Giorno per giorno – 06 Settembre 2019

Carissimi,
“Gli scribi e i farisei dissero a Gesù: I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno orazioni; così pure i discepoli dei farisei; invece i tuoi mangiano e bevono! Gesù rispose: Potete far digiunare gli invitati a nozze, mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni in cui lo sposo sarà strappato da loro; allora, in quei giorni, digiuneranno” (Lc 5, 33-35). Chi è lo sposo di cui si parla qui e quando è che possiamo dire che viene strappato dalla compagnia dei suoi? Ce lo chiedevamo stasera nella chiesetta dell’Aparecida e la risposta è venuta pronta da Maria Ferreira: lo sposo è Gesù ed è con la sua crocifissione che sarà portato via. Certo, nell’immediato, l’evangelista si riferiva a questo. Ma, avrà un significato anche per noi, oggi, questa parola? Quando possiamo dire che Gesù è presente in mezzo a noi e quando invece che è stato cacciato, mandato lontano? Dona Nady suggerisce che lui è sempre presente nell’Eucaristia e anche questo è vero. Ma, di che cosa l’Eucaristia è segno per le nostre vite, per la vita della società e del mondo? Del dono di sé, della condivisione dei beni, del servizio gratuito. Se è così, possiamo dire che Gesù è presente quando prevalgono relazioni di generosità, di solidarietà, di accoglienza, di amore, persino per i nemici (perché è proprio questo che caratterizzza e distingue il cristianesimo), e che, di conseguenza, egli viene strappato da noi, ogni volta che l’intolleranza, la prepotenza, l’odio, la menzogna, la violenza hanno la meglio, anche e persino (Dio non voglia!) nella [contro]testimonianza di coloro che si dicono suoi. Quando questo accade (e accade, vero?), è allora, per Gesù, che è tempo di fare digiuno, ricordando che il digiuno che piace a Dio, non è tanto quello dal cibo o dalla bevanda, quanto piuttosto, secondo le parole del profeta, “sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo… dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, senza tetto, vestire uno che vedi nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne” (Is 58, 6-7). Pare proprio una parola diretta a noi. Oggi più che mai.

Oggi noi ricordiamo Charles Péguy, poeta di Dio.

Charles Péguy era nato il 7 gennaio 1873 a Orleans. Rimasto a pochi mesi orfano di padre, fu cresciuto dalla madre, impagliatrice di sedie, e dalla nonna e conobbe la vita dei poveri. Entrato a scuola, studiando sodo e cavandosela bene, riuscì a ottenere una serie di borse di studio che gli permisero di arrivare, nel 1894, all’universitá, dove fu allievo di Romain Rolland e del filosofo Henri Bergson, e dove maturò le sue convinzioni socialiste. Abbandonata l’universita, Péguy si dedicò per tre anni alla stesura del dramma Giovanna d’Arco, il fascino per la cui figura l’accompagnerà per tutta la vita. Nel 1897 sposò Charlotte Baudouin, sorella del suo miglior amico, Marcel, morto l’anno prima. Da lei avrà quattro figli. Nel 1898 a Parigi fondò con altri amici la “Libreria socialista Bellais”, ma l’esperienza non durò a lungo. Nel 1900 Péguy chiarì i caratteri della sua scelta socialista: “Noi siamo tra coloro cui non riesce per nulla di separare la rivoluzione sociale dalla rivoluzione morale, nel duplice senso che da un lato noi non crediamo che si possa realizzare profondamente, sinceramente, seriamente la rivoluzione morale dell’umanità senza operare l’intera trasformazione del suo ambiente sociale, e all’inverso noi crediamo che ogni rivoluzione esteriore sarebbe vana se non comportasse il dissodamento e il profondo rivolgimento delle coscienze”. Nello stesso anno fondò la rivista quindicinale Cahiers de la quinzaine, di taglio socialista e dreyfusista (dal nome di Alfred Dreyfus, un ufficiale francese ebreo che, accusato falsamente di tradimento, divise in quel tempo la Francia, e che Péguy difese accanitamente). Nel 1908, staccatosi dal socialismo ufficiale, ma non dai suoi ideali, confidò ad un amico di aver ritrovato la fede cattolica dei suoi primi anni. Per rispetto e amore della moglie che restava su posizioni agnostiche, non le propose di “regolarizzare” il matrimonio con il rito religioso, né di battezzare i figli. Convinto com’era che “Ci si deve salvare insieme. Non possiamo andare a Dio da soli. Lui ci chiederebbe subito: Gli altri dove sono?”. Negli anni successivi scrisse altri libri, a carattere religioso e mistico, che editorialmente si rivelarono un fallimento. Inviso agli antichi compagni, guardato con sospetto dai cattolici, Péguy, volta a volta pacificato e angosciato, continuò la sua personalissima battaglia, in cui convinzioni, vita, arte, teologia, diventano preghiera e dialogo con Lui. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, si arruolò nella fanteria, come tenente della riserva. Inviato al fronte, cadde colpito a morte, a Villeroy, il 5 settembre 1914, primo giorno della battaglia della Marna.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera ai Colossesi, cap.1, 15-20; Salmo 100; Vangelo di Luca, cap. 5, 33-39.

La preghiera del Venerdì è in comunione con la Umma islamica, che confessa l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

Bene, è tutto, anche per stasera. Noi ci si congeda qui, con una citazione di Charles Peguy, tratta dal suo “Il portico del mistero della seconda virtù”. Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Colui che ama cade, si mette in schiavitù, sotto un giogo di schiavitù. / Dipende da colui che ama. / Eppure è questa la situazione, bambina, in cui Dio s’è messo, amandoci. / Dio si è degnato di sperare in noi, poiché ha voluto sperare da noi, attendere da noi. / Situazione miserevole, (in) ricompensa di quale amore, / Pegno, riscatto di quale amore. / Singolare ricompensa. E che era nella condizione, nell’ordine stesso, nella natura di questo amore. / Egli s’è messo in questa singolare situazione, capovolta, in questa miserevole situazione così che è lui che attende da noi, dal più miserabile peccatore. / Che spera dal più miserabile peccatore. / Che così dipende dal più miserabile peccatore. / E noi. / Ecco dove s’è lasciato portare, dal suo grande amore, ecco dove s’è messo, dov’è stato messo, dove insomma s’è lasciato mettere. / Ecco a che punto è, dove è. / Dove noi dobbiamo essere, è lui che ci si è messo. / A questo punto, in questa condizione. / Che ha da temere, da sperare, infine da attendere dall’ultimo degli uomini. / Che è nelle mani dell’ultimo dei peccatori. / (Ma il corpo di Gesù, in ogni chiesa, non è forse nelle mani dell’ultimo dei peccatori. / Alla mercé dell’ultimo dei soldati?)/ (Charles Peguy, Il portico del mistero della seconda virtù).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 06 Settembre 2019ultima modifica: 2019-09-06T22:44:42+02:00da fraternidade
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