Giorno per giorno – 10 Marzo 2024

Carissimi,
“Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui” (Gv 3, 16-17). Subito prima, Gesù, di sé, aveva detto: “Bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato” (v.14). Bisogna. L’amore non lascia scampo. In seguto, nell’imminenza della morte, affermerà categoricamente: “Io quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me!” (Gv 12,32). Tutti, non uno di meno. Chi crede, ma anche chi non crede (come quasi tutti), che finirà per credere. Perché, del perduto, Lui si sarà messo alla ricerca, o se non altro, per rispetto della sua sete smaniosa di libertà, l’avrà atteso fiducioso a casa, certo che prima o poi, vi avrebbe fatto ritorno. Come il Padre dei due figli, immagine di tutti i figli, che Lui non considererà mai perduti. Per saperli inesorabilmente attratti dalla croce del Figlio. Che non conosce condanna, se non la propria. E neppure giudizio. Solo trepida attesa. Lo riaffermerà a chiare lettere: “Non sono venuto per giudicare il mondo, ma per salvarlo” (Gv 12,47). Il giudizio se lo dà da sé chi non crede. E in cosa consiste il giudizio? Che “gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce” (v.19). C’è da giurare che si stancheranno di stare al buio. Vangelo nel Vangelo, ha detto padre Carlos nella sua omelia. Che non a caso ci è proposto nella Domenica dell’Allegria.

I testi che la liturgia di questa 4ª Domenica di Quaresima propone alla nostra riflessione sono tratti da:
2° Libro delle Cronache, cap. 36, 14-16. 19-23; Salmo 137; Lettera agli Efesini, cap.2, 4-10; Vangelo di Giovanni, cap.3, 14-21.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e Chiese cristiane.

Oggi la Chiesa fa memoria dei Quaranta Martiri di Sebaste, in Armenia; il martirologio latinoamericano ricorda Elías del Socorro Nieves del Castillo, José Dolores e José de Jesús Sierra, martiri in Messico, e noi ci aggiungiamo Harriet Tubman, che fu Mosè per il suo popolo.

Melezio, Aezio e Eutichio sono i primi nomi dei quaranta martiri, che ricordiamo oggi. Erano tutti soldati cristiani, provenienti da diverse regioni. Facevano parte della Legione Fulminante, stanziata nei pressi di Sebaste, in Armenia (oggi Sivas, in Turchia). Nell’anno 320, Licinio, imperatore d’Oriente, temendo che la diffusione del cristianesimo, facilitata dall’Editto di Tolleranza da lui sottoscritto assieme a Costantino, potesse mettere a repentaglio la stabilità dell’Impero, tornò ad imporre ai suoi sudditi la religione imperiale. Questo si tradusse, per militari e funzionari pubblici, nell’obbligo di rendere omaggio all’imperatore, bruciando incenso davanti alla sua effigie. Rifiutarsi significava la morte. I quaranta legionari che erano uomini di fede e di fegato, dissero no. Furono perciò disarmati e imprigionati, come pericolosi sovversivi. In carcere scrissero, insieme, il loro testamento, chiedendo di essere sepolti in una fossa comune per restare uniti in morte come lo erano stati in vita. Furono condannati ad essere immersi, nudi, in uno stagno gelato. Il prefetto Agricola, per incentivarne la defezione, fece preparare accanto allo stagno un bagno caldo, dove chiunque rinnegasse la sua fede potesse trovare ristoro. Il racconto ci dice che uno solo uscì dallo stagno, ma, in compenso, uno dei soldati di guardia, colpito dal coraggio degli altri trentanove, scelse di aggiungersi ad essi, ricevendo con loro la corona del martirio.

Mateo Elías Nieves del Castillo nacque il 21 settembre 1882 a Yuriria, nello Stato di Guanajuato, in Messico, dove i suoi genitori, Rita e Ramon, erano agricoltori. Rimasto orfano di padre, ucciso durante una rapina, Mateo Elías dovette abbandonare gli studi per lavorare nella tenuta di famiglia. Il che non gli impedì di impegnarsi nell’azione pastorale della sua parrocchia. Nel 1904, ventiduenne, ottenne di entrare nel seminario agostiniano di Yuriria, dove riprese, con grande fatica e molta buona volontà, gli studi interrotti. Emise la sua professione religiosa nel 1910, assumendo il nome di Elias del Socorro, e fu ordinato sacerdote il 9 aprile 1916. Nel 1921, fu inviato a La Cañada de Caracheo, una comunità povera e semplice di tremila persone, nel municipio di Cortazar, al cui servizio il giovane frate si spese da subito con passione ed entusiasmo. Quando nel 1926 iniziò in Messico la persecuzione nei confronti della Chiesa cattolica, Elias rifiutò di obbedire all’ordine governativo di recarsi nella capitale, preferendo restare a condividere il destino della sua gente. Protetto dalla complicità dei fedeli, il prete riuscì a restare nascosto 14 mesi in una grotta, dove i fedeli si riunivano per pregare, ascoltare la parola del Vangelo, celebrare l’Eucaristia. Il 7 marzo 1928, il nascondiglio fu scoperto e padre Nieves arrestato. Erano con lui due laici della sua comunità, José Dolores e José de Jesús Sierra. Questi, benché lasciati liberi dalle guardie, rifiutarono di abbandonare il loro pastore. Sulla strada per Cortazar, l’ufficiale che comandava il plotone ordinò di fucilare i due contadini, che morirono gridando: Viva Cristo Re!. Successivamente, giunti in località “El Llano”, il capitano disse al frate: È arrivata la tua ora. Padre Elias, allora, pregò, recitò il Credo, benedisse i soldati e disse loro parole di perdono, poi diede il suo orologio al capitano e stese le braccia in attesa della scarica fatale. Era il 10 marzo 1928.

Araminta Harriet Ross era nata nella Contea di Dorchester, nel Maryland, nel 1820 o 1821. Era figlia di Benjamin Ross e di Harriet Greene, che lavoravono come schiavi nelle tenuta della famiglia Brodas. La storia di Mosè, che Dio aveva inviato a liberare i figli d’Israele dalla schiavitù d’Egitto, segnò profondamente l’immaginazione infantile di Harriet, costretta ad assistere alle angherie che i bianchi riservavano alla sua gente. Sempre pronta a prodigarsi per gli altri, un giorno che era intervenuta per proteggere un bracciante dalla furia di un sorvegliante, fu raggiunta da un blocco di ferro alla testa. Rimase per alcuni giorni tra la vita e la morte, poi si riprese, ma le conseguenze di quel colpo l’avrebbero accompagnata per il resto della vita. Nel 1844, giovane donna, sposò John Tubman, un uomo libero, che abitava in una baracca vicina alla piantagione, dove anch’essa passò a vivere. Da allora, la donna, cominciò a meditare di fuggire, senza però riuscire a convincere il marito, che temeva i rischi dell’avventura. Contando sulla complicità di una donna quacchera, nel 1849, Harriet decise di fuggire da sola. Viaggiando di notte, avendo come unico riferimento la stella polare, la donna attraversò finalmente il confine della Pennsylvania e raggiunse poi Filadelfia, dove cominciò a lavorare, nella speranza di mettere da parte i soldi necessari, per tornare al sud e liberare i suoi famigliari. A Filadelfia conobbe William Still, un abolizionista, legato alla “Ferrovia sotterranea”, un’organizzazione clandestina che forniva cibo, vestiti, e trasporto agli schiavi in fuga per il Nord. Harriet entrò così anche lei nella rete, divenendone una delle guide. La sua fede religiosa fu per lei di grande aiuto, sia nelle imprese arrischiate per portare in libertà gli antichi compagni di schiavitù, che nell’attivitá per sostenerli poi. Aveva visioni, premonizioni e colloqui con Dio. Il celebre abolizionista Thomas Garrett disse di lei: “Non ho mai incontrato nessuna persona che avesse la sua stessa certezza che Dio parlasse direttamente alla sua anima”. Tra il 1850 e il 1860, riuscì a mettere da parte le somme necessarie per compiere 19 viaggi e mettere in salvo circa trecento schiavi. Durante la Guerra Civile, la Tubman lavorò nell’esercito dell’Unione come infermiera, guida, spia. Dopo la guerra, si ritirò a vivere nella casa che aveva ad Auburn, nello Stato di New York. Rimasta vedova di John Tubman nel 1867, due anni più tardi sposò un ex-schiavo e soldato dell’Unione, Nelson Davis. Dopo la scomparsa di questi, avvenuta nel 1888, Harriet continuò ad aiutare malati, poveri e neri senzatetto, e ad appoggiare i loro sforzi per conquistare il diritto al voto. Fino alla sua morte, il 10 marzo 1913.

È tutto, per stasera. Non vendo a disposizione testi legati alle memorie odierne, scegliamo di proporvi una riflessione di Max Thurian, cofondatore della Comunità di Taizé. La troviamo nelle “Lectures de Vigiles” dell’Abbazia di Citeaux, ed è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
San Paolo ha fatto una volta la distinzione, per il cristiano, tra l’uomo interiore e l’uomo esteriore: “Non ci perdiamo d’animo. Ma se il nostro uomo esteriore è distrutto, quello interiore si rinnova di giorno in giorno” (2 Cor 4, 16). Si tratta dell’atteggiamento coraggioso del cristiano nelle prove della persecuzione. Il suo corpo può essere maltrattato, ma egli sa che questo non diminuisce la sua persona. Il cristiano può morire, il suo corpo può essere distrutto, ma crede che in Cristo la sua persona, sebbene diminuita nella sua espressione visibile, rimane viva nel riposo di Dio fino alla resurrezione finale. La distinzione è dunque tra il visibile e l’invisibile. È la constatazione che se il corpo, espressione visibile dell’essere, viene distrutto, l’essere stesso può sussistere in Cristo. Ma siccome l’essere si esprime in un corpo, è una cosa sola con esso, e anche il corpo gli sarà restituito come espressione eterna nel Regno di Dio. La distinzione tra l’uomo vecchio e l’uomo nuovo (Ef. 4. 22-24. Rm. 6. 6. Col. 3. 9-10) non è un fatto che riguarda l’antropologia, ma la storia del cristiano. Conoscere Cristo significa spogliarsi dell’uomo vecchio corrotto da concupiscenze ingannevoli, abbandonare la vita passata per rivestirsi dell’uomo nuovo, creato a immagine di Dio. Questa è l’opera dello Spirito Santo che ispira i nostri pensieri. L’uomo vecchio può sempre riapparire sotto forma di tentazione, di attrazione per il peccato. Ma l’uomo nuovo è un uomo totale e non solo un’anima pura o una vita interiore, così come il peccato dell’uomo vecchio che riappare possiede tutto l’essere. (Max Thurian, L’homme moderne et la vie spirituelle).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 10 Marzo 2024ultima modifica: 2024-03-10T20:54:15+01:00da fraternidade
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