Giorno per giorno – 15 Giugno 2020

Carissimi,
“Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due” (Mt 5, 38-41). Pagina difficile questa del vangelo di oggi, come del resto ogni passo del discorso della montagna, che da duemila anni dovrebbe marcare l’esistenza delle comunità cristiane. Superando la legge del taglione, espressa nell’Antico Testamento, che aveva in ogni caso un suo pregio, nel voler mettere un freno all’eccesso della vendetta, così istintivamente presente nella natura umana, Gesù chiede anche in questo caso l’impossibile, di non opporre una resistenza violenta al malvagio – reazione che l’immaginario religioso usa attribuire allo stesso Dio -, ma di rispondere al male che ci viene fatto con un supplemento di bene, spezzando così il circolo vizioso che trasforma così spesso la convivenza umana in un inferno. Noi, il vangelo, lo si è letto a casa di dona Barbara, dove, anche in questo caso, ci si è ritrovati in otto – lei, dona Delfina, una sua vicina, Ném, Djari, Everson, Arcelina e il Postino – per ricevere il pane della Parola e dell’Eucaristia. Del male – un sopruso, un’ingiustizia, una violenza, una derisione -, una volta o l’altra, tutti ne hanno ricevuto, e tuttavia crediamo fossero tutti sinceri nell’affermare di non aver mai nutrito sentimenti di vendetta, solo, semmai, di sconcerto e di protesta per lo più silenziosa per ciò da cui si erano sentiti di volta in volta raggiunti. C’è però il male che si abbatte in grandi proporzioni sull’insieme della società e ci si deve porre l’interrogativo di come prenderne coscienza e reagire ad esso, senza per questo volere il male e odiare chi lo compie. Fenomeni come il razzismo, lo sfruttamento aperto dei più deboli, la violenza della polizia e delle bande criminli, l’uso sistematico della menzogna per conquistare o mantenere il potere, la corruzione generalizzata, esigono una risposta dall’insieme della cittadinanza, ma anche di più dalla comunità cristiana, che si voglia impegnata a testimoniare la buona notizia ai poveri, recata da Gesù, nel concreto della vita e delle scelte che essa impone.

La data di oggi ci porta le memorie di Evelyn Underhill, mistica e predicatrice anglicana, e di Germaine Cousin, pastorella e contemplativa.

Evelyn Underhill era nata a Wolverhampton il 6 dicembre 1875, figlia unica di Sir Arthur Underhill e di Alice Lucy Ironmonger. Dopo gli studi in Storia e Botanica al King’s College di Londra, sposò nel 1907 Hubert Stuart Moore, un avvocato suo amico d’infanzia. L’anno del suo matrimonio vide anche la sua conversione alla fede cristiana. Il fascino in lei esercitato dalla Chiesa cattolica fu tuttavia presto soffocato dalla violenta lotta anti-modernista, cui diede il via, quello stesso anno, la gerarchia romana. Nel 1911, la pubblicazione del suo primo libro, Misticismo, le offrì l’opportunità di conoscere il barone Friedrich von Hugel, padre spirituale di un’intera generazione di anglicani, sotto la cui guida si pose e da cui comprese l’importanza della fedeltà alle proprie radici, nell’apertura tuttavia al dialogo e all’amicizia con le altre denominazioni cristiane. Da allora prese a organizzare la sua giornata, scrivendo la mattina, e dedicando il pomeriggio alle visite ai poveri e alla direzione spirituale. Fu solo nel 1921 che si integrò pienamente nella comunione Anglicana. Nel 1922 raccolse in un libro le conferenze tenute al Manchester College di Oxford, con il titolo La vita dello Spirito e la vita di oggi. Nel 1924 cominciò a guidare ritiri spirituali, i cui contenuti saranno oggetto di successive pubblicazioni. Nel 1936, mentre si dedicava alla stesura di Adorazione crebbe il suo interesse per la Chiesa greco ortodossa, che la portò a integrarsi nell’Associazione dei Santi Albano e Sergio. Pacifista intransigente, raccolse le sue riflessioni su questo tema nell’opuscolo La Chiesa e la guerra (1940). Donna di personalità vivace, con uno spiccato senso di humor e grande delicatezza, mostrava una certa timidezza e ritrosia, trattando con la gente e soprattutto con i suoi allievi, per la ripulsa, diceva “di comandare alle anime”. Tuttavia quanti si rivolsero a lei con fiducia trovarono chi seppe farli crescere, non al suo o al loro passo, ma a quello di Dio. Evelyn Underhill morì il 15 giugno 1941.

Germaine Cousin nacque a Pribrac, non lontano da Tolosa nel 1579. Figlia di Lourent Cousin, un piccolo contadino, che nel 1573-74 era stato sindaco della cittadina, Germaine rimase orfana di madre ancora bambina. Privata dell’uso della mano destra per una malformazione congenita e malata di scrofolosi, una malattia che le deturpava il volto, quando il padre si risposò, fu considerata dalla matrigna una presenza di cui ci si doveva vergognare e fu perciò mandata a pascolare il gregge, lontano dagli occhi di vicini e conoscenti. Tuttavia la ragazzina seppe superare il dolore del rifiuto e si mise nelle braccia del buon Dio. Apprese a pregare e ogni giorno, affidando alla custodia dei suoi angeli il gregge, se ne andava alla chiesa del paese per partecipare alla messa. Quello che apprendeva, poi, lo ripassava a modo suo, agli altri piccoli compagni di sventura come lei confinati alla guardia delle greggi. A essi, appena poteva, allungava anche qualche pagnotta che riusciva a rimediare di nascosto in casa. Basta, la sua vita fu tutta qui. La trovarono un giorno che era già morta, nel sottoscala della stalla, dove era confinata a dormire. Aveva solo ventidue anni. Quarant’anni dopo, quando la tomba della famiglia Cousin fu aperta, per seppellire un parente, trovarono il suo corpo ancora intatto.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1º Libro dei Re, cap. 21, 1-16; Salmo 5; Vangelo di Matteo, cap. 5, 38-42.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni dell’India, Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

È tutto, per stasera. Noi ci congediamo qui, offrendovi in lettura una pagina di Evelyn Underhill, tratta dal suo libro “Mysticism”, reperibile in Rete. Ed è questo, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Si racconta di come San Francesco d’Assisi, in cui l’amore per le cose belle fu sempre fondamentale, si costrinse a far visita ai lebbrosi la cui vista e il cui odore lo disgustavano: e di come, nell’occasione li servì e perfino li baciò. “Quando poi se ne allontanò, ciò che prima gli era risultato amaro, cioè la vista e il tocco dei lebbrosi, ora si trasformò in dolcezza. Perché, come confessò, la vista dei lebbrosi gli era prima così insopportabile, da indurlo a evitare non solo di vederli, ma anche di avvicinarsi a dove abitavano. E se in qualsiasi momento gli fosse capitato di passare nei pressi delle loro dimore, o di vederli anche da lontano, sebbene la compassione lo movesse a far loro un’elemosia attraverso un’altra persona, non riusciva ad evitare di storcere la faccia e turarsi il naso con la mano. Ma per la grazia di Dio divenne così intimo amico dei lebbrosi che, come egli ricordò nel suo testamento, soggiornò con loro e li servì umilmente”. Inoltre, dopo la sua grande rinuncia a tutte le proprietà, lui, un tempo ricco e “raffinato nella casa paterna”, si abituò a prendere una ciotola e implorare avanzi di cibo da porta a porta: e anche qui, come nel caso dei lebbrosi, ciò che all’inizio sembrava disgustoso, gli divenne dolce. “Quando volle mangiare quell’intruglio”, dice la Leggenda [dei tre compagni], “la prima reazione fu la nausea; una volta, nonché mangiare quella incresciosa poltiglia, non avrebbe neppure resistito a guardarla. Ma seppe vincere la ripugnanza e cominciò a mangiare; gli sembrò di provarci più gusto che non ad assaporare una squisitezza”. L’oggetto di questa autodisciplina è, come l’oggetto di ogni purgazione, la libertà: la libertà dalle catene dei sensi, l’ “ostacolo dei desideri”, dai condizionamenti dell’ambiente e dell’educazione mondana, da orgoglio e pregiudizio, da preferenze e disgusto: dall’egoismo in ogni forma. Il suo effetto è una forte reazione alla gioia dell’auto-conquista. La stessa azione stesso che un tempo causava nell’ “io” prigioniero un movimento di ripugnanza, diventa non solo indifferente, ma un’occasione di felicità. (Evelyn Underhill, Mysticism).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 15 Giugno 2020ultima modifica: 2020-06-15T22:38:15+02:00da fraternidade
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