Giorno per giorno – 16 Dicembre 2018

Carissimi,
“Le folle interrogavano Giovanni: Che cosa dobbiamo fare? Rispondeva: Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto” (Lc 3, 10-11). Vennero poi anche altre categorie di persone a chiedergli il da farsi. Il vangelo menziona pubblicani e soldati. Non cita invece i farisei che, ritendosi gusti, non ritevenano di aver qualcosa di diverso da fare rispetto a ciò che già facevano, e, d’altro lato, neppure quanti si ritenevano a proprio agio facendo ciò che non era giusto. Che, poi, è quanto succede anche oggi. Stamattina, Fernando che presiedeva l’assemblea liturgica asssieme a dona Ana e a dona Maria Rita, aveva sottolineato proprio questo aspetto del “che fare”, perché lui, Gesù, possa venire, irrompere nelle nostre vite, per battezzarci nello Spirito e aiutarci a trasformare noi stessi, le nostre comunità, il mondo che ci circonda. Sapendo in anticipo che egli non verrà, se non ci impegneremo preliminarmete a operare e vivere sotto il segno della solidarietà e della giustizia, che aprono all’amore. Sarebbe un appuntamento mancato, un avvento fallito. A cui non rimedierebbero il presepe, le nenie natalizie, la messa di mezzanotte e, meno che meno, gli alberi, i doni e le abbuffate di rito. Lui sarà già passato oltre, in cerca di meglio.

I testi che la liturgia ci propone in questa 3ª Domenica d’Avvento sono tratti da:
Profezia di Sofonia, cap.3, 14-18, Salmo (Is 12, 2-6); Lettera ai Filippesi, cap.4, 4-7; Vangelo di Luca, cap. 3, 10-18.

La preghiera della domenica è in comunione con tutte le Chiese e comunità cristiane ed è volta ad ottenere il dono dell’unità, nella piena valorizzazione delle differenze.

Il nostro calendario, benché la ricorrenza cadesse in realtà ieri, ci porta oggi la memoria di Rabbi Dov Bär di Mètzeritch, mistico ebreo, e di Isaac de Castro Tartas e compagni, martiri ebrei dell’Inquisizione.

Dov Bär nacque a Lukatch, in Volinia (Ucraina), nel 1704. All’età di cinque anni, vedendo la madre disperarsi davanti all’incendio della casa, le chiese: “Mamma, è giusto che tu soffra così per la perdita di una casa?”. Lei gli rispose: “Non è per la perdita della casa, ma perché è stato distrutto un documento che provava la nostra discendenza da Rabbi Yochanan HaSandlar, che era un discendente diretto del re David” . “Se è per questo – replicò il bambino – con l’aiuto di Dio, darò io origine per voi ad una nuova dinastia”. Completati gli studi, Dov Bär si sposò ancor giovane, guadagnandosi da vivere come maestro in un piccolo villaggio e dedicandosi sempre più allo studio della Torah e dei misteri della Kabbalah. Come molti altri maestri dei chassidim, inizialmente combattè il movimento chassidico, ma a partire dal momento in cui, gravemente malato, accettò il suggerimento di recarsi dal famoso Baal Shem Tov, che aveva fama di guaritore, ne divenna il più acceso sostenitore, fino ad assumere, alla morte di quest’ultimo, la successione alla sua guida. Stabilitosi a Metzeritch, fece di questa città il nuovo centro del Chassidismo. Da allora fu chiamato il Magghid (predicatore) di Metzeritch. Sotto la sua guida, il movimento si diffuse rapidamente, nonostante i numerosi avversari. I suoi discepoli si diedero a percorrere l’intera regione, recando a tutti il messaggio di speranza, consolazione, fede e soprattutto di gioia nel servizio di Dio e nel compimento dei precetti. Rabbi Dov Bär morì ad Hanipol il 19 di Kislev 5532 (15 dicembre 1772).

Isaac de Castro Tartas era nato nel 1626 nel sud della Francia, dove i genitori, portoghesi, si erano rifugiati. Trasferitosi ad Amsterdam, a sedici anni decise di partire con uno zio materno per il Brasile, allo scopo di convincere gli ebrei costretti a battezzarsi a far ritorno alla Legge mosaica. Giunse a Recife con un bagaglio culturale di tutto rispetto, versato in latino, ebraico, portoghese, spagnolo e in medicina. Durante un viaggio in Bahia, allora sotto controllo portoghese, fu accusato di aver rinnegato il battesimo per tornare alla pratica religiosa dei padri. Arrestato, fu trasferito a Lisbona per essere processato dal tribunale dell’Inquisizione. Invitato ad apostatare, si rifiutò. Fu perciò condannato al rogo assieme ad altri cinque ebrei, mentre altri sessanta loro compagni furono condannati alla prigione perpetua. La condanna venne eseguita il 15 dicembre 1647. Le cronache del tempo raccontano che, mentre bruciava, il ventunenne Isaac gridava a gran voce e con grande devozione le parole dello Shema‘ Israel… (Ascolta, Israele), che costituisce la professione di fede ebraica. I testimoni che, raccontando il fatto, ne riferivano le parole, preoccuparono non poco l’Inquisizione che, ossessionata, proibì ai cristiani di pronunciare la formula dello Shema‘, che riprende testualmente alcuni versetti del libro del Deuteronomio (Dt 6, 4-9).

È tutto! Noi ci si congeda qui, lasciandovi ad un fioretto sul Rabbi Dov Bär di Mètzeritch, tratto dal libro di Martin Buber, “I racconti dei Chassidim” (Garzanti). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Alcuni scolari andarono un giorno a trovare il Magghid. “Non vogliamo fermarci,” si dissero, “vogliamo soltando vedere il suo viso”. Ordinarono al cocchiere di attendere davanti alla casa. Il Magghid li ricevette e subito raccontò loro una storia composta di ventiquattro parole. Essi ascoltarono, presero congedo e dissero al cocchiere: “Procedi lentamente, noi ti veniamo dietro”. Camminarono dietro alla carrozza e si intrattennero su quella storia; camminarono dietro alla carrozza il resto del giorno e tutta la notte. Quando si fece giorno il cocchiere si fermò, si volse e li rimproverò: “Non vi basta di aver dimenticato ieri la pregheira del pomeriggio e quella della sera, volete perdere anche quella del mattino?”. Dovette gridarlo quattro volte, prima che sentissero. (Martin Buber, I racconti dei Chassidim).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 16 Dicembre 2018ultima modifica: 2018-12-16T22:52:54+01:00da fraternidade
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