Giorno per giorno – 12 Settembre 2018

Carissimi,
“Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete. Beati voi quando gli uomini vi, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli” (Lc 6, 20-23). Gesù non dice beati i poveri perché sono poveri. Ma perché Dio si è schierato dalla loro parte. Dio, infatti, non se ne sta in cima al muro, o nell’alto dei cieli, neutrale, pronto a soddisfare, indifferentemente, il clamore dei poveri e le richieste dei ricchi, egualmente disposto nei confronti degli affamati e di coloro che affamano, dei sofferenti e dei gaudenti, dei perseguitati e dei cortigiani dei persecutori. Ma nel dirci, e soprattutto mostrarci nel suo proprio agire, come Dio opera nella storia (lo avevamo già visto nell’Esodo), Gesù ci addita anche ciò che deve caratterizzare il nostro modo di essere, se vogliamo essere suoi discepoli. Per dirla con le parole di Paolo: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù” (Fil 2, 5). Affinché si possa agire di conseguenza, sapendo da che parte stare, discernendo i segni dei tempi. E Dio sa quanto ce ne sia bisogno.

Oggi noi si fa memoria di Steven Biko, martire della libertà e della dignità del suo popolo, e di Alfonso Acevedo (Foncho), martire della fede al servizio degli sfollati in Salvador.

Bantu Steve Biko era nato, terzo di quattro figli, a King William’s Town (Sudafrica) il 18 dicembre 1946, da Mathew Mzingaye Biko e Alice Nokuzola Biko. Entrato nelll’Università di Natal nel 1966, per studiarvi medicina, ne fu espulso nel 1972, a causa delle sue attività politiche, che denunciavano i soprusi del governo bianco e la politica razzista dell’apartheid. L’intento di Biko era di contribuire a liberare le coscienze degli africani. Fu uno dei fondatori del Movimento di Coscienza Nera. Il governo sudafricano che inizialmente aveva tollerato questa e altre organizzazioni simili, cominciò a reprimerle duramente a partire dai primi anni 70. Biko fu ripetutamente arrestato e impedito di svolgere molte attività. Sposato a Ntsikie Biko, ebbe da lei due figli. Nell’agosto 1977 fu nuovamente incarcerato. Crudelmente percosso dalla polizia, entrò in coma e morì, un mese dopo il suo arresto, il 12 settembre.

Alfonso Acevedo o, come lo chiamavano tutti, Foncho, era un operatore di pastorale di 46 anni, padre di otto figli, capo della pubblicità alla “Prensa Gráfica” di San Salvador. Ma, più di ogn altra cosa, era un cristiano che svolgeva le funzioni di parroco a San Antonio Abad, dopo che le persecuzioni contro la Chiesa avevano lasciato senza prete questo popoloso quartiere della capitale. Da oltre 10 anni, Foncho era l’instancabile animatore della comunità, facendosi in quattro per attendere alle necessità di orfani, vedove e sfollati di guerra. Preparava inoltre le celebrazioni liturgiche e, quando ce n’era di bisogno, cercava preti per presiedere l’eucaristia e amministrare i sacramenti. La sua dedizione, preparazione ed esperienza ne avevano fatto il responsabile dell’équipe di pastorale locale. E questo, allora, era considerato un crimine. Tanto è vero che, proprio come un delinquente, alle due del mattino del 12 settembre 1982, uomini in uniforme lo prelevarono di casa e, bendato e ammanettato, se lo portarono via. Di lì a poco l’avrebbero torturato e finito piantandogli tre proiettili in testa. All’alba del giorno dopo, il suo cadavere fu fatto ritrovare all’altro capo della città.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1ª Lettera ai Corinzi, cap.7, 25-31; Salmo 45; Vangelo di Luca, cap.6, 20-26.

La preghiera del mercoledì è in comunione con tutti gli operatori di pace, quale che ne sia il cammino spirituale o la filosofia di vita.

Ieri sera, al tramonto, i nostri fratelli mussulmani hanno celebrato il loro Capodanno 1440. Sono entrati, infatti, nel 1° giorno del mese di Muharram, anniversario dell’Egira. Così è chiamata la fuga del profeta Mohammed e dei suoi compagni dalla Mecca verso Yathrib, chiamata in seguito Medina (da Madinatu-n-Nabi, città dell’Inviato), avvenuta il 16 luglio 622. Tale data fu scelta in seguito come punto di partenza del calendario islamico (detto “egiriano”), che venne fatto coincidere con il 1° giorno del mese di Muharram dell’anno 1. Trattandosi di un calendario lunare (di soli 354 giorni), comporta, ogni anno, uno sfasamento di 11-12 giorni rispetto al nostro calendario solare.

Prendendo spunto dalla memoria di Steve Biko, vi proponiamo nel congedarci una pagina del teologo luterano sudafricano Manas Bouthelezi, tratta dal libro del libro “Theologie im Konfliktfeld Südafrika: Dialog mit Manas Buthelezi” (Klett/Kösel). La troviamo in AA.VV “La teologia contemporanea” (Marietti) ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Qualche volta l’io dell’uomo diventa prigioniero nella sua stessa dimora umana, quando l’uomo diventa oggetto della manipolazione di forze umane o non, che fanno a gara per impossessarsi del suo io, per condizionarlo e volgerlo ai loro scopi. La colpa di tutto ciò non è da attribuire soltanto alla mera disumanità dell’uomo contro l’uomo, ma anche a una costellazione di fattori economici, sociali e politici della vita moderna. La colonizzazione di territori geografici ha il proprio corrispondente nella colonizzazione dell’io umano. Questo si verifica, quando si fa dell’uomo un oggetto di manipolazione per altri, un mezzo per la realizzazione di obiettivi di altri uomini. L’uomo scopre all’improvviso che il suo io è una caricatura: egli non si coglie come si pensava, né come si voleva. Da questa tortura intellettuale e spirituale scaturiscono domande come queste: “Chi sono io in realtà? Per quale motivo sono come sono? Come posso vivere in modo da superare ciò che si oppone a che io realizzi la mia umanità?”. Questa è l’aspirazione elementare verso una vera, autentica umanità, un’invocazione alla liberazione umana di fronte all’intromettersi della colonizzazione nell’io. Per un nero come me, la domanda assillante acquista ancora una particolare dimensione per l’affollarsi di circostanze storiche: “Come posso io avere potere di essere, signoria sul mio io nero creato?”. Il mio essere nero è qualcosa come lo sbarramento di una strada sul cammino della vita, a cui non c’è rimedio, oppure è un contesto , in cui Dio mi ha dato la possibilità di essere uomo autentico? Il nero sperimenta la sua impotenza sotto condizioni che altri hanno determinato e creato per mezzo della loro potenza: gli è permesso di vivere in un paese in cui vigono leggi che altri hanno stabilito; gli è permesso di vivere in un paese che secondo la costituzione gli appartiene, ma i cui rapporti sociali ed economici sono determinati dall’illuminato tornaconto di altri paesi, attraverso la loro politica di investimenti e di aiuti all’estero; e, di fatto, gli è permesso di appartenere a una chiesa che ha il potere di promettere fratellanza e di offrire frustrazione e sentimenti di inferiorità. Per tutto questo ci si aspetta da lui riconoscenza perpetua e illimitata. (Theologie im Konfliktfeld Südafrika: Dialog mit Manas Buthelezi).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 12 Settembre 2018ultima modifica: 2018-09-12T22:55:34+02:00da fraternidade
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