Giorno per giorno – 01 Marzo 2008

Carissimi,
“Siamo tutti peccatori, nessuno è migliore degli altri. Io sono cattolico, ma ho fratelli evangelici e spiritisti e ogni giorno ringrazio Dio per loro. Dio vuol bene a tutti, anche a chi non crede in Lui: siamo tutti suoi figli. Del resto, la veritá tutta intera, nessuno ce l’ha in mano e ciascuno risponderà per quella che ha ricevuto”. Mercoledì Gerson aveva estorto a quanti stavano riuniti nella chiesetta dell’Aparecida la promessa di andare stasera a pregare a casa di seu Manuel. O, meglio, a casa di sua figlia Bernadete, dove l’anziano padre sta trascorrendo qualche giorno di convalescenza, prima di tornarsene in campagna, dove abita. Così, adesso eravamo lì, terminata la lettura del Vangelo (Lc 18, 9-14), ad ascoltare lui che, dopo un lungo momento di silenzio, ne faceva una prima applicazione alla nostra vita. Noi non sappiamo se seu Manuel abbia mai studiato, è più facile che sia analfabeta, ma esprime sempre molto chiaramente ciò che pensa e si sente che la sua non è una parola astratta o vuota, ma è sempre ben radicata nell’esperienza. “O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini” (Lc 18, 11), è spesso la sostanza della nostra preghiera o anche solo ciò che facilmente si pensa di noi stessi, della nostra cultura, ideologia, filosofia di vita, religione, morale, chiesa. Noi sempre un po’ più degli altri. E Lui che, se non fosse Dio, sghignazzerebbe, ma che, essendo appunto Dio, si limita, finché può, a sorridere compassionevole.

Con le Chiese anglicana e luterana ricordiamo oggi la memoria di George Herbert, presbitero della Chiesa d’Inghilterra e poeta.

1938764196.jpgGeorge Herbert nacque a Montgomery-Castle, nel Galles, il 3 aprile 1593, quinto figlio di Richard e Magdalen Newport Herbert. Dopo aver conseguito la laurea al Trinity College di Cambridge, il giovane George ebbe il posto di “pubblico oratore” all’universitá e divenne nel contempo membro del Parlamento. Tutto faceva presagire l’inizio di una carriera politica di successo, ma nel 1625, alla morte di Giacomo I, Herbert, solo trentaduenne, decise di abbandonare simili ambizioni, per rispondere ad un’altra chiamata. Dopo il matrimonio, nel 1626, ricevette infatti l’ordinazione a presbitero e gli fu affidata la cura di una parrocchia rurale, a Bermerton, nel Wiltshire, dove nei pochi anni che gli restarono di vita si mostrò pastore attento ai bisogni spirituali e materiali del suo gregge. Quando seppe imminente la morte, chiamò l’amico Nicholas Ferrar, fondatore della comunità monastica di Little Gidding, e gli consegnò il manoscritto della sua raccolta di poesie, The Temple (Il Tempio), lasciando a lui la scelta di pubblicarlo o di distruggerlo. Morì nella sua parrocchia di Bermerton, il 1° marzo 1633. Nei cinquant’anni successivi, The Temple avrebbe raggiunto le tredici edizioni. Nel 1652, sarebbe stato pubblicato postumo anche un altro libro, questa volta in prosa, The Country Parson, his Character and Rule of Holy Life (Il Parroco di campagna, Suo carattere e ruolo nella vita spirituale).

I testi che la liturgia odierna propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Osea, cap. 6, 1-6; Salmo 51; Vangelo di Luca, cap. 18, 9-14.

La preghiera del sabato è in comunione con le Comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Noi si è chiusa la serata da seu Manuel, cantando su richiesta della figlia, “Amigos para sempre”. Alla fine Bernadete ha detto, piuttosto emozionata: “Vi ho chiesto questa canzone e vorrei dedicarla a uno di voi che, nel momento del bisogno, è sempre stato presente. Quando mio padre era qui, malato, e noi di casa ci si doveva assentare, bastava chiamarlo e lui venva e stava qui persino delle ore, a raccontare vecchie storie, a ridere e scherzare, a rendersi utile. Beh, noi crediamo che questa è l’amicizia. Così abbiamo voluto ringraziarlo con questo canto”. E ha fatto il nome del nostro Indio. Il quale ha tossicchiato, ha detto qualcosa confuso e poi ha rimediato subito e ci fa: la sapete l’ultima?

È tutto. E, dato che è gia notte, non troviamo di meglio che offrirvi questo “Canto della Sera” , tratto dalla raccolta di poesie The Temple di George Herbert. Del quale siamo in qualche modo debitori alla nostra amica Sara di Jacumã. E che è per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Sia benedetto il Dio dell’amore / che oggi mi ha dato occhi e luce e forza / per lavorare e per giocare. / Ma assai più benedetto sia, lassù, Iddio, // che solo a me ha riservato quella visione / che ha negato a sè. / Perché, se vedesse le mie vie, io morirei: / ma io ho ricevuto da Lui suo figlio, così ora Lui non vede altro.// Cosa ti ho riportato a casa / per questo tuo amore? Ho ripagato il debito / che dal tuo favore di questo giorno è nato? / Mi son dato da fare, sì, ma quanto poco ti ho restituito. // Il tuo cibo, la tua cura, il tuo affanno / sono finiti in bolle d’aria, bolle di vento; / di vento per te che ho contrariato, / ma sfere di fuoco impetuoso per la mia mente turbata. // E tuttavia tu ancora insisti, / ed ora chiudi, col buio, gli occhi appesantiti, / dicendo all’uomo: è quanto basta; / ora riposa: il tuo lavoro è compiuto. // Così, nel tuo cofano d’ebano / ci rinchiudi, finché il giorno, / emendato il nostro cammino, / doni nuovi ingranaggi ai nostri orologi disordinati.// Io rifletto su cosa mostri di più il tuo amore, / se il giorno o la notte: quello è la tempesta, questa il rifugio; / quello il cammino e questa il pergolato; / o quello il giardino, questa il boschetto. // Mio Dio, tu sei tutto amore. / Neppure un misero minuto sfugge al tuo cuore, / che anzi fa scendere dall’alto sempre un favore; / e in questo amore, più che nel letto, riposo.// (George Herbert, Even Song).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 01 Marzo 2008ultima modifica: 2008-03-01T23:52:00+01:00da fraternidade
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