Giorno per giorno – 25 Ottobre 2022

Carissimi,
“A che cosa è simile il regno di Dio? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami” (Lc 13, 18-19). Parabola del Regno e dell’evento di Gesù, e perciò dell’agire di Dio nella storia, tanto questa como quella del lievito, che viene subito dopo. Dovrebbe potersi dire anche parabola del nostro essere chiesa e di ciacuno/a di noi come discepoli, se siamo davvero suoi. Nulla a che vedere con sogni di grandezza, né vanto di civiltà, né perseguimento di grandi numeri, né l’idolatria dello slogan bolsonarista “dio al di sopra di tutti”, a corona e garanzia di un “Brasile ad di sopra di tutto”. Tutte espressioni di un neopaganesimo, che si ostina a scimmiottare il regime di cristianità e, più a monte, l’accorta operazione con cui Costantino volle dare solidità al suo impero. Dio gioca se stesso nella storia di Gesù, il granello di mostarda, il più piccolo di tutti i semi, gettato nella vicenda umana e da essa travolto, che, dopo aver fatto della sua esistenza dono incondizionato di sé, germina, nella sua morte, in albero, l’albero della croce, alla cui ombra accoglie tutti i popoli, quale ne sia l’identità, la cultura, la religione. Offrendosi come proposta per un diverso stare al mondo, che veda salva la vita (e con essa la maniera d’essere) di tutti.

Oggi facciamo memoria di Henri Perrin, preteoperaio, e di Antonio Llidó, prete al servizio degli ultimi, martire in Cile.

Nato il 13 aprile 1914, Henri Perrin fece parte del gruppo di giovani preti che, durante la II Guerra mondiale, scelsero di accompagnare i lavoratori francesi inviati a lavorare nelle fabbriche tedesche. Lì, lavorò con i suoi connazionali, operando nello stesso tempo come cappellano clandestino. Scoperto, fu imprigionato per un breve periodo e poi rimpatriato. L’esperienza tuttavia lo segnò irreversibilmente. Scoprì infatti la distanza che separava la chiesa dalla classe lavoratrice e, presto, con altri preti che la pensavano uguale, decise che era ora di restituire la chiesa ai poveri e i poveri alla chiesa. Nacque così, nel 1947, con l’approvazione dei vescovi francesi, l’esperimento dei preti-operai. Perrin fu assunto in una fabbrica di plastica. Non rivelò subito la sua identità. Quando comunque i compagni seppero che era prete, la sua maniera d’essere ne aveva già conquistato rispetto, simpatia e cameratismo. Non sarebbe durata a lungo. Il Vaticano nel 1949 emise un decreto che condannava l’adesione dei cattolici ai partiti comunisti e alle organizzazioni ritenute fiancheggiatrici, compresi i sindacati. I vescovi francesi, finché poterono, tergiversarono. Si rendevano infatti conto dell’importanza che la figura dei pretioperai rivestiva nel processo di evangelizzazione del mondo del lavoro e di ri-evangelizzazione della stessa chiesa. E sapevano che non c’era verso di stare in quel mondo, senza assumerne le lotte e gli strumenti organizzativi. Tuttavia, all’inizio del 1954, le insistenti pressioni di Roma posero fine all’esperimento. Molti obbedirono e lasciarono le fabbriche, altri ritennero questo passo un tradimento dei poveri e del Vangelo. Restarono e subirono i provvedimenti ecclesiastici. Lui, il nostro prete, amareggiato, deluso, indignato, non ebbe neppure tempo di decidere. Morì in un incidente di moto, poco più che quarantenne, il 25 ottobre dello stesso anno. Poi sarebbe arrivato il Concilio Vaticano II. E le stagioni successive.

Antonio Llidó era nato a Xábia (Alicante, Spagna), il 29 aprile 1936. Terminati gli studi di Magistero, entrò in seminario nel 1957 e fu ordinato prete nel 1963. I villaggi alicantini di Quatretondeta e Balones (settecento anime in tutto) furono la sua prima destinazione. Lì, con l’aiuto di un maestro e di un gruppo di giovani universitari, elaborò uno straordinario progetto sociale, pedagogico e pastorale, che permise di accompagnare negli studi quaranta ragazzi senza futuro fino alla soglia dell’università. Nel 1967, per aver rifiutato di votare all’ennesimo referendum franchista e dopo aver firmato un manifesto di protesta contro la repressione degli studenti antifascisti, venne mandato per castigo dal suo vescovo come cappelano all’ospedale della marina militare, a El Ferrol. Naturalmente non durò molto. Nel 1969, decise di partire missionario per il Cile, stabilendosi nella città di Quillota, nella diocesi di Valparaiso, dove gli fu affidata la cura della chiesa della Madonna degli Abbandonati e della Medaglia Miracolosa. Conobbe livelli di miseria che gli parvero intollerabili. Scoprì che in una baraccopoli di sole dieci case abitavano 115 bambini. Con un confratello organizzò una manifestazione di protesta contro la costruzione di una nuova palestra in un esclusivo collegio marista della città, che doveva sorgere a poche centinaia di metri da un’altra palestra di un altrettanto esclusivo istituto religioso. Questo gli procurò naturalmente l’inimicizia dei religiosi e del vescovo locale. Era solo l’inizio del suo impegno a fianco dei poveri e delle forze politiche che ne portavano avanti le aspirazioni. Il vescovo gli impose di far ritorno in Spagna, ma Llidó non potè accettare di abbandonare i già abbandonati da tutti. Questa fedeltà gli costò la sospensione a divinis. L’11 settembre 1973, un sanguinoso golpe militare pose precocemente fine al governo di Unità popolare di Salvador Allende, che aveva sollevato tante speranze, e Llidó entrò in clandestinità. Il 1º Ottobre 1974 venne scoperto e arrestato da agenti della DINA, la famigerata polizia segreta di Pinochet. Secondo le testimonianze raccolte, benché ripetutamente torturato, riuscì a mantenersi saldo e imperturbabile, continuando a infondere coraggio agli altri detenuti. Se ne persero definitivamente le tracce il 25 ottobre dello stesso anno, quando la polizia segreta lo prelevò dal carcere di Quatro Álamos, senza destinazione conosciuta.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera agli Efesini, cap.5, 21-33; Salmo 128; Vangelo di Luca, cap.13, 18-21.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali africane.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano dell’ultima lettera scritta da Antonio Llidó ai famigliari nel settembre 1974. La troviamo in rete ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Non voglio essere melodrammatico, ma a un certo punto devo dirlo. Se dovesse succedermi qualcosa di brutto, voglio che sappiate che il mio impegno in quello che sto facendo è stato liberamente contratto, con la gioia di sapere che è proprio quello che dovrei fare in questo momento. La paura è costantemente presente in ognuno di noi, perché nessuno di noi è un eroe del cinema. Ma ci rifiutiamo di accettare che la paura debba condizionare le nostre azioni e impedirci di fare ciò che a mente fredda e con cuore fervente comprendiamo debba essere fatto. (Antonio Llidó, Ultima lettera ai famigliari – Settembre 1974).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 25 Ottobre 2022ultima modifica: 2022-10-25T21:50:42+02:00da fraternidade
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