Giorno per giorno – 02 Marzo 2008

Carissimi,
“Gesù Cristo è la certezza che tutta la vita, la vita di ogni essere umano e del resto della creazione, ha la sua origine e il suo termine nella vita di Dio. La tua vita, la mia, o quella di chiunque, scaturisce dalla parola di Dio. Questa è e rimane la verità essenziale su di me e su tutti, indipendentemente da qualsiasi altra cosa possa sembrare vera”. Nel fare nostra questa verità fino alle estreme conseguenze consiste forse il passo ultimo che compie il cieco del racconto evangelico di oggi (Gv 9, 1-41), quello che lo porta a confessare: Io credo, Signore. Che non è la proclamazione di una generica fede in Dio, ma il riconoscimento che Gesù è la maniera d’essere del Dio che si prende cura di noi. E, prendendosi cura, cura nel contempo la nostra cecità, ci apre cioè gli occhi su di lui, sulla vita, su di noi.

I testi che la liturgia di questa 4ª Domenica di Quaresima propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1° Libro di Samuele, cap. 16,1.4.6-7.10-13; Salmo 23; Lettera agli Efesini, cap. 5,8-14; Vangelo di Giovanni, cap. 9,1.6-9.13-17.34-38.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e Chiese cristiane.

La citazione di apertura è di una delle nostre memorie di oggi: William Stringfellow, testimone appassionato della Parola, che noi ricordiamo assieme a Engelmar Unzeitig, martire dell’idolatria nazista.

1809614954.jpgWilliam Stringfellow nacque il 26 aprile 1928 in una famiglia operaia, a Northampton, in Massachusetts. Nonostante le modeste condizioni economiche della famiglia, lavorando e studiando, il giovane William arrivò a frequentare la London School of Economics, prima e l’Harvard Law School, poi. Da qui avrebbe potuto spiccare il volo per una carriera di successo. Scelse invece di vivere ad Harlem, tra negri e ispanici, i ceti più emarginati della metropoli. Si trasferì in un appartamento di 28 metri quadrati, con quattro vecchie suppellettili fuori uso, ma abitato in compenso da migliaia di scarafaggi. Confesserà in seguito: “Mi ricordai che è in posti così che la maggior parte della gente vive, in gran parte del mondo, per la maggior parte del tempo. Ero dunque a casa”. Stringfellow apparteneva alla Chiesa Episcopaliana degli Stati Uniti. Ma la sua non fu una convivenza tranquilla. La sua passione unica per la Parola, la scelta dei poveri, la lotta al razzismo e al sessismo, la critica del clericalismo e la valorizzazione della vocazione laicale nella Chiesa, la denuncia del fondamentalismo, ma anche della superficialità di certa teologia, propensa a leggere americanamente la Bibbia, piuttosto che di comprendere biblicamente l’America, e, non per ultimo, la contestazione della guerra del Vietnam, finirono per alienargli il favore della gerarchia e isolarlo. Ammalatosi di diabete, alla fine degli anni 60, si era nel frattempo ritirato a vivere a Block Island, in una casa che volle chiamare Eschaton. Negli studi che pubblicò in seguito, continuò ad approfondire il tema della svolta costantiniana e delle conseguenze nefaste che essa comportò per la chiesa, adeguando la cristianità ai valori dell’impero e facendone uno strumento per la preservazione dello status quo. Morì il 2 marzo 1985.

942081175.jpgEngelmar Unzeitig era nato in Cecoslovacchia, in un distretto di lingua tedesca, il 1° marzo 1911. Entrato in seminario della congregazione missionaria di Marianhill, fu ordinato prete 1l 15 agosto 1939, solo due settimane prima dello scoppio della 2ª Guerra Mondiale. Di fronte al potere turpe che si era insediato nel cuore dell’Europa, il nostro avrebbe potuto scegliere di starsene tranquillo, fingendo di non vederne le nefandezze, o addirittura diventarne strumento e prestargli i suoi servigi, o, infine, dire il suo “no” alto e forte e agire di conseguenza. Fu questo che Unzeitig scelse. Sicché non durò molto in libertà e, nel giugno del 1941 fu spedito a Dachau, sotto l’accusa di aver usato nelle sue prediche “espressioni tendenziose” e, soprattutto, di aver difeso gli ebrei. A Dachau, nel corso della guerra, confluirono circa duecentomila prigionieri provenienti da una quarantina di paesi. Più o meno tremila di costoro, alloggiati in baracche separate, erano ministri di diverse confessioni; tre quarti di essi erano preti cattolici. Fu definito il “più grande monastero del mondo” e si trasformò, nonostante le drammatiche condizioni di vita che lo caratterizzavano, in uno straordinario spazio di dialogo ecumenico, in cui preti cattolici e pastori evangelici insieme pregavano, componevano inni e celebravano il memoriale del Signore, offrendo come potevano il loro servizio pastorale ai compagni di prigionia. Padre Engelmar si dedicò soprattutto ai prigionieri russi, dei quali, pur essendo in maggioranza comunisti, si guadagnò presto la stima e l’amicizia. All’inizio del 1945, scoppiò nel campo di concentramento un’epidemia di tifo. Gli infettati venivano confinati in speciali baracche e abbandonati a loro stessi. Fu avanzata una richiesta di volontari che se ne prendessero cura. Si offrirono venti preti, tra cui padre Unzeitig. Il lavoro era estenuante e senza sosta: lavare i corpi febbricitanti, cercare di alimentarli, ripulire i giacigli, ma anche, ascoltarne le confessioni, offrire gli estremi conforti, benedire i morti. In capo a poche settimane anche padre Engelmar fu infettato, ma, nonostante la febbre violenta, continuò sino alla fine a servire i suoi compagni. Morì il 2 marzo 1945, il giorno dopo del suo compleanno, poche settimane prima della liberazione del campo da parte delle truppe americane.

Noi ci congediamo qui, lasciandovi a una bella citazione che, al pari di quella di apertura, è di William Stringfellow. È tratta da un articolo di Simon Barrow, dal titolo “The word turned upside-down: William Stringfellow”, che troviamo in rete. È per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Il significato di Gesù è la sollecitudine di Dio per questo mondo e la sua presenza in esso. La fede cristiana non riguarda un qualche dio che è presenza astratta in un immaginario altrove, ma riguarda la presenza viva di Dio qui e adesso, in questo mondo, proprio in questo mondo, che noi conosciamo, vediamo, tocchiamo, odoriamo, in cui viviamo e lavoriamo. Questa è, tra l’altro, la ragione per cui tutti i benintenzionati discorsi sul “rendere il vangelo adatto” alla vita del mondo è oscena: surrettiziamente avanza l’idea che Dio sia per noi un estraneo, che deve essere fatto conoscere a noi, introdotto alle nostre preoccupazioni, successi, problemi, sforzi. Il significato di Gesù è invece che la Parola di Dio si rivolge alle persone, a tutte le persone, proprio attraverso i fatti e i rapporti, tutti, nessuno escluso, che costituiscono la nostra esistenza in questo mondo. Questa è la teologia dell’incarnazione. (William Stringfellow).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 02 Marzo 2008ultima modifica: 2008-03-02T23:56:00+01:00da fraternidade
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