Giorno per giorno – 04 Dicembre 2019

Carissimi,
“Attorno a lui si radunò molta folla recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì. Allora Gesù chiamò a sé i discepoli e disse: Sento compassione di questa folla: ormai da tre giorni mi vengono dietro e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non svengano lungo la strada” (Mt 15, 30. 32). La parola chiave del vangelo di stamattina è “compassione”. Che, nella sua variante “misericordia”, in ebraico rahamim (da rehem, utero, e perciò amore materno) indica l’essenza stessa di Dio. Così, possiamo dire che chi non sente e non vive la compassione, neppure crede in Dio, crede solo in un fantasma a cui attribuisce i poteri che più gli aggradano. Nelle guarigioni che vi sono descritte – zoppi, storpi, ciechi, sordi – vediamo riflesse come in uno specchio, le infermità che ci impediscono di accogliere e rispondere alla Buona Notizia del Signore: il nostro rifiuto a incamminarci sulla via della liberazione, il nostro ripiegarci su noi stessi e i nostri interessi, il nostro chiudere gli occhi sulla miseria del prossimo, la nostra sordità alle sue richieste di aiuto. Una volta guariti da esse, siamo in grado di intendere, celebrare e vivere l’Eucaristia, non come semplice rito, ma come modo di stare al mondo. Nella disponibilità a condividere il pane con gli stranieri (il racconto di oggi è una replica in territorio pagano della prima moltiplicazione di pani, raccontata in Mt 14, 13-21), noi possiamo mostrare che ci siamo consapevolmente alimentati del Pane di vita che è Gesù, dono gratuitamente offerto a tutti.

La memoria di oggi cadrebbe in realtà due giorni fa. Se la mettiamo qui, è solo per darle un rilievo maggiore, dato che oggi abbiamo un po’ più di spazio. Noi ricordiamo Ivan Illich, profeta della speranza. Lui avrebbe detto “uomo epimeteico”. Che è la stessa cosa, solo un po’ più difficile.

Ivan Illich era nato a Vienna il 4 settembre 1926 da padre croato e cattolico, e da madre ebrea sefardita. Nel 1941, a causa delle leggi razziali, con la famiglia lasciò l’Austria e si trasferì a Firenze, dove completò gli studi e dove maturò la vocazione al sacerdozio. Dopo gli studi teologici all’Università Gregoriana, fu ordinato prete nel 1951. Assegnato alla diocesi di New York, svolse per alcuni anni il suo ministero in una parrocchia a forte presenza di immigrati portoricani. Amico di Erich Fromm e di Jacques Maritain, nel 1956 fu nominato prorettore dell’Università Cattolica di Portorico, incarico che dovette lasciare nel 1960 per le crescenti incomprensioni con la gerarchia cattolica locale, incapace di una vera inculturazione in una società latinoamericana come quella portoricana. Nel 1961 creò a Cuernavaca, in Messico, il Centro Interculturale di Documentazione (CIDOC), con la finalità di meglio preparare i preti destinati alle missioni in America latina. Illich fu giudice sufficientemente severo per rimandarne a casa la metà, giudicandoli incapaci di rinunciare alla cultura consumista della società industriale nordamericana. Partendo da un’ispirazione radicalmente cristiana, denunciò con convinzione la politica colonialista dell’Occidente. Nel 1968, Illich venne chiamato a Roma per rispondere a un processo intentatogli dal Sant’Uffizio, a causa di alcune sue critiche all’istituzione. Benché ne uscisse prosciolto, nel febbraio del 1969 lo stesso dicastero romano vietò ai preti di seguire i corsi del CIDOC. Due mesi dopo, in una lettera aperta pubblicata dal New York Times, Illich rendeva pubblica la sua rinuncia a tutti i suoi titoli, benefici e servizi ecclesiastici. Non chiese la riduzione allo stato laicale. Restò prete incardinato nella diocesi di New York, conservando l’impegno alla preghiera quotidiana del breviario e mantenendo in tutti gli anni seguenti, fino alla morte, una fortissima tensione morale e religiosa. Dal 1980, Illich fece molti viaggi, dividendo il proprio tempo tra gli Stati Uniti, il Messico, e la Germania, denunciando il neopaganesimo nostro contemporaneo “che ha trasformato la persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio, in un essere larvale pieno di bisogni decisi e risolti da esecutori di regolamenti e da tecnostrutture” e additando la necessità di una profonda deistituzionalizzazione della società e di una decrescita economica, in vista di una ritrovata convivialità. Colpito da un tumore al volto, che lo tormentò per quasi vent’anni, preferì cercare di curarlo con metodi tradizionali, senza successo. Morì il 2 dicembre 2002, al suo tavolo di lavoro. Ad un amico che poco tempo prima gli aveva chiesto a bruciapelo: “Ivan, credi in Dio?”, aveva risposto: “Dio danza sul mio naso, da sempre. Se non credessi in Dio niente nella mia vita avrebbe senso”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Isaia, cap.25, 6-10a; Salmo 23; Vangelo di Matteo, cap.15,29-37.

La preghiera del mercoledì è in comunione con tutti gli operatori di pace, quale ne sia la religione, la cultura o la filosofia di vita.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda, lasciandovi ad una citazione di Ivan Illich, tratta dal suo saggio “Energia ed equità”, reperibile in rete. Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La crisi energetica non si può superare con un sovrappiù di energia. Si può soltanto dissolverla, insieme con l’illusione che fa dipendere il benessere dal numero di schiavi energetici che un uomo ha sotto di sé. A questo scopo, è necessario identificare le soglie al di là delle quali l’energia produce guasti, e farlo attraverso un processo politico che impegni tutta la comunità nella ricerca di tali limiti. Poiché questo tipo di ricerca va in senso opposto a quella che viene svolta oggi dagli esperti e per conto delle istituzioni, io continuerò a chiamarla contro-ricerca. Essa si compone di tre fasi: in primo luogo bisogna riconoscere sul piano teorico come imperativo sociale la necessità di porre dei limiti al consumo di energia pro capite; quindi bisogna individuare la fascia entro la quale potrebbe trovarsi la grandezza critica; infine bisogna che ciascuna comunità metta in luce la somma di iniquità, di fastidio e di condizionamento che i suoi membri sono portati a tollerare per avere la soddisfazione di idolatrare potenti congegni e prender parte ai relativi riti diretti dai professionisti che ne regolano il funzionamento. (Ivan Illich, Energia ed equità).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 04 Dicembre 2019ultima modifica: 2019-12-04T22:48:23+01:00da fraternidade
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