Giorno per giorno – 08 Febbraio 2023

Carissimi,
“Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza” (Mc 7, 15. 21-22). Il tutto era cominciato con la critica dei religiosi nei confronti di alcuni discepoli di Gesù che prendevano il cibo con mani immonde, senza cioè lavarsi le mani, il che non era solo una norma igienica, ma intendeva sottolineare la sacralità di un’azione apparentemente banale, come il pasto. Il che, pur buono in sé, lo era meno se, come ogni altra attitudine religiosa, scadeva in legalismo, offrendosi oltretutto come criterio per giudicare [bene] se stessi e [male] gli altri. Come accade nella parabola del fariseo del pubblicano (cf Lc 18, 9-14). E come denuncia Paolo in relazione a quanti ritengono di ottenere la giustificazione facendo ricorso alla circoncisione: “Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella legge; siete decaduti dalla grazia” (Gal 5, 4). Gli atti religiosi in sé non salvano nessuno, si trasformano anzi spesso in occasioni di orgoglio spirituale, a meno che ci portino a intendere il significato del Pane che è Cristo, che, alimentandoci di sé, spegne in noi ogni proposito di male, conformandoci, piano piano, a sé.

Oggi il calendario ci porta le memorie di Bruno Hussar, profeta di pace in Israele, e di Stefano di Muret, testimone dell’Evangelo.

Andrea Hussar era nato a Il Cairo il 4 maggio 1911, da genitori ebrei non praticanti. Dopo gli studi al liceo italiano nella capitale egiziana, il giovane, alla morte del padre, si trasferì con la madre in Francia, dove ottenne la cittadinanza francese, completando a Parigi gli studi di ingegneria. Fu in quegli anni che iniziò un cammino spirituale che sfociò nella scoperta del cristianesimo e nella richiesta del battesimo. Battezzato il 22 dicembre 1935, svolse la sua professione per alcuni anni fino a quando nel 1941 fu colpito da una tubercolosi che lo condannò per due anni a completa immobilità. Nel 1945 maturata la vocazione religiosa, entrò tra i domenicani, assumendo il nome di Bruno. Fu ordinato sacerdote cinque anni più tardi ed inviato nel 1953 in Israele per favorire la creazione di un centro di studi ebraici, che vedrà la luce cinque anni più tardi, la Casa di sant’Isaia. Lì, Bruno approfondì la sua coscienza di appartenere al popolo ebraico e contribuì, con la sua attività di riflessione e di studio, negli anni che seguirono, a tessere le fila del dialogo ecumenico tra la Chiesa e il popolo ebreo. Negli anni settanta, assieme ad Anne Le Meignen, diede avvio al progetto di Nevè Shalom/Waahat as-Salaam, Oasi di pace, un villaggio, situato tra Tel Aviv e Gerusalemme, in cui, convivendo insieme, ebrei, musulmani e cristiani delle diverse confessioni, apprendessero a conoscere, rispettare e amare le rispettive identità. Il frate volle che là sorgesse un luogo di preghiera, privo di qualsivoglia simbolo religioso, chiamato Dumia (Silenzio), dove chiunque potesse raccogliersi in contemplazione. Bruno Hussar morì nel suo villaggio, profezia di un futuro di pace, l’8 febbraio 1996.

Stefano di Muret era nato nel 1045 nel castello di Thiers, feudo di famiglia, nell’Auvergne. Poco più che trentenne, semplice laico, divenne eremita, nella zona di Limoges, nel sud-ovest della Francia, riunendo altri amanti della solitudine al servizio di Cristo. Accoglieva allegramente quanti venivano a ricevere una parola, grandi e piccoli, poveri e ricchi, giusti e peccatori. Morì l’8 febbraio 1124.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Genesi, cap.2, 4b-9. 15-17; Salmo 104; Vangelo di Marco, cap.7, 14-23.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano l’Assoluto della loro vita nella testimonianza per la pace, la fraternità e la giustizia.

In questo giorno, nel 1878, nasceva, a Vienna, Martin Buber, che è una delle nostre memorie preferite (anche se a volte ci viene di dirlo di ogni personalità che figura nel nostro calendario). Cultore come pochi altri del chassidismo, di cui raccolse e riscrisse centinaia di storie e leggende, concepì l’ebraismo, non come un insieme di precetti legali, ma come santificazione della vita quotidiana, vissuta nell’umiltà e nell’allegria. Noi ne facciamo più estesamente memoria nella data della scomparsa, il 13 giugno, ma gli riserviamo un doveroso spazio anche in questa occasione, offrendovi in lettura un brano tratto dal suo “Il cammino dell’uomo” (Qiqajon), che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Ecco ciò che conta in ultima analisi: lasciar entrare Dio. Ma lo si può lasciar entrare solo là dove ci si trova, e dove ci si trova realmente, dove si vive, e dove si vive una vita autentica. Se instauriamo un rapporto santo con il piccolo mondo che ci è affidato, se, nell’ambito della creazione con la quale viviamo, noi aiutiamo la santa essenza spirituale a giungere a compimento, allora prepariamo a Dio una dimora nel nostro luogo, allora lasciamo entrare Dio. (Martin Buber, Il cammino dell’uomo).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 08 Febbraio 2023ultima modifica: 2023-02-08T22:40:18+01:00da fraternidade
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