Giorno per giorno – 20 Giugno 2019

Carissimi,
“Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: Congeda la folla, perché vada nei villaggi e nelle campagne dintorno per alloggiare e trovar cibo, poiché qui siamo in una zona deserta. Gesù disse loro: Dategli voi stessi da mangiare. Ma essi risposero: Non abbiamo che cinque pani e due pesci” (Lc 9, 12-13). E fu proprio a partire da quei cinque pani e due pesci, che si arrivò a saziare la folla sterminata, di cui racconta il vangelo. Stamattina, ci dicevamo che qui è ben rappresentata la logica del Regno, che, attraverso la disponibilità di alcuni, giunge a saziare i molti, il che è l’esatto contrario della logica del Sistema del dominio, che sottrae la disponibilità dei molti per sovraalimentare i pochi. La missione della Chiesa comincia da qui, dall’impegnarsi concretamente e in prima persona per condividere ciò che si ha e ciò che si è, a titolo di sacramento, anticipazione, laboratorio della società nuova, dove a regnare sia davvero Dio, il Padre di Gesù. Per dirla con le parole della canzone di padre Campos di Rio Grande do Norte, che si canta qui: “Ricevere la comunione con questo popolo sofferente è fare alleanza con la causa degli oppressi. Celebrare l’Eucaristia è spendere la vita a lottare per la giustizia, a por fine alla fame, perche l’altro sia persona, perché egli abbia un nome. Celebrare l’Eucaristia, con gli affamati e umiliati, con il povero contadino, che non ha nulla nel suo campo, è essere in comunione con Gesù Crocifisso. Celebrare l’Eucaristia, è anche essere torturato, essere perseguitato e imprigionato, essere emarginato. Essere consegnato ai tribunali, per essere inchiodato a una croce. Celebrare l’Eucaristia è la festa anticipata di un nuovo popolo che assume una vita condivisa. È la forza dei piccoli in questa grande camminata. Al nostro fianco, in questa Santa Eucaristia, va anche la nostra compagna di lotta, la Santa Vergine Maria, che custodisce in cuore l’agonia del suo popolo”. E così sia.

Oggi, la Chiesa celebra la Solennità del Corpo e del Sangue del Signore
Istituita nel 1246, nella diocesi di Liegi, in Belgio, in seguito alle visioni di una monaca agostiniana, Giuliana di Cornillon, che suggerì all’Ordinario locale l’opportunità di una festa che valorizzasse adeguatamente il mistero dell’Eucaristia, la festa fu, nel 1264, estesa a tutta la cristianità, dal papa Urbano IV (Jacques Pantaléon, già arcidiacono della chiesa di Liegi e confidente della religiosa). La data della sua celebrazione fu fissata nel giovedì seguente la prima domenica dopo la Pentecoste (60 giorni dopo Pasqua). L’impulso decisivo all’istituzione della festa fu dato da quanto avvenne nel 1263 (o forse nel 1264) nella chiesa di santa Cristina a Bolsena, quando durante una messa celebrata da un prete boemo, Pietro di Praga, che nutriva dubbi sulla presenza di Cristo nelle specie consacrate, l’ostia stillò sangue. Il papa, venuto a conoscenza del fatto, con la bolla “Transiturus de hoc mundo”, dell’11 agosto 1264, istituì la festa. Quali che siano le concrete circostanze in cui ha avuto origine, la festa rappresenta una ripresa della Pasqua della Cena del Signore, celebrata il Giovedì santo. Sintesi della vita e significato della morte di Gesù. Che la risurrezione suggella come verità di Dio. E da cui scaturisce la vita della Chiesa.

I testi che la litugia della solennità odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Genesi, cap.14, 18-20; Salmo 110; 1ª Lettere ai Corinzi, cap.11, 23-26; Vangelo di Luca, cap.9, 11b-17.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

Il nostro calendario ecumenico ci porta oggi la memoria di Padre Rafael Palacios, martire per amore della sua gente in El Salvador, di Nicola Cabàsilas, teologo laico, e di Abu Yazid al Bistami, mistico musulmano.

Rafael Palacios era nato il 16 ottobre 1938 a Talcualuya de San Luis Talpa, figlio di don Rafael e doña Concepción. Dopo il trasferimento della famiglia a Suchitoto, era entrato in seminario e al termine degli studi era stato ordinato sacerdote, svolgendo il suo ministero nelle parrocchie di Tecoluca e della Cattedrale, nella diocesi di San Vicente e, in seguito, nell’archidiocesi di San Salvador, nella parrocchia di Santa Tecla, a Ilopango, e in quella di San Francisco Mexicanos, a San Salvador, dove fu inviato in sostituzione di padre Octavio Ortiz, assassinato nel gennaio 1979. Prete totalmente consacrato alla causa del Vangelo, visse poveramente, collocandosi al servizio dei più poveri, senza paura di denunciare apertamente tutto ciò che vedeva violare le regole elementari della verità e della giustizia. Ripetutamente minacciato dalla formazione Unión Guerrera Blanca, fu ucciso il 20 giugno 1979. Mons. Romero celebrò i suoi funerali il giorno successivo e, al termine dei nove giorni di lutto, volle che un’unica messa fosse celebrata in tutto il Paese, da lui stesso presieduta, in onore di padre Rafael, degli altri sacerdoti assassinati, ma anche come protesta per il sangue di tanti fratelli cristiani e non cristiani.

Nicola Cabàsilas nacque a Salonicco nel 132o in una famiglia aristocratica. Ricevuta la sua prima formazione umana e spirituale presso suo zio, Nilos Cabasilas, arcivescovo di Salonicco e discepolo di san Gregorio Palamas, fu inviato alla scuola filosofica di Costantinopoli, dove ricevette un’ottima formazione giuridica e letteraria. Questo fece sì che Nicola diventasse un giurista di fama, esperto in diritto civile e canonico, e fosse chiamato come consulente alla corte dell’imperatore Giovanni VI Cantacuzenes. Scrisse importanti trattati sulla giustizia sociale e contro l’usura e fu spesso invitato a mediare nelle controversie politiche e teologiche che insorgevano periodicamente nella vita di corte e nell’istituzione ecclesiale. Alla nomina di Callisto I a patriarca di Costantinopoli, Cabasilas ritenne giunto il tempo di ritirarsi da ogni impegno pubblico, dedicandosi da allora a rendere accessibile ai semplici fedeli le ricchezze della vita spirituale, in qualche modo fino ad allora monopolio delle comunità monastiche. Di questo periodo ci restano due grandi opere: la Vita in Cristo e L’interpretazione della santa liturgia. Nulla sappiamo dei suoi ultimi anni, salvo il fatto che morì probabilmente verso il 1390. Fu canonizzato dal Patriarcato di Costantinopoli nel 1983.

Conosciamo poco della vita di Abu Yazid al Bistami, nato a Bistam (nel Khorasan, regione dell’attuale Iran) verso l’801 (187 dell’era islamica). Ma quel che ci è noto, ce lo mostrano disposto a lasciarsi sbalzare più di una volta dal cavallo delle sicurezze via via acquisite. Le massime che di lui ci sono state tramandate fanno pensare si sia trattato di un uomo dalla profonda cultura religiosa, scrupolosamente ancorato all’osservanza della legge. Per molto tempo si dedicó ad un’ascesi rigorosa, e tuttavia si accorse che tutto ciò contribuiva a rafforzare l’io invece di portarlo a centrarsi solo su Dio. Confesserà allora che “quelli il cui velo tra essi e Dio è più spesso sono tre categorie di persone: l’asceta per la sua ascesi, il devoto per la sua devozione, il colto per la sua cultura”. Per trovare Dio, l’unico mezzo a disposizione è spogliarsi dell’io. Disse: “Mi sono squamato del mio io come il serpente si squama della sua pelle. Poi mi sono riguardato e ho trovato che ero Lui”. Morí nell’857 ( 234 dell’era islamica).

Oggi si celebra la Giornata internazionale del rifugiato. Indetta dalle Nazioni Unite, viene celebrata il 20 giugno per commemorare l’approvazione nel 1951 della Convenzione sui profughi (Convention Relating to the Status of Refugees) da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Venne celebrata per la prima volta il 20 giugno 2001, nel cinquantesimo anniversario di questa Convenzione. Che queste ricorrenze ci aiutino a prendere sempre più coscienza nella necessità che si diano risposte, sotto il segno della solidarietà, dell’impegno comune e con il contributo di tutti, all’altezza della sfida che abbiamo davanti.

Oggi si sono congedati in quattro, due Rafael, Claudio e Raimundo Nonato. Giunti al termine dei loro nove mesi di trattamento, nella Chácara Paraíso, alla presenza di famigliari e amici, oltre che dei compagni che ne avranno ancora per un po’, hanno fatto dell’Eucaristia, presieduta da padre Denis, l’occasione della loro personale azione di grazie, per questa battaglia vinta, preludio delle vittorie che, continueranno a cogliere negli anni a venire. Noi si può dire solo che, come e più delle altre volte, siamo grati a Dio per il lavorio della grazia, cui ci ha permesso di assistere in questo tempo, che, nel nostro caso, è stato di approfondimento della Parola di Dio nella Bibbia, soprattutto nell’evento di Gesù, e di quella che lo Spirito continua a scrivere nella vita, di ognuno dei cuccioli d’uomo che Dio ha voluto come figli. Li mettiamo tutti e quattro nelle vostre preghiere (con una menzione particolare di Maria Pia di Spello, che ci ha fatto sapere di ricordare sempre i ragazzi della Chácara).

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano di Nicola Cabàsilas, tratto dal suo “La vita in Cristo”. Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Se anche negli altri misteri ci è dato di trovare Cristo, in essi però incominciando a riceverlo ci prepariamo a poter essere con lui; invece nell’eucaristia ci è già concesso di possederlo e di essere uniti a lui perfettamente. Quale altro mistero ci dà di essere un solo corpo e un solo Spirito con lui, e di dimorare in lui e di averlo dimorante in noi? Perciò, io credo quando Cristo dice che la beatitudine dei giusti è un festino in cui egli serve a mensa (cf Lc 12,39). Così dunque il pane di vita è premio. Ma quelli che ricevono il dono calcano ancora la terra quali viandanti, si coprono di polvere, inciampano e hanno da temere la mano dei ladri; perciò il pane di vita, com’è giusto, provvede alle loro necessità presenti; sostiene le forze, guida e purifica, finché non pervengano in quel luogo dove, secondo il detto di Pietro, è bene per l’uomo di stare (cf Lc 9,33); è quello il luogo dove non c’è più posto per niente altro, ma per i santi che ormai dimorano in quella regione pura dalle cure mondane, e Cristo solo puramente unito ad essi è la loro corona. Ecco dunque: in quanto forza purificante destinata a questo dal principio, Cristo libera da ogni macchia: in quanto partecipe delle nostre lotte, di cui fu guida come nostro fratello primogenito, avendole affrontate per primo, dà forza contro i nemici; e, in quanto è anche premio, non si ottiene senza sforzo. (Nicola Cabàsilas, La vita in Cristo, IV, 6).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 20 Giugno 2019ultima modifica: 2019-06-20T23:06:17+02:00da fraternidade
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