Giorno per giorno – 07 Luglio 2019

Carissimi,
“Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Quando entrerete in una città, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio” (Lc 10, 3-5. 8-9). Sono le istruzioni che Gesù dà ai suoi discepoli, inviandoli in missione. Dove si registra congruenza tra mezzi e fini, chiari ed espliciti quelli e questi. E se è vero che i discepoli rappresentano l’annuncio e la testimonianza di un’alternativa possibile all’organizzazione della società così come la conosciamo, basata sulla competizione (e quando necessario la guerra), il dominio di alcuni sui più, l’oppressione e lo sfruttamento delle maggioranze, l’emarginazione di quanti non servono a questi fini, è vero che dovranno vivere in prima persona, nelle loro relazioni, nella maniera di comportarsi con quanti sono estranei ai loro circoli, nelle priorità che li caratterizzeranno, ciò che il Maestro (ben più di un semplice maestro, ma la stessa verità di Dio, il più vero e profondo dna dell’uomo) ha indicato loro. Discepoli per i quali, pur assumendo quasi inevitabilmente la forma della religione, con la formulazione di dogmi, precetti e rituali, lo faranno sempre e solo come rinvio ad un agire “laico” nel mondo, in cui sia testimoniata la pace, la cura di ogni male, la fine di ogni violenza e di ogni dominio dell’uomo sull’uomo. Nel servizio reciproco e nel dono incondizionato di sé per la vita di tutti. Mancando questo, saremo magari devoti di una qualche divinità, che però non ha nulla a che vedere con il regno di Dio, incarnato da Gesù.

I testi che la liturgia di questa 14ª Domenica del Tempo Comune sono tratti da:
Profezia di Isaia, cap.66, 10-14c; Salmo 66; Lettera ai Galati, cap.6, 14-18; Vangelo di Luca, cap.10, 1-12. 17-20.

La preghiera della domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

Oggi facciamo memoria del patriarca Atenagora, profeta di ecumenismo.

Aristokles Pyrou (questo il suo nome all’anagrafe) nacque il 25 marzo 1886, a Tsaraplana (Grecia). Metropolita di Corfú e successivamente arcivescovo della comunità greco-ortodossa di New York, fu eletto nel 1949 patriarca ecumenico di Costantinopoli, diventando presto una figura di primo piano nello sviluppo della Chiesa ortodossa e del movimento ecumenico. Sognava una Chiesa evangelica, in cui le diverse confessioni potessero incontrarsi come Chiese sorelle, sulla base della comune fede apostolica, nella fedeltà alla tradizione dei Padri e all’ispirazione dello Spirito. Nella sua visione, il primato romano doveva essere una presidenza nell’amore, non sulla Chiesa, ma nel cuore della sua comunione e al suo servizio. Del cristianesimo sottolineò non l’aspetto normativo, ma l’ispirazione creatrice, la fraternità tra gli individui, il miracolo delle creature vive, l’umile illuminazione del quotidiano, attraverso la “presenza nell’assenza” dello Sconosciuto che divenne il nostro Amico segreto. Cercò anche di aprire il dialogo con l’Islam. Morì incompreso e isolato dagli ambienti moderati e fondamentalisti della sua stessa Chiesa, il 7 luglio del 1972. Aveva detto un giorno: “La Chiesa deve partorire uomini liberi, capaci d’inventare liberamente la loro vita alla luce dello Spirito Santo”.

E anche, per stasera, è tutto. Noi ci si congeda qui, offrendovi una citazione del Patriarca Atenagora, tratta dal libro “Atenagora, Chiesa ortodossa e futuro ecumenico. Dialoghi con Olivier Clément” (Morcelliana). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Il cristianesimo è la vita in Cristo. E il Cristo non si ferma mai alla negazione, al rifiuto. Siamo noi che abbiamo caricato l’uomo di tanti fardelli! Gesù non dice mai: “Non farai. Non si deve fare”. Il cristianesimo non è fatto di proibizioni: è vita, fuoco, creazione, illuminazione. Il cuore può cambiare nella fiducia. Allora, poco per volta, la vita del Risorto affluisce in noi. Ricordatevi: Gesù è invitato da un fariseo (cf Lc 7,36-50). Entra una cortigiana portando un vaso di alabastro colmo di unguento. Si getta ai piedi di Gesù, li bagna di lacrime, poi li asciuga coi suoi capelli, li abbraccia e li unge di nardo. Il fariseo pensa che se Gesù fosse davvero un profeta saprebbe che quella donna è una peccatrice. E Gesù gli racconta la storia di due debitori: l’uno doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Il creditore rimette ad entrambi i loro debiti. “Quale dei due, domanda Gesù, lo amerà di più?”. E il fariseo non può che rispondere: “Quello a cui più è stato condonato”. Allora Gesù gli enumera tutte le prove d’amore che quella donna gli ha dato – lacrime, capelli, baci e profumo. E conclude: “Perciò ti dico che le sono perdonati molti peccati, perché ha molto amato”. Perché lei ha molto amato. Perché Lui ha molto amato. Tutto il cristianesimo è qui. E la donna adultera… (cf Gv 8,1-11). Gesù scriveva sulla sabbia. Nessuno osò gettare la pietra. “Va’ e non peccare più”. Chi scopre di essere molto amato, comincia a uscire dalla sua cattiva solitudine, dall’isolamento. Cessa di odiare se stesso. Qualcuno lo accetta. Ha un amico segreto. Entra nell’irradiamento della risurrezione, e poco a poco la sua vita si edifica nell’umiltà e nella fiducia, non a colpi di interdizioni, che modificano solo in superficie senz’altro risultato che di far passare il male da un piano a un altro, ma partendo dal cuore, partendo dal centro… Il pentimento, la metánoia, sta appunto in questo rivolgimento a partire dal centro, in questo cuore rivolto verso il niente che d’un tratto, in un grido di fede, si volge a Dio. (Atenagora, Chiesa ortodossa e futuro ecumenico. Dialoghi con Olivier Clément).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 07 Luglio 2019ultima modifica: 2019-07-07T21:39:03+02:00da fraternidade
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