Giorno per giorno – 17 Gennaio 2022

Carissimi,
“Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno” (Mc 2, 19-20). È la risposta di Gesù a quanti gli chiedono perché i suoi discepoli non digiunino, come invece fanno i discepoli di Giovanni e i farisei. E non solo non digiunano, ma, con Gesù, siedono a tavola, a mangiare e bere, con pubblicani e peccatori (cf v. 16). La domanda gli è rivolta da persone terze, forse disorientate di fronte alla varietà delle proposte e delle pratiche religiose. In questo caso il digiuno, ma noi potremmo aggiungere: preghiere, voti, sacrifici, novene, pellegrinaggi. Qual è la maniera giusta di vivere la pratica religiosa? Tutto dipende da quale immagine di Dio ci lasciamo portare: se un Dio in qualche modo padrone di tutto, di cui si pretenda comprare i favori, o un Dio che ha a cuore la libertà, la felicità e la vita di tutti i suoi figli e figlie, che ci chiede di cospirare con lui perché tutto questo avvenga. Nel primo caso saremo vittime di un idolo, proiezione, quand’anche in veste religiosa, dei nostri istinti egoisti; nel secondo, sapremo valutare di volta in volta ciò che ci è richiesto, per godere la presenza dello Sposo, che si dà quando regna giustizia, pace, solidarietà, o impetrarne il ritorno in un mondo o una società che l’abbia allontanato. Il digiuno, e ogni altra pratica religiosa, rappresenteranno allora la maniera simbolica, mai fine a se stessa o separata dalla vita, da tradursi in gesti concreti nelle relazioni con il prossimo e con il mondo circostante, attraverso cui dire il nostro desiderio di Dio e testimoniare già da ora il suo regnare tra noi.

Oggi facciamo memoria di Antonio il Grande, patriarca del monachesimo, di Silvia Maribel Arriola, martire in El Salvador, di P. Tissa Balasuriya, teologo della liberazione e del dialogo interreligioso.

Nato nell’anno 250, a Come, in Egitto, a vent’anni Antonio, dopo aver letto nel Vangelo l’esortazione di Gesù: “Se vuoi essere perfetto, va’ vendi tutti i tuoi beni e dalli ai poveri, poi vieni e seguimi, e avrai un tesoro nei cieli”, decise che valeva la pena di fidarsi e lo fece, letteralmente, abbandonando ogni cosa. Presto seguito da decine, poi centinaia di giovani e meno giovani, che intendevano esprimere così la loro radicale contestazione alla logica con cui il mondo era organizzato. Abitò per un tempo tra antiche tombe abbandonate, per poi ritirarsi sulle rive del Mar Rosso, dove visse fino a quando la morte lo colse nel 356, all’etá di 106 anni. La trasparenza della sua personalità, la coerenza della sua testimonianza richiamarono durante tutti gli anni della sua avventura nel deserto schiere di pellegrini di ogni ceto e condizione, desiderosi di essere confermati nella fede, consigliati o confortati.

Di Silvia Maribel Arriola non sappiamo molto. Il martirologio latino-americano dice che era una religiosa salvadoregna. Faceva parte di una comunità, nata dalle comunità di base del Salvador, approvata canonicamente da mons. Romero con il nome di “Religiose per il popolo”. Silvia fu per molti anni segretaria di mons. Romero, davanti al quale fece la sua professione religiosa. Amica di tutti, animatrice di comunità, scelse di accompagnare come infermiera le formazioni di resistenti del Fronte Farabundo Martí di Liberazione Nazionale. Cadde uccisa assieme ad altri compagni durante un incursione dell’esercito, il 17 gennaio 1981. Aveva solo trent’anni. La chiamavano la “donna del sorriso”. Di lei ci è rimasta la formula di consacrazione come religiosa: “Davanti ad una società che vive gli ideali del potere, dell’avere e del piacere, voglio essere segno di ciò che significa realmente AMARE; del fatto che Cristo è l’unico Signore della storia, che è presente in mezzo a noi ed è capace di generare un amore più forte degli istinti e della morte, più forte di tutti i poteri economici. Voglio vivere una vita di ricerca e di sequela del Cristo povero, casto e ubbidiente alla volontà del Padre, al fine di vivere solo per Lui e per la sua opera salvifica. Prometto di essere fedele al Signore: nella salute e nella malattia, nella giovinezza e nella vecchiaia, nella tranquillità e nella persecuzione, nelle gioie e nelle tristezze, nella sua incarnazione in mezzo ai più poveri, povera e solidale con loro nella loro lotta per la liberazione: partecipando della sua missione evangelizzatrice tra gli uomini, concentrando tutta la mia capacità affettiva in Lui e in tutti i fratelli, vivendo in una continua ricerca della volontà del Padre attraverso la sua Parola, nella sua Chiesa, e nei segni dei tempi tra i poveri”.

Tissa Balasuriya era nato il 29 agosto 1924 a Kahatagasdigiliya, nella provincia Centro-settentrionale dello Sri Lanka, nella famiglia di William e Victoria Balasuriya. Dopo essersi laureato brillantemente in Economia all’Università di Ceylon, era entrato, nell’agosto del 1945, nel noviziato dei Missionari Oblati di Maria. Ordinato prete nel 1949 a Roma, vi conseguì la licenza in filosofia e teologia, alla Pontificia Università Gregoriana, specializzandosi poi in Economia agricola a Oxford e in Teologia all’Università Cattolica di Parigi. Rientrato in patria nel 1953, contribuì alla fondazione, divenendone in seguito Rettore, dell’Aquinas University College, che lasciò nel 1971 per fondare il Centre For Society & Religion, il cui obiettivo era di contribuire all’integrale liberazione umana della popolazione del suo Paese. Nel 1975, aveva fondato l’Associazione ecumenica dei teologi del terzo mondo. Nel 1978, l’uscita del suo libro “Eucaristia e liberazione umana”lo fece entrare di diritto nel novero degli studiosi della teologia della liberazione. Nel 1990, la pubblicazione di un altro libro “Maria e Liberazione umana”, in cui rileggeva la figura di Maria di Nazareth fuori dagli schemi devozionali, gli procurò non pochi grattacapi, compresa una sorprendente scomunica, comminatagli nel 1996, dall’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Scomunica revocata tuttavia due anni dopo. Instancabile fu il suo contributo al dialogo tra le religioni, le generazioni e i generi. Il suo lavoro per la pace, la giustizia e i diritti umani conobbe unanime apprezzamento, nel suo Paese e all’estero. L’impegno di Balasuriya per la liberazione dei settori più emarginati ed oppressi dello Sri Lanka gli comportò spesso incomprensioni e amarezze, ma il suo amore per la giustizia e per la gente lo aiutò a proseguire imperterrito nella sua missione, sino alla morte, avvenuta a Colombo, il 17 gennaio 2013, a ottantanove anni di età, dopo una breve malattia.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1° Libro di Samuele, cap.15, 16-23; Salmo 50; Vangelo di Marco, cap. 2, 18-22.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddista.

È tutto, per stasera. E noi ci congediamo offrendovi in lettura un brano di Antonio il Grande, tratto da un sua “Lettera ai monaci di Arsinoe”. Reperibile nel libro di S. Atanasio, “Vita di Antonio, Apoftegmi, Lettere” (Paoline), è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Figli miei, amati nel Signore, voglio che sappiate che a causa della nostra stoltezza il nostro Salvatore ha assunto la forma della debolezza, a causa della nostra povertà ha assunto la forma della povertà, a causa della nostra morte ha assunto la forma mortale; tutto questo ha sopportato per noi. In verità, amati nel Signore, non dobbiamo concedere sonno ai nostri occhi né riposo alle nostre palpebre, ma preghiamo e facciamo violenza alla bontà del Padre, finché non venga in nostro aiuto; così potremo consolare Gesù nella gioia della sua venuta, potremo rendere efficace il ministero dei santi che operano in nostro favore supplendo alla nostra negligenza qui sulla terra ed esortarli ad aiutarci nel tempo della nostra tribolazione. Allora insieme gioiranno chi semina e chi miete (cf Gv 4,36). (S. Antonio, Lettera ai monaci di Arsinoe).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 17 Gennaio 2022ultima modifica: 2022-01-17T22:03:13+01:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo