Giorno per giorno – 18 Ottobre 2019

Carissimi,
“Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi” (Lc 10, 3). Per via della festa dell’evangelista Luca, la liturgia ci propone il vangelo in cui Gesù invia i discepoli in missione, istruendoli circa l’annuncio da portare e lo stile che deve accompagnarlo: l’approssimarsi del Regno, testimoniato e in certa misura anticipato da una scelta di vita caratterizzata da povertà, nonviolenza, solidarietà, condivisione, presenza pacificatrice. Istruzione tanto più valida nei nostri giorni, in cui, come già, purtroppo, accadde, ripetutamente, in passato, chi dovrebbe essere agnello, in un mondo di lupi, si sceglie lupo vorace, al pari, o anche più, di quelli da cui si sente circondato. Minando così alla radice le ragioni della fede di cui si dice portatore. Che possa non essere così per noi, affinché il buon Dio ci veda fedeli sino alla fine dei nostri giorni nella testimonianza al progetto originario, con cui affidò alla nostra cura la terra e la vita dei fratelli, accolti e valorizzati come tali, pur nella loro differenza. E in questo modo, evangelizzati.

Il calendario ci porta, dunque, la memoria di Luca evangelista, “scriba della misericordia”, a cui noi aggiungiamo quella del vescovo Giacomo Lercaro, profeta di una Chiesa povera con i poveri.

Secondo la tradizione, Luca era medico, originario di Antiochia, che all’epoca, era per importanza la terza città dell’impero romano. Dopo l’incontro con Paolo, si convertì al cristianesimo e accompagnò l’apostolo nei suoi viaggi missionari, diventando così un testimone prezioso della comunità cristiana delle origini. La tradizione gli attribuisce la redazione del terzo vangelo e gli Atti degli Apostoli, ma sono le lettere di Paolo a menzionarlo. È l’evangelista che dedica maggior spazio ai racconti d’infanzia di Gesù e alla madre di Gesù ed è il più sensibile ai temi della misericordia, del perdono e dell’amore preferenziale che Dio ha per i poveri e per gli ultimi.

Giacomo Lercaro nacque a Genova il 28 ottobre 1891. Entrato in seminario, fu ordinato presbitero nel 1914. Al termine del conflitto mondiale, si dedicò dapprima all’insegnamento nel seminario arcivescovile, e poi, dal 1937, fu prevosto della parrocchia di Maria Immacolata. Durante l’occupazione tedesca della città, a causa della sua azione a favore dei perseguitati, dovette rifugiarsi, sotto uno pseudonimo, in una casa religiosa. Nel 1947 fu nominato arcivescovo di Ravenna. Nel maggio 1948, aprì la casa ai primi ragazzi di quella che sarebbe stata la sua Famiglia. Trasferito nel 1952 alla sede metropolitana di Bologna e creato cardinale l’anno successivo, venne moltiplicando iniziative religiose volte in diverso modo a risaltare la centralità dell’Eucaristia e a valorizzare la dimensione liturgica nella vita della Chiesa. Clamorosa fu la sua protesta, nell’autunno 1956, per l’invasione dell’Ungheria da parte dell’esercito sovietico. Durante il Concilio Vaticano II, anche per la preziosa consulenza di don Dossetti, fu indiscusso protagonista sui temi della riforma liturgica, della pace, e della povertà della Chiesa. Nel 1966 l’amministrazione comunale di Bologna gli conferì la cittadinanza ordinaria. La ferma condanna dei bombardamenti americani in Vietnam, in occasione della 1ª Giornata mondiale per la pace, il 1° Gennaio 1968, fornì, incredibilmente, agli ambienti a lui ostili della Curia romana il pretesto per esigerne le dimissioni. Il 12 febbraio 1968, lasciata la cattedra di S.Petronio, si ritirò a Villa san Giacomo, continuando tuttavia a svolgere un’intensa opera evangelizzatrice in Italia e all’estero, finché la salute glielo permise. Si spense il 18 ottobre 1976.

I testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono propri della festività odierna e sono tratti da:
2ª Lettera a Timoteo, cap.4, 10-17b; Salmo 145; Vangelo di Luca, cap.10, 1-9.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli della Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordoso.

E, nel congedarci, per restare sul tema della pace, vi proponiamo un testo del card. Lercaro, che troviamo con il titolo “Eucaristia e Speranza” nel sito della Fondazione che porta il suo nome. E che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
L’Eucaristia è segno di amore e vincolo di unità – commenta sant’Agostino -; e il Concilio Vaticano II soggiunge che non può darsi educazione a formare una comunità cristiana se non prenda le mosse dall’Eucaristia (P.O. 6). Infatti già l’antichissimo scritto subapostolico – la Didachè – parlando dell’Eucaristia commentava: “Se abbiamo in comune i beni celesti, come non metteremo in comune con i bisognosi i beni terreni?” (Did. IV, 8). Veniva cosi data al mondo una grande speranza; speranza che anche nel susseguirsi delle ingiustizie e delle lotte tra gli uomini, ancora rimane; sola rimane; unica… ma grande! L’Eucaristia realizza l’unione nella comunità credente; è la speranza di una felice e feconda unità “di tutti coloro – per esprimerci col Cullmann – che invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo”: il movimento ecumenico attende ed affretta nella preghiera e nell’opera il giorno in cui si “berrà allo stesso calice”. Ma è ancora nell’Eucaristia che sono radicate le speranze che nel modesto ambiente locale, come negli ampi schieramenti sociali, nazionali e continentali si realizzi la giustizia e si aprano gli spiriti al senso della fraternità… Senza la componente verticale data dall’unica paternità di Dio, non si concepisce la fraternità degli uomini; ma di quella paternità e di questa fraternità l’Eucaristia è segno e pegno efficace… Quando il mondo cristiano sarà unito intorno allo stesso “Pane spezzato” e allo stesso “Calice benedetto”, la forza dell’Eucaristia renderà profonda ed efficace la sua ansia di unione giusta e fraterna fra gli uomini.Questa ampia riserva di speranze radicata nell’Eucaristia Gesù sembra esprimere quando, per dare a noi una pallida immagine di quella misteriosa ricchezza che Dio prepara a chi l’ama – ricchezza, osserva Paolo (I Cor. 2,9), che occhio mai non vide, né orecchio intese, né cuore d’uomo presentì – parlò del Regno di Dio nella sua consumazione eterna, come d’un banchetto nuziale nella parabola delle Vergini (Mt. 8,11); e ancora come d’un banchetto che Lui stesso, cinte le vesti, servirà ai servi fedeli che lo hanno attesto vigilanti. Così nel cammino del Regno di Dio attraverso la storia (Lc 12,37) la tavola eucaristica appare nell’Evangelo come il segno visibile delle sperate cose; segno e pegno: “sacrum convivium… pignus futurae gloriae”. (Card. Giacomo Lercaro, Eucaristia e Speranza).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 18 Ottobre 2019ultima modifica: 2019-10-18T22:26:40+02:00da fraternidade
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