Giorno per giorno – 28 Giugno 2018

Carissimi,
“Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità” (Mt 7, 21-23). “Quel giorno” è bene che prendiamo l’abitudine di considerarlo ogni giorno. O, forse anche meglio, ogni sera, come ci dicevamo oggi pomeriggio alla chácara di recupero. Ogni sera siamo chiamati a interrogarci su cosa abbiamo fatto del nome del Signore, se, cioè, l’abbiamo nominato invano, nelle nostre liturgie e fuori di esse, ripetendolo inutilmente, solo per darci un tono, differenziarci dagli altri, metaforicamente sventolandolo come una bandiera. Senza fargli seguire altro, che non sia una pratica solo “religiosa”, a caccia di gloria e, nel caso, di fedeli. Quando invece il “Signore” che confessiamo ha ben altre esigenze, come anche il suo Regno, e la volontà del Padre, sempre che non sia solo teatro quello che abbiamo scelto di fare. Credere in Gesù non è l’affermazione di un’idea astratta, né il fare di lui l’oggetto di una devozione, ma è assumerlo come progetto della nostra vita, il fare la sua parola. Quando invece la tentazione è sbarazzarcene, appena ci si accorge che essa ostacola i nostri progetti. Ogni sera, dunque, come anteprima di “quel giorno” sarà bene interrogarci se noi siamo stati almeno un po’ Lui, consentendo a chi ci avrà incontrato di conoscere e benedire il suo nome, e non di bestemmiarlo per la nostra controtestimonianza. Nel caso, lo anteciperemo: “Non ho combinato niente di buono, sono stato operatore di iniquità, proprio come tu mi avevi avvisato, ma non allontanarmi da te. Aiutami con la tua grazia. Domani andrà meglio.

Oggi è memoria di Ireneo di Lione, pastore e martire, padre della Chiesa.

Ireneo nacque a Smirne (nell’attuale Turchia), nell’anno 130 circa, e fu discepolo di san Policarpo, che aveva conosciuto personalmente l’apostolo Giovanni e altri testimoni oculari di Gesù. Missionario in Gallia, fu fatto vescovo della comunità cristiana di Lione e divenne il più importante tra gli scrittori cristiani del II secolo. Fu il primo che cercò di fare una sintesi del pensiero cristiano. Si schierò risolutamente a favore della preservazione della pace e dell’unita della Chiesa, mettendo in guardia contro i pericoli della gnosi. Uomo equilibrato e capace di discernimento seppe consigliare il papa Vittore ad evitare ogni atteggiamento men che rispettoso nei confronti delle chiese orientali in un momento di crisi e tensione. Sua è la celebre affermazione che “la gloria di Dio è l’uomo vivente, e la vita dell’uomo è la manifestazione di Dio”. Ireneo morì probabilmente martire durante la persecuzione di Settimio Severo nell’anno 202.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflesione sono tratti da:
2° Libro dei Re, cap.24, 8-17; Salmo 79; Vangelo di Matteo, cap.7, 21-29.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui con un brano di Ireneo di Lione, tratto dal suo “Adversus Haereses”. Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Gli apostoli hanno attestato che lo Spirito di Dio scese su Cristo, come una colomba. È lo Spirito di cui Isaia ha parlato in questi termini: Sopra di lui riposerà lo Spirito di Dio (Is 11,2); e ancora: Lo Spirito del Signore è su di me, perché egli mi ha unto (Is 61, 1). È lo Spirito di cui il Signore ha detto: Non siete infatti voi che parlate, ma lo Spirito del Padre vostro che parla in voi (Mt 10, 20). E così anche, dando ai suoi discepoli il potere di far rinascere gli uomini in Dio, diceva loro: Andate e insegnate a tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (Mt 28, 19). È infatti questo lo Spirito che per mezzo dei profeti aveva promesso di effondere negli ultimi tempi perfino sui servi e sulle schiave, per dar loro il dono della profezia (cf Gl 2, 28-29). Ecco perché lo stesso Spirito è sceso anche sul Figlio di Dio, diventato Figlio dell’uomo: si abituava con lui ad abitare nel genere umano, a “riposare” tra gli uomini, a vivere nell’opera plasmata da Dio; realizzava in essi la volontà del Padre, li rinnovava facendoli passare dalla loro antica condizione di peccato alla novità di Cristo. È questo lo Spirito che Davide aveva chiesto per il genere umano, dicendo: Rendimi forte col tuo Spirito che tutto guida (Sal 50,14). Luca ci dice ancora che, dopo l’Ascensione del Signore, esso scese sui discepoli a Pentecoste: lo Spirito infatti ha potere su tutte le nazioni per introdurle nella vita e aprire loro il testamento nuovo. Per questo, nell’armonia di tutte le lingue, essi cantavano a Dio un inno, mentre lo Spirito riconduceva all’unità le tribù separate e offriva al Padre le primizie di tutte le nazioni. Questa è dunque la ragione per cui anche il Signore ha promesso di inviare il Paraclito: per “adattarci” a Dio. Infatti, come senz’acqua la farina non può diventare una sola pasta, un solo pane, così noi, che eravamo una moltitudine, non potevamo diventare uno nel Cristo Gesù senza l’Acqua che viene dal cielo. E come la terra arida, se non riceve acqua, non può fruttificare, così noi, che prima eravamo soltanto legno secco (cf Lc, 23, 31), non avremmo mai portato frutti di vita senza la pioggia che ci è stata data liberamente dall’alto (cf Sal 67, 10). L’unità che li rende incorruttibili, i nostri corpi infatti l’hanno ricevuta col bagno del Battesimo, mentre alle nostre anime è stata data in virtù dello Spirito. Per questo sono necessari l’uno e l’altra, perché l’uno e l’altra ci danno la vita di Dio. (Ireneo di Lione, Adversus haereses, III, 17, 1-2).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 28 Giugno 2018ultima modifica: 2018-06-28T22:20:12+02:00da fraternidade
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