Giorno per giorno – 05 Settembre 2019

Carissimi,
“Quando ebbe finito di parlare, Gesù disse a Simone: Prendi il largo e calate le reti per la pesca. Simone rispose: Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti. E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano” (Lc 5, 4-6). Stamattina, nella cappella del Monastero, ci dicevamo che, oggi, potremmo leggere questo racconto come una parabola che precede e illustra la vocazione missionaria dei discepoli. Il brano evangelico si era aperto con Gesù che sale sulla barca di Simone (del quale il vangelo nulla aveva detto prima, salvo il fatto che la suocera gli era stata guarita da Gesù), immagine già di una comunità che si mette a disposizione perché il Maestro possa rivolgere il suo messaggio alla folla che si accalca a riva. Quando ebbe finito, Gesù invitò Simone a portarsi al largo, per calare le reti. “Chiesa in uscita” si direbbe oggi, che non si accontenta di trasmettere staticamente un insegnamento, ma che obbedisce coraggiosamente al comando del suo Signore di osare l’inosabile, senza temerne la novità e persino l’apparente insensatezza (idea espressa dalla pesca in pieno giorno), in vista di riscattare alla vita chi è perduto (cf v.10). Fin troppo facile vedere quanto questo debba guidare, ai giorni nostri, un po’ in ogni dove, l’attuazione della Chiesa, se vuole essere Chiesa di Cristo e non trasformarsi in semplice apparato burocratico di una religione civile, che amministra riti e sacramenti per anestetizzare le coscienze e aiutare a garantire l’ordine imposto dal Potere di turno. “Non temere, d’ora in poi riscatterai uomini alla vita” (letteralmente al v. 10). Così, e solo così, possono agire i cristiani.

Oggi è memoria di Madre Teresa di Calcutta, missionaria della carità, e di Maria di Campello, sorella universale.

Gonxha Agnes Bojaxhiu, la futura madre Teresa, nacque a Skopje, in Albania, il 26 agosto 1910, quinta figlia di Nikola e Drane Bojaxhiu. A diciotto anni entrò nella Congregazione religiosa di Nostra Signora di Loreto, in Irlanda. Nel 1946 ricevette una nuova chiamata da Dio a servire i più poveri tra i poveri: i “dimenticati”della società, gli esclusi, abbandonati nelle strade, che non son utili a nessuno e non servono a nulla – né per essere sfruttati come forza-lavoro, né per integrare le avanguardie di qualsivoglia rivoluzione. Lasciato il convento, iniziò, vestita semplicemente di un “sari” bianco, bordato d’azzurro, a contemplare, convivere e amare Gesù nel volto e nei corpi piagati della gente di strada di Calcutta. Presto, altre donne – tra cui molte sue ex-alunne – si unirono a lei. Nacquero così le Missionarie della Carità, che nel 1965, il papa Paolo VI autorizzò a lavorare anche in altri paesi. Furono aperti centri ovunque, per assistere malati di hanseniasi, anziani, ciechi, aidetici e per accogliere bambini poveri e abbandonati. Madre Teresa morì il 5 settembre 1997.

Nata a Torino, il 24 gennaio 1875, Valeria Paola Pignetti era entrata nel 1901 nella Congregazione delle Francescane Missionarie di Maria. Durante la prima guerra mondiale, nell’ospedale angloamericano di Roma, si occupò dell’assistenza ai feriti di guerra. E fu allora che maturò in lei la vocazione ad una vita più povera e più vicina ai poveri, come doveva essere la comunità cristiana delle origini. Ottenuto, nel 1919, il permesso di lasciare l’ordine, si stabilisce in Umbria. Con l’aiuto della prima compagna, Amata, di comunione anglicana, compra e ristruttura un vecchio conventino, a Campello sopra le fonti del Clitumno. Lì nel 1926, in cinque compagne danno vita ad una singolare esperienza di vita secondo l’Evangelo, basata sull’amore fraterno, sulla preghiera, il lavoro e l’accoglienza. In una vita pienamente conformata all’esistenza povera dei loro vicini. Un aspetto la caratterizza particolarmente, quello che oggi chiameremmo un ecumenismo senza confini e un’attenzione e preoccupazione costanti per la storia comune degli uomini. Conobbe e dialogò con testimoni di spicco della radicalità evangelica e della vicenda spirituale del suo tempo. Persone come p. Turoldo e p. Vannucci, don Mazzolari, Donini, Sabatier, Heiler, Gandhi e Schweitzer. Non godette per questo, a lungo, delle simpatie della gerarchia ecclesiastica. Senza troppo crucciarsene, per altro, immersa com’era dentro la grande comunione che raggiunge tutti, anche coloro che ti si vogliono nemici. Sorella Maria morì il 5 settembre 1961. Un giorno, scrivendo a Gandhi, aveva detto di sé: “Io sono creatura selvatica e libera in Cristo, e voglio con Lui, con te, con voi, con ogni fratello cercatore di Dio, camminare per i sentieri della verità”. Dell’antica comunità, dopo la scomparsa di Brigitte, il 26 novembre 2006, resta Daniela Maria, come testimone di quella bella avventura dello Spirito. A lei si sono aggiunte negli ultimi anni altre tre sorelle, Monica, Lucia e Danielina.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera ai Colossesi, cap.1, 9-14; Salmo 98; Vangelo di Luca, cap.5, 1-11.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

Con il giuramento del nuovo governo Conte, che sembra intenzionato a lasciarsi alle spalle la politica (che pare del resto un fenomeno globale) della vanità, della vergogna e della volgarità (già sdoganata, per altro, sia pure con intensità diversa non proprio da ieri), sembra aprirsi una nuova timida stagione, che sogneremmo preludesse a simili svolte in altri Paesi, compreso il nostro, che, con il governo Bolsonaro, vive una mortificante e mortifera stagione per ciò che riguarda diritti conquistati e la vita fragile della nostra democrazia. Per questo, da dodicimila chilometri di distanza, auguriamo al vostro nuovo governo di operare in vista del bene comune, in spirito di unità e con un supplemento di umanità, pur consapevoli della difficoltà del momento e della presumibilmente velenosa opposizione che l’accompagnerà. “Che tutti abbiano vita e l’abbiano in abbondanza”.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una citazione di Maria dell’Eremo di Campello, tratta dalla raccolta “Sorella Maria parla”, pubblicata a cura dell’Eremo. Ed è questo, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Penso che il Cristianesimo è una dottrina d’innamoramento. I cristiani sono persone che hanno trovato qualcosa e qualcuno. Non siamo dei condanati alla virtù, ma siamo felici di essere nella Casa del Padre. Se, per ipotesi assurda, nell’ora estrema, ci fosse rivelato che la vita finisce e Dio non esiste, San Francesco non si pentirebbe di essere vissuto come è vissuto. La vita futura deve essere preparata, sarà la continuazione di quella che abbiamo amato. Penso che il Cristianesimo non sia la vita futura ma la conoscenza di questa vita. (Sorella Maria parla).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 05 Settembre 2019ultima modifica: 2019-09-05T22:43:29+02:00da fraternidade
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