Giorno per giorno – 22 Giugno 2018

Carissimi,
“Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore” (Mt 6, 19-21). Difficile, ci dicevamo stasera nella chiesetta dell’Aparecida, che i poveri riescano ad accumulare qualcosa, quando, come si dice un po’ scherzosamente qui da noi: “si deve vendere il pranzo per garantirsi la cena”. E tuttavia, i tesori, di cui si parla qui, non sono necessariamente solo le scontate ricchezze materiali, da cui Gesù ci mette costantemente in guardia (al contrario di ciò che fanno spesso alcune chiese che ce le promettono in cambio delle nostre decime e delle nostre devozioni). Tesori terreni sono anche tutto ciò che ci distoglie dal tesoro più vero, che è l’amore di Dio che si rivela nell’amore per i fratelli. Prigionieri dei nostri istinti egoisti, della nostra autosufficienza, della nostra illusoria superiorità, del nostro sguardo chiuso alle necessità degli altri (v. 23), può dirsi di noi ciò che nell’Apocalisse è scritto a proposito della chiesa di Laodicea: “Tu dici: Sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla, ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo. Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, vesti bianche per coprirti e nascondere la vergognosa tua nudità e collirio per ungerti gli occhi e ricuperare la vista” (Ap 3, 17-18). Ci dicevamo ancora, stasera, che viviamo tempi terribili, forse in ogni latitudine, ma è anche vero che ogni epoca ha avuto i suoi momenti terribili, in cui è sembrato venir meno ogni spirito di umanità e prevalere il male, nelle sue forme peggiori di prepotenza, volgarità e ignoranza. Ma è stato per un tempo limitato, poi, proprio il male ha dovuto fare i conti con la resistenza e la reazione del bene, a partire da pochi e poi sempre di più, fino a soccombere. Questa è una lotta che avviene intorno a noi, ma anche dentro di noi. In essa Lui ci aiuta con la sua Grazia.

Le Chiese cattolica e anglicana fanno oggi memoria di Albano, martire in Britannia, durante la persecuzione di Settimio Severo, e di John Fisher, pastore, umanista e martire in Inghilterra, sotto il regno di Enrico VIII.

Le prime comunità cristiane furono impiantate nella Britannia Romana sul finire del II secolo e fu la scoperta della loro esistenza che scatenò la persecuzione da parte dell’imperatore Settimio Severo (192-211) all’inizio del III secolo. Albano, in quel tempo, era ufficiale in forza all’esercito romano e abitava nella città-fortezza di Verolamium che sorgeva nei pressi del fiume Ver. Un giorno un vecchio prete, sfuggendo la persecuzione, bussò alla sua porta chiedendo rifugio. Qualcosa del comportamento dell’uomo spinse Albano ad accettare di nasconderlo. Lo rifocillò e cominciò a chiedergli ragione della sua condizione. Il prete gli parlò a lungo della sua fede nel Signore Gesù e il soldato ne restò talmente affascinato da chiedergli di essere battezzato. Nel frattempo, il governatore, scoperto il rifugio del fuggitivo, ne ordinò l’arresto. Appresa la notizia, Albano convinse il prete a restarsene nascosto e a cedergli le vesti. Si presentò così ai soldati, dicendo: Sono io quello che cercate. Seguirono il processo, la condanna e l’esecuzione. Sul luogo del supplizio fu eretto un monumento, che, qualche decennio più tardi fu visitato da San Germano di Auxerre. Le invasioni di angli e sassoni nel V secolo distrussero l’organizzazione romana e dispersero le comunità cristiane. In seguito alla nuova evangelizzazione della Britannia, nel VI secolo, sul luogo del martirio di Albano fu edificata una chiesa e la città di Verolamium prese il suo nome, Saint Albans.

John Fisher era nato a Beverly, nello Yorkshire, nel 1469, figlio di Robert, ricco mercante, e di sua moglie Agnes. Dopo gli studi brillanti all’Università di Cambridge, era stato ordinato prete nel 1491. Nel 1494 incontrò per la prima volta Lady Margaret Beaufort, madre di Enrico VIII e ne divenne confessore e consigliere. Nominato vescovo di Rochester nel 1504, guidò per trent’anni quella che era la più povera delle diocesi, prodigandosi nel ministero della predicazione, edificando il clero con il suo stile di vita, favorendone inoltre un’adeguata formazione. Amico dell’umanista Erasmo di Rotterdam e di Thomas More, si preoccupò con essi di contrastare il diffondersi delle dottrine luterane, ma, sempre e solo, con la forza della ragione e della persuasione. Nel 1527 scoppiò il conflitto con la corona. Il desiderio del re di vedere dichiarato nullo il matrimonio con Caterina d’Aragona, che non gli aveva dato figli maschi, e di passare a nuove nozze con Anna Bolena, si scontrò con il diniego del papa e quello, tra gli altri, di un uomo del prestigio di Fisher, che Enrico avrebbe voluto dalla sua parte. Nel 1534 il re fece approvare dal Parlamento la Legge di Successione, con cui si dichiarava nullo il matrimonio con Caterina e legittimo quello con la Bolena, i cui figli entravano pertanto nella linea di successione. Fisher e More rifiutarono di sottoscriverlo. Nella primavera di quello stesso anno entrambi vennero incarcerati nella Torre di Londra. Il 20 maggio 1535, papa Paolo III giocò la carta della nomina a cardinale di Fisher, sperando così di salvargli la vita. Ma ottenne solo che il re, infuriato, premesse per la rapida conclusione del processo e la relativa condanna. Vennero approvate nel contempo la Legge di Supremazia e il nuovo Statuto sul Tradimento, che riconosceva come traditori quanti si pronunciassero contro i titoli del re e non lo riconoscessero capo supremo della Chiesa d’Inghilterra. John Fisher non si piegò. Nel processo celebrato il 17 giugno 1535 venne condannato a morte come traditore. Benché anziano e prossimo alla fine per un male incurabile, fu decapitato la mattina del 22 giugno 1535. Il corpo fu lasciato esposto nudo, per l’intera giornata, sul luogo dell’esecuzione, mentre la testa fu messa in mostra sul Ponte di Londra e vi restò fino al 6 luglio, quando fu gettata nel Tamigi, per lasciare posto a quella dell’amico Thomas More.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
2°Libro dei Re,cap. 11, 1-4. 9-18.20; Salmo 132; Vangelo di Matteo, cap.6, 19-23.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli della Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

È tutto. Noi ci congediamo qui, offrendovi in lettura un brano di John Fisher, tratta dal suo opuscolo, scritto in prigionia e destinato alla sorella religiosa, che ha per titolo “The Ways to Perfect Religion” (London: Art & Book company; St. Louis: B. Herder), che è possibile trovare in rete. E che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Considera l’amore del tuo sposo, il dolce Gesù, quanto esso è eccellente, quanto sicuro, quanto profondo, quanto costante e duraturo, e come molti lo abbiano particolarmente apprezzato. Innumerevoli martiri, uomini e donne, per Suo amore hanno versato il loro sangue e sopportato ogni sorta di martirio, per crudele e terribile che fosse. Nessun dolore, nessun tormento, avrebbe potuto costringerli a rinunciare al Suo amore; essi erano così desiderosi del Suo amore che pur di non rinunciarvi, non costò loro nessuno sforzo perdere tutto in questo mondo e la loro stessa vita. Così caro e prezioso era quell’amore per loro che tutti gli onori, i piaceri e i possedimenti di questa vita li valutavano un niente in confronto a quello. E che cosa sei tu in confronto a loro, se non cattivo, sventurato e miserabile? Se dunque loro, che ora sono gloriosi santi in cielo, hanno tanto apprezzato e stimato questo eccellente amore, e a te, pur così cattivo e così poco degno, è concesso di avere lo stesso amore, che cosa dovresti fare da parte tua? Quanto dovresti sforzarti non solo per ottenere questo amore, ma, una volta ottenutolo, diligentemente custodirlo, per non abbandonarlo più! Egli per la sua bontà non respinge nessuna creatura dal suo amore, ma promette con certezza che quanti si avvicinano a Lui per amore, li amerà a a sua volta e darà loro il suo amore più prezioso. Dice, infatti: Ego diligentes me diligo; cioè: “Io amo quelli che mi amano”. E altrove: Eum qui venit ad me non ejiciam foras; vale a dire: “Colui che viene a Me, non lo respingerò”. (John Fisher, The Ways to Perfect Religion ).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 22 Giugno 2018ultima modifica: 2018-06-22T23:08:29+02:00da fraternidade
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