Giorno per giorno – 27 Aprile 2019

Carissimi,
“Alla fine Gesù apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato. Gesù disse loro: Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura” (Mc 16 14-15). L’aggiunta finale al Vangelo di Marco (Mc 16,9-20) riassume puntigliosamente la resistenza manifestata dai suoi seguaci nelle diverse occasioni a credere alla risurrezione. E si chiude con l’ultima apparizione agli undici, durante la quale Gesù, pur rimproverandoli per la loro incredulità, affida, nondimeno, a loro la missione di annunciare il vangelo, la buona notizia che egli è per tutti, a partire, come si deduce dall’insieme della sua vicenda, dagli ultimi e più poveri (per assicurarsi che nessuno ne resti escluso). Si tratta di un rimprovero e una missione, rivolti agli undici, ma anche, attraverso loro, a noi, che così spesso manifestiamo una uguale o anche maggiore durezza di cuore. Non tanto a credere astrattamente alla risurrezione del Signore, confessata magari distrattamente nelle nostre professioni di fede, quanto a metterne in moto quei segni, che testimonino nel nostro agire la presenza di quel Cristo, da cui ci sentiamo, invece, desolatamente lontani. Possa questa Pasqua rappresentare una svolta decisiva nella nostra esistenza. Con la sua grazia.

I testi che la liturgia di questo Settimo Giorno di Pasqua propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap. 4, 13-21; Salmo 118; Vangelo di Marco, cap.16, 9-15.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Oggi il calendario ci porta le memoria di Mechitar, monaco e testimone di dialogo, e di Rodolfo Escamilla, presbitero e martire per la giustizia in Messico.

Pietro Manuk (questo il suo nome di battesimo) era nato a Sebaste, in Armenia, il 7 febbraio 1676. Nel 1691 era entrato nel monastero di Surp Nshan, assumendo il nome di Mechitar (= Consolatore). Fu ordinato sacerdote, a soli venti anni, in un’epoca in cui l’Armenia era attraversata da divisioni e controversie religiose, retaggio del millennio precedente. Crebbe allora in lui l’idea di dar vita a un centro monastico, i cui membri, radicati nella preghiera e nello studio delle Scritture e della tradizione, si disponessero a vivere i valori del dialogo e della mansuetudine evangelica. Il suo sogno si concretizzò in pochi anni, tanto che nel 1700 fondò la Congregazione che, alla sua morte, sarà chiamata Mechitarista. L’ostilità del patriarcato al dialogo con Roma, costrinse presto Mechitar a trasferirsi con i suoi compagni a Modone, sotto dominio veneziano, dove edificò un monastero. Nel 1705 presentò un’istanza al papa Clemente XI, volta ad ottenere il riconoscimento della nuova famiglia religiosa come Ordine monastico armeno riformato di S. Antonio Abate. Nel 1715, l’avanzata ottomana nella Morea, spinse i monaci a trasferirsi a Venezia, dove, due anni più tardi, fu assegnata loro l’isola di San Lazzaro. Lì cominciarono subito a lavorare alacremente alla ristrutturazione della chiesa e degli altri edifici esistenti, dedicandosi nel contempo alla traduzione, redazione e pubblicazione di testi spirituali. Mechitar morì il 27 aprile 1749 e fu sepolto nel presbiterio di San Lazzaro.

Prete messicano, Rodolfo Escamilla, era nato nel 1920. Semplice, di carattere allegro ed estroverso, era, secondo le parole del Martirologio Latinoamericano, “un pellegrino della geografia del suo paese, che percorreva in lungo e in largo, alla ricerca di fratelli oppressi, silenziati, miserabili, per far sì che prendessero coscienza dei loro diritti”. Nel 1947, a Tialpujahua, nel Michoacán, organizzò i minatori perché continuassero a sfruttare in proprio la miniera chiusa dalla Compagnia. Nel 1952 fondò la Gioventù Operaia Cattolica (JOC) che si diffuse presto in tutto il paese e da cui nacque in seguito la Gioventù Agraria Cristiana (JAC), con la stessa mistica e la stessa metodologia. Fondò scuole di abilitazione operaia, cooperative di consumo, di produzione e di abitazione e promosse la formazione di sindacati. Ma soprattutto ridestò tante coscienze assopite, tanto tra i suoi compagni presbiteri, come tra i poveri, che servì anche attraverso il suo ministero nella diocesi di Michoacán. Venne assassinato il 27 aprile 1977 a colpi d’arma da fuoco nell’ufficio del Segretariato Sociale Messicano, di cui era membro da 15 anni. Durante i suoi funerali, uno dei celebranti si espresse così: “Padre Rodolfo Escamilla, assassinato per la sua dedizione al popolo, risorge ogni volta che il popolo avanza verso la sua liberazione; risorge nel prete che si impegna, nell’operaio che eleva la sua coscienza, nei contadini che si uniscono per rendere più fertile la terra per cui lottarono”.

È tutto, anche per stasera. E, per congedarci, vi offriamo in lettura un altro testo pasquale. In questo caso, del teologo Karl Rahner. Lo troviamo in rete sotto il titolo di “Credo nella risurrezione” ed è, cosí, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
L’uomo dà volentieri delle mezze risposte. Si rifugia volentieri là dove non bisogna decidere inequivocabilmente. Ciò è spiegabile: noi siamo ancora in cammino, ossia in una condizione in cui tutto – senso e non senso, morte e vita – è ancora mescolato, tutto è incompleto ed a metà. Ma le cose non possono rimanere così. Procedono. E la meta non può essere altro che la chiarezza cristallina. Per questo la realtà ci costringe, volenti o nolenti, a una risposta inequivocabile, che diamo con la nostra vita. Per questo ci viene domandato: Morte o vita? Senso o non senso? Ci viene domandato: ideali nebulosi e non impegnativi o realtà effettive? Se mediante la fede e l’azione ci decidiamo chiaramente per il senso e per la vita, e precisamente come una realtà, se la vita e la morte come semplici ideali ci sembrano troppo poco, se affermiamo integralmente e non a metà, in una misura e ampiezza illimitata, la vita e il senso come una realtà, allora abbiamo detto (lo sappiamo o no) Pasqua. E poiché noi cristiani lo sappiamo, poiché la realtà della Pasqua non è solo l’essenza segreta posta sul fondo della nostra esistenza, bensì la verità e la realtà espressamente conosciuta e chiamata per nome della nostra fede, diciamo con la festa di Pasqua – inglobando tutta la storia della natura e dell’umanità in una celebrazione che nel culto ha la stessa realtà celebrata e pronunciando l’ultima parola su tutto quel che vi è incluso – : Io credo la risurrezione della carne e la vita eterna. Credo che l’inizio della gloria di tutte le cose è già in corso tra di noi, che noi (apparentemente tanto smarriti ed erranti, impegnati nella ricerca e lontani) siamo già avvolti dalla beatitudine infinita. Infatti la fine è già cominciata. Ed essa è gloria. (Karl Rahner, Credo nella risurrezione).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 27 Aprile 2019ultima modifica: 2019-04-27T22:50:31+02:00da fraternidade
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