Giorno per giorno – 24 Gennaio 2009

Carissimi,
“Entrò in casa e si radunò di nuovo attorno a lui molta folla, al punto che non potevano neppure prendere cibo. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: È fuori di sé” (Mc 3, 20-21). I “suoi” sono la sua famiglia. Oggi diremmo “noi”, o anche la “chiesa”. Siamo noi che concretamente, con il nostro comportamento così diverso dal Suo, affermiamo: È matto! È fuori di testa chi si dà in pasto agli altri, tralasciando lui per primo di alimentarsi. Eppure è questo l’agire di Dio: darsi senza sosta, senza chiedere nulla in cambio. Se l’abbiamo detto altre volte, non è per il gusto di ripeterci: è il vangelo che si ripete. E vorrà pur dire qualcosa se lo fa. Ci scriveva giorni fa un amico: Non sono pronto, né credo sia giusto, rinunciare ai miei spazi, porre un limite alle mie esigenze. E, forse è vero. Del resto, se non vuole lui, non sarà certo Dio a pretenderlo. Però, questo può anche significare che l’incontro, quello vero e decisivo, non è ancora avvenuto. Né è detto che debba avvenire. Diversamente, saremmo fuoco vivo. Inestinguibile. Invece, siamo solo un po’ di acqua tiepida. Disponibili a mille compromessi. Ci faremo per questo abbattere? Non sia mai. Nel Vangelo di ieri Gesù aveva chiamato i figli di Zebedeo “Boanèrghes”, cioè figli-del-tuono. E chissà perché? Forse perché entusiasti, rumorosi, intemperanti. E avrebbe scelto loro, assieme a Simon Pietro, come suoi confidenti e amici dei momenti più tristi e di quelli più belli. Eppure anche loro sarebbero venuti meno, nei momenti cruciali: È matto!, devono aver pensato. Dare la vita?, chi ce lo fa fare? Noi, poi, dal canto nostro, a venti secoli di distanza (che diciamo? bestemmiamo? Lui è nostro contemporaneo!), siamo pronti a battere in ritirata, per molto meno, per qualsiasi bazzecola, che trasformiamo subito in montagna. Già, e la nostra fedeltà alla Croce? L’idiozia della croce che fino a ieri credevamo ci avesse trascinato su questa strada? Lasciatecelo dire sottovoce: l’abbiamo messa in vendita alla fiera dell’usato. La barattiamo a buon mercato: una tranquilla devozioncella, una piccola ambizione da soddisfare, uno slogan da partito politico, una manifestazione e via, una bella cerimonia per soddisfare i palati fini, un finanziamento che ci fa gola, una passioncella da coltivare. Che ne dite? Non ne vale la pena? Lui? Lui, lasciatelo perdere, è matto da legare! “Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto. E, uscito, pianse amaramente” (Lc 22, 61-62). Già, Pietro, l’amico ritrovato. Ce n’è voluto, però. O, forse, no: è bastato uno sguardo. Che, al bisogno, esso possa raggiungere anche noi.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera agli Ebrei, cap.9, 2-3. 11-14; Salmo 47; Vangelo di Marco, cap.3, 20-21.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche di Eretz Israel e della diaspora.

Vorremmo sbagliare, ma ci pare che le notizie che ci pervengono da Roma rivelino, una volta di più, un ennesimo attacco a quella straordinaria Pentecoste dello Spirito che fu il Concilio Vaticano II, nonché una sconfessione – sul tema specifico dello scisma levebvriano (con annessi e connessi non indifferenti!) – dell’operato di Paolo VI e di Giovanni Paolo II. Noi non sappiamo se, allora, ai tempi del Vangelo, a quelli che si arrogavano il titolo di familiari di Gesù, venuti a portarselo via, perché era “uscito di cervello”, abbiano poi permesso di entrare o li abbiano invece tenuti alla porta. Sappiamo comunque che non hanno consentito loro di far danni. Ovvero, di far tacere Gesù e il suo Spirito. Nella casa dov’era. Cioè, oggi, nella Chiesa. Che questo non avvenga, dipenderà anche dall’impegno nostro, individualmente e comunitariamente. Di conflitti, nella chiesa, del resto, ce ne sono sempre stati. In un suo bel libro di qualche anno fa, “Tracce per una nuova spiritualità” (Borla), il teologo Jon Sobrino offriva alcuni orientamenti su come viverli. Ve ne proponiamo qui di seguito un brano come nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Di sua propria natura, il conflitto porta a vedere nell’altro i limiti e il peccato. Una spiritualità del conflitto presuppone tuttavia che ciascuno si esamini sui suoi limiti e i suoi peccati, in modo che il conflitto si trasformi in occasione di conversione. Vi sarà inoltre così la garanzia che nel conflitto non si cerca la propria verità, bensì la verità; questo esempio di umiltà può anche favorire lo stesso processo di conversione nell’altro. In corrispondenza con questa genuina umiltà, si lascia anche che la storia successiva vada mostrando da quale lato si trovi la verità maggiore; di qui la disponibilità a lasciarsi verificare dai fatti, a cambiare se occorre; in ogni caso, a non mantenere dogmaticamente quanto in un primo momento, sia pure in buona fede, era stato creduto verità. I criteri di verifica sono forniti, in ultimo termine, dallo stesso Spirito di Dio nel momento presente. Possono però essere descritti sulla base del vangelo: l’annunzio della buona notizia ai poveri, l’assunzione della loro difesa e del loro destino. In questo modo, la Chiesa va somigliando di più a Gesù nella sua vita e nella sua morte, va ottenendo maggior credibilità davanti ai poveri e prediletti di Dio, e va crescendo nella santità, la cui verifica ultima è costituita dalla persecuzione e dal martirio per amore. (Jon Sobrino, Tracce per una nuova spiritualità).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 24 Gennaio 2009ultima modifica: 2009-01-24T23:09:00+01:00da fraternidade
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