Giorno per giorno – 07 Dicembre 2008

Carissimi,
Inizio della buona notizia di Gesù. Il Cristo. Figlio di Dio. “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri” (Mc 1, 3). L’inizio della buona notizia è una strada che ci si apre davanti. O una strada che non ci si è mai chiusa dietro. Quella del ritorno. Quella che per Gesù e i suoi (e nostri) fratelli ebrei era la teshuvàh. Che, secondo l’insegnamento dei maestri: “è grande perché avvicina la redenzione” (Jomà, 86b). Che poi è il significato dell’Avvento. Disporsi a incontrare un perdono oltre ogni aspettativa. Ripetendo l’esperienza del figlio prodigo, di cui si è parlato giovedì scorso alla chàcara di recupero (che è metafora di ciò a cui anche noi siamo chiamati). O quella che racconta il midrash. Di quando Adamo, incontrò Caino e stupito di vederlo vivo, gli chiese: non hai forse ucciso tuo fratello Abele? E Caino gli rispose. Ho fatto teshuvàh, padre mio, e sono stato perdonato. E Adamo si nascose il volto tra le mani ed esclamò: com’è grande il potere della teshuvàh! Beh, anche la nostra società è omicida, come già Caino. E anch’essa, noi, ciascuno di noi, può intraprendere la via del ritorno. Scopriremo che, tra noi, c’è ancora chi carica sulle sue spalle il peccato del mondo, del sistema-mondo, e ce ne libera, se ci disponiamo a lasciarcene liberare. E, in lui, arriveremo a fare l’esperienza della voce che dice: “Tu sei il mio figlio amato”. E lo vorremo essere davvero, figli tutti dell’unico Padre. E guarderemo con orrore al sangue di Abele che avremo contribuito, anche solo con la nostra indifferenza, a spargere. E il regno accadrà, e Dio tornerà nel mondo. E Gesù sarà di nuovo nato. Persino nelle Chiese. Proprio oggi la nostra amica Nadia ci scriveva: “ ‘Raddrizzate i suoi sentieri’ credo che lo si possa fare tutti, non solo con i grandi interventi o gesti di chi è in grado o capace di farli, ma nei nostri “deserti” quotidiani, con la giustizia per compagna di viaggio. Una giustizia che non è solo equa spartizione o ridistribuzione dei beni, ma è amore incondizionato. Solo una giustizia-amore può “colmare” le valli dell’indifferenza, “appianare” le discriminazioni di ogni genere, “trasformare” le nostre relazioni interpersonali, secondo il detto di Isaia. Non è mai troppo tardi (o forse si?!) per una conversione che ci faccia riconoscere i nostri peccati e ci permetta di ricevere il battesimo nello Spirito Santo”. Già.

I testi che la liturgia di questa 2ª Domenica d’Avvento propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Isaia, 40,1-5.9-11; Salmo 85; 2ª Lettera di Pietro cap. 3,8-14; Vangelo di Marco, cap. 1,1-8.

La preghiera della domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

Il nostro calendario ci porta oggi la memoria di Ambrogio, pastore e padre della Chiesa, e di Henri Le Saux (Swami Abishiktânanda), profeta di macroecumenismo.

07_AMBROGIO.jpgAmbrogio era nato a Treviri, nella Gallia, verso il 339. Figlio del governatore romano in servizio in quella città, aveva studiato diritto e retorica, e a trent’ anni era già prefetto di Milano. Alla morte del vescovo ariano della città, Aussenzio, nacquero gravi disordini tra i fedeli riuniti per la nomina del successore. Ambrogio seppe intervenire con autorità e fermezza per ricondurre la folla alla calma. Ma proprio questo suo intervento fece sì che la folla lo additasse e acclamasse come nuovo vescovo. (Erano, questi, tempi in cui i semplici fedeli contavano ancora nell’elezione dei loro pastori). Benché riluttante, in quanto, tra l’altro, solo catecumeno, Ambrogio venne nondimeno prontamente battezzato, ordinato e consacrato, assumendo la guida della sua Chiesa il 7 dicembre del 374. Nella sua nuova funzione, orientò i suoi studi verso la teologia, immergendosi nella lettura delle Scritture e dei Padri della Chiesa, senza per altro abbandonare la formazione umanistica e giuridica già acquisita. Divenne un grande vescovo, pieno di amore per i suoi fedeli, soprattutto per i più poveri. Denunciò duramente la crudeltà di cui aveva dato prova l’imperatore Teodosio, massacrando settemila persone a Tessalonica, impedendogli di tornare a partecipare al culto senza una previa, prolungata e pubblica penitenza. Lasciò numerosi scritti, di grande ricchezza dottrinale. Morì il il Sabato santo, 4 aprile del 397.

07 LE SAUX.gifNato a Saint Brac, in Bretagna (Francia) il 30 agosto 1910, Henri Le Saux divenne monaco benedettino nel 1929. Desideroso di vivere il monachesimo in forma più semplice e radicale, nel 1948, si recò in India. Qui, attraverso la meditazione delle Upanishad e l’ incontro con maestri come Ramana Maharshi e Gnânânanda, scoprì la filosofia advaita (non-dualista) e, con il prete francese Jules Monchanin, inaugurò, nel 1950, sulle rive del fiume Kaveri, un ashram dedicato alla Trinità, chiamandolo in sanscrito Saccidananda (Sat, cioè essere, Cit, conoscenza, Ananda, beatitudine). In seguito, soprattutto dopo la morte di Monchanin, si moltiplicarono tuttavia i suoi ritiri nelle grotte del monte Arunachala, che lo portarono a lasciare l’ashram per diventare monaco itinerante e mendicante nella più pura tradizione indiana, con il nome di Abhishikânanda (che significa “beatitudine nel Cristo Signore”). Morì a Indore, il 7 dicembre 1973.

Non c’è mica molto più spazio per dilungarci. Così ci congediamo e vi lasciamo a una citazione del vescovo Ambrogio, tratta dalla sua “Storia di Nabot”. La cui attualità attraversa le epoche. E che è per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Quanto dai al bisognoso, è un guadagno anche per te stesso. Quanto riduce il tuo capitale, accresce in realtà il tuo profitto. Il pane che dai ai poveri, è esso ad alimentarti. Perché chi prova compassione per il bisognoso, coltiva se stesso con i frutti della propria umanità. La misericordia, la si semina sulla terra, ma è in cielo che germoglia. La si pianta nel povero, ma è in Dio che la si moltiplica. […] Perché tu, al povero, non dai del tuo, ma semplicemente restituisci del suo. Perché ciò che è comune ed è stato creato per l’uso da parte di tutti, ebbene, di questo, ora tu solo ne stai usando. La terra è di tutti, non soltanto dei ricchi. Ma sono molto più numerosi quelli che non ne godono di quelli che ne sfruttano. Quando tu aiuti, dunque, non dai gratuitamente quel che non sei tenuto a dare, ma ti limiti a pagare un debito [0747C]. Voi, viceversa, denudate gli uomini e rivestite le vostre pareti. Il povero nudo geme alla tua porta, e tu non ti degni di guardarlo in faccia, preoccupato come sei solamente dei marmi con cui ti appresti a ricoprire i tuoi pavimenti. Il povero ti domanda il pane e non lo ottiene, mentre i tuoi cavalli rodono l’oro del freno sotto i loro denti. Che severo giudizio stai preparando per te stesso, o ricco! Il popolo ha fame e tu chiudi i tuoi granai. È povero sul serio colui che ha i mezzi per liberare tante vite dalla morte e non lo fa! Le pietre del tuo anello avrebbero potuto salvare le vite di un intero popolo. [0748D]. È il proprietario che deve essere signore della proprietà, non la proprietà signora del proprietario! Ma chiunque usa del patrimonio di cui dispone a proprio arbitrio, e non sa dare con larghezza né ripartire con i poveri, costui è servo dei propri averi, anziché signore di essi. [0751D]. (Ambrogio di Milano, De Nabuthe Jezraelita Liber Unus).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 07 Dicembre 2008ultima modifica: 2008-12-07T23:40:00+01:00da fraternidade
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