7, 24-30.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

Al termine di una giornata segnata dalla manifestazione romana in difesa della Costituzione, la citazione di Vittorio Bachelet che vi proponiamo in chiusura è tolta da un appunto per la commemorazione del giudice Emilio Alessandrini nel primo anniversario della morte, l’ultimo discorso da lui preparato prima della morte. Ce l’ha inviata una persona a lui molto cara. Vuole essere un augurio per il vostro Paese in questi giorni difficili. Ed è, per oggi, il nostro:

PENSIERO DEL GIORNO
La democrazia è un patrimonio dei lavoratori, che costituiscono il fondamento sociale e politico della costituzione. La democrazia è la vivente dimostrazione che la conflittualità degli interessi non esclude la loro composizione nella convivenza. La democrazia è conquista e vittoria quotidiana contro la sopraffazione e difesa dei diritti faticosamente conquistati. Questa non è la via più lunga per una maggiore giustizia nella società, ma l’unica via. (Vittorio Bachelet).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 12 Febbraio 2009ultima modifica: 2009-02-12T23:42:00+01:00da fraternidade
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