Giorno per giorno – 23 Maggio 2019

Carissimi,
“Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15, 9-11). Se, prima di conoscere il Vangelo, potevamo ignorare o nutrire dubbi sulla paternità di Dio e sul suo amore, dopo aver incontrato Gesù, questo non è più possibile. Dato che essenzialmente in questo consiste il suo messaggio. Ma se così è, c’è da dubitare che molti tra i cristiani di oggi e di ogni tempo, ne abbiano davvero fatto l’esperienza. Dato che, in questo caso, noi dovremmo poter ripetere con Gesù: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi”. E noi sappiamo quanto questo sia lontano dalla realtà che viviamo. E questo spiega anche la tristezza, o, nel migliore dei casi, la falsa allegria che caratterizza i nostri giorni. Alla vigilia della sua morte, Gesù rivela ai suoi il segreto della felicità. Che consiste nel radicarsi nell’amore che dal Padre si comunica a noi nel Figlio. E che noi siamo chiamati a riversare negli altri. Certo, pienamente consapevoli della difficoltà, al limite dell’impossibilità, che incontriamo, in tempi che diffondono più che mai intolleranza, odio e violenza. Veicolati spesso anche da chi ha la pretesa di dirsi cristiano. E sperimentati, purtroppo, anche nel vissuto delle nostre relazioni quotidiane. In casa e fuori casa. Che lo Spirito, di cui ci prepariamo a celebrare il dono, operi in noi, con la sua azione, ciò di cui siamo ancora incapaci!

Il calendario ci porta oggi la memoria di Girolamo Savonarola, riformatore della Chiesa.

Girolamo Savonarola era nato a Ferrara il 21 settembre 1452 da Niccolò e da Elena Bonaccorsi. Nel 1474, lasciata la città, piuttosto disgustato da come andavano le cose del mondo e della chiesa, si recò a Bologna e chiese di entrare tra i domenicani. Cominciò in quegli anni a scrivere il “De ruina ecclesiae”, in cui trattava apertamente lo stato di decadenza del clero e la necessità di una sua rigenerazione. Negli anni seguenti, Savonarola viaggiò, predicando, tra Firenze, Bologna, Ferrara, Genova e Brescia, fino a quando nel 1491 fu designato priore del Convento di san Marco a Firenze. Senza timore di andar controcorrente, riprese e approfondì le sue tematiche di sempre, denunciando la corruzione degli ambienti ecclesiastici dell’epoca e il paganesimo della corte pontificia, chiamando i suoi concittadini e la Chiesa tutta ad uno stile di vita più austero, che si distanziasse dall’esasperato edonismo, dai lussi e dagli sprechi, che caratterizzavano le classi più ricche. Con la fondazione della repubblica fiorentina, appoggiò una riforma della Costituzione in senso “demo-teocratico”, che vide l’abolizione del lusso e dell’usura, la creazione di un Monte di Pietà, per prestiti a basso interesse, l’introduzione di un’imposta sulle proprietà fondiarie, l’istituzione di un Consiglio Maggiore, con ampi poteri sul piano legislativo, giudiziario ed esecutivo. Entrato in conflitto col papa Alessandro VI, a cui il Savonarola rimproverava i costumi corrotti, fu diffidato, nel 1495, dal continuare la sua predicazione e dichiarato eretico. Gli antichi e nuovi avversari politici, al servizio dell’oligarchia o comunque insofferenti del suo rigorismo morale, giocando anche su taluni eccessi del “nuovo corso politico”, riuscirono a seminare il malcontento tra i Fiorentini che erano stati minacciati dal Papa di interdetto. Nel 1498 una folla di facinorosi diede l’assalto al convento di S. Marco. Savonarola venne catturato ed in seguito torturato e sottoposto a ben tre processi, con l’accusa di eresia ed impostura, alla presenza degli inviati papali. Il tutto si concluse con la condanna sua e di altri due confratelli, frate Domenico e frate Silvestro, ad essere impiccati ad una croce e bruciati: tale sentenza fu eseguita il 23 maggio di quello stesso anno nella Piazza della Signoria e le loro ceneri vennero sparse nell’Arno.

I testi che la liturgia odierna propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.15, 7-21; Salmo 96; Vangelo di Giovanni, cap.15, 9-11.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

È tutto, per stasera. E dato che il Vangelo di oggi menzionava il Padre, scegliamo di congedarci con una preghiera che Girolamo Savonarola rivolge al Padre, riflettendo sul Pater noster, nel suo libro con questo stesso titolo. Che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Chiamo Padre te, Dio mio, che solo sei beato e potente, Re dei re, e Signore dei dominanti: che solo hai immortalità ed abiti luce inaccessibile, che nessuno degli uomini vide, né può vedere, perché creasti tutte le cose visibili e invisibili, non perché tu abbia bisogno di loro, ma per comunicare ad esse la tua bontà: perché tu sei in te stesso e per te stesso perfettamente beato; e la tua beatitudine non può né accrescersi né sminuire, per mezzo delle cose estrinseche. Tu, Padre, puoi tutte le cose, perché le facesti tutte dal nulla, e tutte sarebbero annientate, se la tua mano tutte non le sostenesse. Tu però sei sapiente a tal segno che nessuna creatura è invisibile al tuo cospetto: perché tutte le cose son nude ed aperte agli occhi tuoi: ed essendo il Buono diffusivo di se stesso, tu poi sei tanto Buono, che per la grandezza della tua bontà, tutto in te esistendo, in certo modo esci fuori di te, diffuso per tutte le cose, alla provvidenza di esse tutte molto estese, tutto in tutto l’universo e tutto in ciascuna parte. Tu, gran Dio, che superi la nostra scienza, e non v’è altro Dio che te, Signore, Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo. Tre persone invero, non tre essenze, non tre Signori, non tre Dei, ma un solo Signore, un solo Dio, una sola Essenza, una sola Maestà. O Signore Dio, che cosa, dunque, io sono, che fui creato dal nulla? Polvere e cenere; perché non posso fare un solo capello bianco; perché, come morto, vivo nelle tenebre dell’ignoranza, pieno di peccati, che si moltiplicarono più dei capelli del mio capo. Che cosa sono, dico, Signore Dio, io vermicello e sterco, in faccia a te, che fai cose grandi e mirabili, ed inscrutabili, senza numero? Che cosa sono io, da ardire di chiamare te Padre, e me tuo figlio? Certamente non l’oserei, se tu non lo comandassi. O amatore degli uomini, quanto grande è la tua bontà, che tu voglia essere chiamato Padre degli uomini peccatori! Oh quanto buon Padre, che fa nascere il suo sole sopra i buoni ed i cattivi, e piove sopra i giusti e gli ingiusti! Tu ci hai tanto amato da dare il tuo Figlio unigenito, affinché ognuno che crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna. Perdonami, o Signore Dio, se oso chiamarti mio Padre, perché non lo faccio per temerità, ma per la tua massima bontà. Certamente con gran fiducia a te ci accostiamo, a te che ci comandi di chiamarti Padre. (Girolamo Savonarola, Il Pater Noster).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 23 Maggio 2019ultima modifica: 2019-05-23T22:05:01+02:00da fraternidade
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