Giorno per giorno – 23 Ottobre 2008

Carissimi,
“C’è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sarà compiuto!” (Lc 12, 50). La sua passione è cominciata qui, prima ancora che nel Getsemani, da questa angoscia e da questa ansia per la morte di cui doveva morire. L’unica per cui valga la pena di giocarsi la vita. L’unica a poter essere desiderata e amata, come e più della vita, perché ti immette direttamente nel mistero di Dio. Ma anche la sola che davvero e irrimediabilmente può dividerci e scardinarci interiormente e poi separare le nostre scelte, le nostre storie, i nostri cammini, i nostri orizzonti, i nostri affetti da quelli degli altri. Persino le persone più care. Noi si è così lontani dall’arrivare a confrontarci davvero sulla parola della croce! Noi ci si divide solo sulle bazzecole e il battesimo a cui al massimo aneliamo è quello che ci immerge nella banalità del così fanno, pensano, dicono tutti.

Oggi è memoria dello staretz Ambrogio di Optina, “fatto tutto a tutti”.

1891413500.jpgAlexander Mikajlovic Grenkoff era nato il 21 novembre 1812 in una famiglia del clero minore. Suo padre era infatti lettore nella parrocchia di un villaggio nel governatorato di Tambov. Conclusi gli studi in seminario, il giovane scoprì che la carriera ecclesiastica non era fatta per lui. Se ne tornò perciò a casa e per qualche tempo insegnò nella locale scuola elementare. Ma, via via, sentì crescere in lui la vocazione monastica, sicché, nell’autunno del 1839, chiese ed ottenne di entrare nel monastero di Optina. Qui vestí l’abito, assumendo il nome di Ambrogio. Ordinato diacono e poi prete, dovette limitare le sue attività a causa delle precarie condizioni di salute. Sfruttando le sue conoscenze di greco e latino, curò per alcuni anni l’edizione di testi patristici. L’attivita di carattere erudito tuttavia non gli era particolarmente congeniale, venne perciò dedicando sempre più tempo alla direzione spirituale (starcestvo), profondamente radicata in una vita di preghiera e di ascesi. E continuò così per tutta la vita. Ogni volta più malconcio, ogni volta più ricercato dalla gente, ogni volta più dolce, dedicato, identificato con quanti ricorrevano a lui per parlargli e riceverne il consiglio. Nell’estate del 1890, per l’aggraversi delle sue condizioni di salute, si trasferì a Sciamordino, nel monastero femminile, da lui fondato nel 1884. Continuò tuttavia a ricevere visitatori da mattina a sera, ininterrottamente. All’inizio di ottobre ci si rese conto che la fine si approssimava. Il 10 Ottobre 1891 (23 ottobre secondo il calendario gregoriano), alle 11,30, terminate le preghiere del trapasso, Ambrogio sollevò il braccio, fece il segno dalla croce e si spense. Sulla lapide della sua tomba furono incise le parole dell’apostolo Paolo: Sono stato debole con i deboli, al fine di guadagnare i deboli. Mi sono fatto tutto a tutti per salvarne in ogni modo qualcuno”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da
Lettera agli Efesini, cap.3, 14-21; Salmo 33; Vangelo di Luca, cap.12, 49-53.

La preghera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

Paul Evdokimov è un teologo russo che ci capita di citare abbastanza spesso. La lettura che egli fa del monachesimo è quella di una dimensione interiorizzata accessibile a tutti, secondo la grande tradizione orientale e dei padri greci, che non faceva distinzione tra clero e laicato, ma tracciava le linee di una comune vocazione alla santità. Cosa che anche il Concilio Vaticano II, attraverso la Lumen Gentium, quarant’anni fa, tentò di riproporre. Dal libro di Paul Evdokimov, “Le età della vita spirituale” (EDB) prendiamo questo passo che ci pare applicarsi bene alla figura di Ambrogio di Optina. Ve lo proponiamo, congedandoci, come nostro

PENSIERO DEL GIORNO
L’asceta evangelico tipico è apostolo e testimone. Perciò la tradizione monastica, posteriore a quella del deserto, coltiva le epistole di san Giovanni e ha come base l’amore del prossimo e l’ascesi del cuore. Essa colpisce, non per gli eccessi, ma per un amore traboccante e per la sua tenerezza cosmica “per ogni creatura, anche per i rettili e i demoni”. Il “salutismo individuale”, che si preoccupa solo della salvezza della propria anima, indica una pericolosa deformazione. Non si può star soli dinanzia alla faccia di Dio, ci si salva tutti insieme, “collegialmente”, come diceva Soloviev: sarà salvato chi salva gli altri. San Doroteo ci dà una bella e chiara immagine della salvezza, sotto forma di un cerchio: il centro è Dio e tutti gli uomini sono sulla circonferenza; dirigendosi verso Dio ognuno segue un raggio del cerchio e più si è vicini al centro, più i raggi si avvicinano tra loro. La distanza più breve tra Dio e l’uomo passa per il prossimo. Gli attivisti esclusivi dovrebbero comprendere che gli eremiti, con la loro preghiera incessante, intervengono attivamente nella storia. L’efficacia dell’azione umana si appoggia all’intercessione della loro fede, alla fiamma della loro preghiera, ch’essi pongono al centro del mondo. Essi sanno che l’uomo non può rispondere alle implorazioni della terra e perciò divengono eremiti. Sant’Isacco il Siriaco (nelle sue Sentenze), dice al suo discepolo: “Ecco, fratello mio, il comandamento che io ti do: che la misericordia vinca sempre sulla tua bilancia, fino al momento in cui sentirai in te stesso la misericordia che Dio prova verso il mondo”. A questo momento della sua maturità il recluso poteva ritrovare il mondo. (Paul Evdokimov, Le età della vita spirituale).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 23 Ottobre 2008ultima modifica: 2008-10-23T23:48:00+02:00da fraternidade
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