Giorno per giorno – 10 Febbraio 2009

Carissimi,
“Allora si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate, […] lo interrogarono: Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani immonde?” (Mc 7, 1-5). Venivano da Gerusalemme, la capitale religiosa del giudaismo (che sarebbe un po’ come dire – con qualche approssimazione – Mosca per la Chiesa ortodossa russa, o Canterbury per la Comunione anglicana, o il Vaticano per la Chiesa cattolica), e venivano mica in ferie, ma per far opera di delazione. La stessa che suggeriva, in tempi recenti, quel documento curiale che invitava esplicitamente a denunciare gli “abusi liturgici” che potessero aver luogo in ogni parte del mondo. E ciascuno vede quel che vuol vedere, ovviamente. Non la fede, lo spirito di servizio, la dedizione che anima le persone, a volte persino le persecuzioni e il martirio a cui sono sottoposte, ma se seguono per filo e per segno le indicazioni del messale, e che la gente poi capisca niente di quello che si fa e si dice, poco importa, ciò che vale è “la tradizione degli antichi”. Che poi, bisognerebbe vedere quando cominciò questa tradizione. Certo non da Lui, per il quale la nostra messa fu una cena, celebrata come di costume, sdraiati per terra, benedicendo, e passandosi poi, il pane (ed era pane, mica un’ostia) e il vino, a tutti i presenti, mica solo egoisticamente per qualcuno. Stasera, a casa di Suely e Lindomar, ci si diceva comunque che a Gesù non interessa polemizzare su questa o quella legge. Non è del partito delle mani sporche. Sapeva bene che le tradizioni che regolavano questi aspetti erano nate da intenzioni buone, come dire che anche un semplice pasto non è solo mangiare, come fossimo bestioline (ci insegnavano così anche i nostri genitori), ma è una cosa grande e santa. Come fosse, oggi diremmo, una messa, in cui, per la comunione che ci riunisce intorno alla mensa, noi contemporaneamente siamo e alimentiamo il corpo di Cristo. Così è bene lavarsi le mani e, persino, trattare piatti, pentole e posate con la “riverenza dovuta ai vasi sacri dell’altare”. Come prescrive san Benedetto nella sua regola. Quello che Gesù non tollerava e non tollera è l’assenza di carità, l’incapacità di misericordia. L’occhiuto sorvegliarci a vicenda per poter dire: ti ho beccato, finalmente! Soprattutto nei confronti dei più piccoli, fragili, umili. A difesa dei quali non esita a dire: al diavolo le vostre leggi, i comandamenti e i precetti.

Oggi il calendario ci porta la memoria di Scolastica, monaca e contemplativa.

10 SCOLASTICA.jpgScolastica era nata, come il più celebre fratello, Benedetto, a Norcia nel 480 circa e si consacrò giovanissima al Signore. Più tardi, quando il fratello già viveva a Montecassino con i suoi monaci, scelse di fare vita comune in un altro monastero della zona con un piccolo gruppo di donne consacrate. Di lei conosciamo solo le circostanze che precedettero la morte, avvenuta nel 543, per il racconto che ne fece Gregorio Magno (540-604) nei suoi Dialoghi. Racconta l’antico discepolo di Benedetto che Scolastica si recava una volta all’anno a far visita al fratello ed anche quella volta non era mancata all’appuntamento, rimanendo a parlare con lui per tutta la giornata, fin dopo cena. Ed essendosi fatto tardi, la donna lo implorò che non la lasciasse, ma che piuttosto si fermasse con lei tutta la notte per continuare a parlare delle cose sante di Dio. Benedetto, però, che era severo quanto basta, rifiutò di accontentarla. Allora Scolastica che era amica di Dio, certo un po’ di più dell’accigliato fratellino, si rivolse direttamente a Colui che non sa dire di no, tanto meno alle lacrime di una donna, sua sposa per giunta. E Lui, com’era prevedibile, per tutta risposta, scatenò un uragano che la metà bastava e la santa, rivolta a Benedetto: Va pure, fratello mio, torna al monastero! E quello di rimando: Briccona di una sorella che sei. E restarono così tutta notte. E poi si congedarono. E lei, tre giorni dopo, morì.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Genesi, cap.1, 20 – 2, 4a; Salmo 8; Vangelo di Marco, cap.7, 1-13.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali dell’Africa Nera.

È tutto. A quanti ci hanno scritto in questi giorni, lamentando il desolante panorama che, qualche volta (?), offre di sé la Chiesa, non sappiamo bene cosa rispondere. Forse solo con un invito a aguzzare la vista, guardarsi meglio in giro. Qualche voce c’è che si è distaccata dal lugubre coro: di laici impegnati in politica e nel sociale, di preti – e ci vuole un aliquale coraggio per loro – e persino di qualche vescovo (pensiamo al’anziano mons. Casale). Se poi guardiamo alle testimonianze silenziose, esse sono ancora di più. Per il resto, per dirla con non ricordiamo più chi, non saremo giudicati su ciò che avrà detto o no il papa, il tale cardinale, o l’Avvenire, ma per ciò che avrà detto e fatto ciascuno di noi. E qui, noi ci congediamo, lasciandovi a un testo di Adalbert De Vogüé, dal titolo “La victoire de Scholastique”, tratto da Revue d’Histoire de Spiritualité, n.191 (1972. 3). Dice della vittoria dell’amore sulla legge. Come volevasi dimostrare. Ed è per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Di questa vittoria di Scolastica su Benedetto, Gregorio dà alla fine la spiegazione; se la monaca ha avuto maggior credito davanti a Dio, è perché Dio è amore e Scolastica amava di più. Benedetto è qui il campione della regola, mentre Scolastica trasportata dal suo amore, se ne fa avversaria; si disegna così un conflitto tra la Legge e l’Amore. Al categorico ‘in nessun modo” di Benedetto risponde il “lei ha potuto di più” di Gregorio che, interprete della sentenza divina, si pronuncia a favore di Scolastica. L’amore ha avuto ragione delle proibizioni della Regola. Contro le prescrizioni di questa, Gregorio dà ragione alle ispirazioni dell’Amore; Dio ha parlato con la voce della tempesta. Non è che l’autore dei Dialoghi attribuisca poca importanza alla Legge; ma egli ha la consapevolezza della sua relatività di fronte alla libertà sovrana del Dio trascendente. Del resto, qualche capitolo più in là, una raccomandazione della Regola benedettina segue l’episodio di Scolastica. Se quella non è, né per Gregorio, né per noi oggi, una legge che s’impone nella sua totalità ad ogni monaco, non si può dimenticare che nessun monachesimo degno di questo nome può fare a meno di una fedeltà religiosa alla Regola dei Padri, poiché il monaco è persuaso che questa è fondata sulla Parola di Dio e che essa traduce concretamente la volontà di Dio su di noi. Tuttavia il capriccio di santa Scolastica ci ricorda che, per essere cristiani, una spiritualità della Regola deve restare subordinata all’Amore, alle sue “vie”. (Adalbert De Vogüé, La victoire de Scholastique).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 10 Febbraio 2009ultima modifica: 2009-02-10T23:03:00+01:00da fraternidade
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