Giorno per giorno – 12 Gennaio 2019

Carissimi,
“Voi stessi mi siete testimoni che ho detto: Non sono io il Cristo, ma io sono stato mandato innanzi a lui. Chi possiede la sposa è lo sposo; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere e io invece diminuire” (Gv 3, 28-20). Stamattina, ci chiedevamo: che tipo di comunità siamo? Quella che si dice una comunità autoreferenziale, che ha in sé l’origine, le motivazioni e le finalità del nostro agire, o una comunità aperta, che si riconosce originata da altro, nel caso nostro, da una chiamata dell’Altro, mossa non da motivazioni egoistiche, quale potrebbe essere la ricerca di una qualche forma di benessere fisico, psicologico, spirituale, ma dalla necessità di comunicare la verità di un incontro, che ha il suo fuoco nel testimoniare fattivamente, nel dono di sé, la salvezza-liberazione nostra e degli altri, a partire dagli ultimi? Giovanni nella risposta data ai suoi discepoli in riferimento a Cristo, ci ricorda questo nostro essere semplici amici dello Sposo, le cui nozze con l’umanità (l’accadimento del Regno, in cui c’è vita e vita piena per tutti) devono costituire la finalità a cui ogni altra cosa – legge, rito, sacramento, tempio, come, a maggior ragione, il soddisfacimento del nostro io – è volta e piegata, ragione unica della nostra gioia. Il che sembrerebbe insuperabilmente fuori della nostra portata. Ma c’è la sua grazia.

Oggi è memoria di Aelredo di Rievaulx, monaco e mistico dell’amicizia; di Mev Puleo, testimone di solidarietà; e di Zilda Arns Neumann, messaggera di pace e di bene.

Nato a Hexham, in Inghilterra, nel 1109, Aelredo passò la sua giovinezza alla corte del re David I di Scozia, ma nel 1135 decise di lasciare ogni cosa per entrare nel monastero cistercense di Rievaulx, nello Yorkshire, di cui era abate Guglielmo, discepolo di s. Bernardo. Con l’appoggio di un amico e confratello di nome Simone (morto nel 1142 in fama di santità) compì presto grandi progressi nella vita religiosa. Questo lo portò a capire come l’amicizia, rispettosa della sacralità e del mistero dell’altro, senza strumentalizzazioni, né tanto meno complicità, quando si lasci modellare da un comune sentimento e desiderio di bene, è di grande aiuto nel cammino dell’unificazione/adesione del cuore alla volontà di Dio. A partire da questa esperienza compose un piccolo trattato, dal titolo, appunto, “De Spirituali Amicitia”. Benché ripetutamente gli fosse chiesto di accettare la nomina a vescovo, sempre rifiutò per amore alla vita religiosa. Dovette però accettare l’elezione ad abate nel 1143. La sua fama di predicatore e scrittore si sparse ben presto in tutto il paese. Questo, ma più ancora, la sua personale santità, contribuì ad attrarre numerose vocazioni al monastero di Rievaulx, che arrivò a contare oltre seicento monaci. Indebolito dalle malattie, che lo afflissero negli ultimi anni di vita, morì il 12 gennaio 1167.

Mev Puleo era nata a St. Louis (Missouri) nel 1963. La sua conversione all’Evangelo della solidarietà risaliva ad un viaggio in Brasile, quando, quattordicenne, a Rio de Janeiro, scoprì l’abisso che divide le due realtà di questo paese. E si chiese: “Cosa significa essere cristiani – seguaci della via di Gesù – in un mondo di contraddizioni e di conflitti? Cosa significa essere al seguito di Gesù, quando io osservo il mondo della miseria da un pulman di lusso?”. Mev scoprì presto il suo talento per la fotografia e se ne servì per documentare, con l’occhio, l’amore e la passione di una contemplativa, la vita, le lotte, l’umanità dei poveri. Nel 1992 sposò Mark Chmiel, come lei studente di teologia. E fu un matrimonio d’amore, pieno di gioia, di speranza e di promesse. Nello stesso anno, si recò, con una delegazione in difesa dei Diritti umani, ad Haiti, subito dopo il colpo di stato contro Jean Bertrand Aristide; l’anno successivo andò in El Salvador, e, nel 1994, in Chiapas, in coincidenza con la sollevazione zapatista. Al ritorno in patria, le fu diagnosticato un tumore al cervello e le diedero sei mesi di vita. Si buttò, allora, a capofitto nel lavoro. Disse: “Quando ero ragazzina, un pensiero si impossessò di me: Gesù non è morto per salvarci dalla sofferenza, è morto per insegnarci come soffrire… Adesso lo posso capire per davvero! E, tutto sommato, preferisco morire giovane, avendo vissuto una vita piena di significato, che morire vecchia dopo una vita, con tutti gli agi possibili, ma senza senso”. Morì, a St. Louis, il 12 gennaio del 1996.

Zilda Arns era nata il 25 Agosto 1934, dodicesima dei tredici figli di Helene Steiner e Gabriel Arns, a Forquilhinha (Santa Catarina, Brasile). Tre delle sue sorelle sarebbero divenute religiose, due fratelli francescani, di cui uno, Paolo Evaristo Arns, arcivescovo di São Paulo, cardinale, fu, all’epoca della dittatura, coraggioso difensore dei diritti umani in questo Paese. Sposata ad Aloísio Bruno Neumann (1931-1978), Zilda fu madre di sei figli. Laureata in medicina, con specializzazzione in pediatria e salute pubblica, nel 1983, vedova da cinque anni, fondò la Pastorale dell’Infanzia, su suggerimento del fratello dom Paulo e dell’allora direttore esecutivo dell’Unicef, James Grant, con l’intento di salvare il maggior numero possibile di bambini dalla mortalità infantile, dalla denutrizione e dalla violenza. Convinta dell’importanza dell’educazione nella lotta alle malattie di facile prevenzione e alla precoce emarginazione dei bambini, sviluppò una metodologia della moltiplicazione della conoscenza e della solidarietà tra le famiglie più povere, basandosi sul racconto biblico della moltiplicazione dei pani (cf Mc 6, 35-44). Si trattava di “organizzare le persone in piccole comunità; identificare coordinatori, famiglie con donne incinte e bambini minori di sei anni. I coordinatori disponibili a lavorare volontariamente in questa missione di salvare vite, sarebbero stati resi capaci, nello spirito di fede e vita, e preparati tecnicamente e scientificamente a promuovere progetti per la salute, alimentazione e civilizzazione. Sarebbero stati accompagnati nel loro lavoro perché non si scoraggiassero. La loro missione è condividere con le famiglie la solidarietà fraterna, l’amore e quali attenzioni avere con le donne in attesa e verso i bambini, perché siano in buona salute e felici”. In Brasile, la Pastoral da Criança è oggi applicata in circa 40 mila comunità di 7.000 parrocchie di oltre 272 diocesi. Si è venuta in seguito diffondendo in altri 20 paesi di America Latina, Caraibi, Africa e Asia. Nel 2004, Zilda ricevette dalla Conferenza dei Vescovi brasiliani l’incarico di organizzare anche la Pastorale della Persona Anziana che, contando su 14 mila volontari, accompagna oggi 130 mila anziani in 579 municipi di 141 diocesi in 25 Stati brasiliani. L’11 Gennaio 2010, Zilda Arns si recò in Haiti su invito della Conferenza Nazionale dei Religiosi del Caribe, per illustrare i programmi della Pastoral da Criança. Il giorno 12, al termine di una conferenza tenuta in una chiesa di Port-au-Prince, moriva sotto le macerie del terribile terremoto che sarebbe costato al Paese 250 mila morti.

I testi che la liturgia odierna propone oggi alla nostra attenzione sono tratti da:
1ª Lettera di Giovanni, cap.5, 14-21; Salmo 149; Vangelo di Giovanni, cap.3, 22-30.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Bene, è tutto, per stasera. E noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano tratto da “L’amicizia spirituale” di Aelredo di Rievaulx, che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Non pretendo di riuscire a darti una spiegazione che sia all’altezza di un bene così grande: nelle cose umane, infatti, non possiamo desiderare niente di più santo e di più utile; niente è più difficile da trovare, niente si può sperimentare di più dolce e niente è più ricco di frutti. L’amicizia, infatti, porta i suoi frutti nella vita presente e in quella futura. L’amicizia dà gusto, con la sua soavità, a tutte le virtù, con la sua forza seppellisce i vizi, addolcisce le avversità, modera la prosperità, così che senza un vero amico quasi niente tra le cose umane può essere fonte di gioia. Un uomo senza amici è come una bestia, perché non ha chi si rallegri con lui quando le cose gli vanno bene; non ha chi condivida la sua tristezza nei momenti di dolore; gli manca uno con cui sfogarsi quando la mente è angustiata per qualche preoccupazione, o qualcuno cui poter comunicare qualche intuizione geniale o più luminosa del solito. Guai a chi è solo, perché se cade non ha chi lo sollevi. Colui che è senza amici vive nella solitudine più totale. E invece, quale felicità, quale sicurezza, quale gioia avere uno “con cui tu abbia la libertà di parlare come a te stesso”, uno cui poter confidare senza timore i tuoi sbagli, uno al quale poter rivelare senza arrossire i tuoi progressi nella vita spirituale, uno cui affidare tutti i segreti e tutti i progetti del tuo cuore! Cosa può esserci di più gioioso dell’unione di un animo con un altro, di due che diventano uno al punto che sparisce la paura della prepotenza, o il timore indotto dal sospetto, e la correzione di uno non fa soffrire l’altro, né la lode può essere presa come adulazione? Un amico, dice il Sapiente, è una medicina per la vita. (Aelredo di Rievaulx, L’amicizia spirituale).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 12 Gennaio 2019ultima modifica: 2019-01-12T22:31:44+01:00da fraternidade
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