Giorno per giorno – 11 Giugno 2018

Carissimi,
“E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone” (Mt 10, 7-10). Stasera, ci dicevamo che, sarà un caso, ma è raro sentir parlare del Regno, e delle sue esigenze, nelle omelie e nei sermoni che si ascoltano nelle nostre chiese, tanto cattoliche quanto evangeliche. E, tuttavia, l’annuncio e la testimonianza del Regno è al centro della predicazione di Gesù e della missione che egli affida ai discepoli. Gesù non chiede ai suoi di fare proselitismo a favore di un gruppo che, come il suo, si muoveva nell’orizzonte religioso del giudaismo, né tanto meno di una nuova religione. Chiede invece di lavorare incessantemente, in atteggiamento di servizio, per liberare la società dai suoi mali, prendendosi cura dei malati, ridando vita alle vittime delle tante forme di morte civile, eliminando lo stigma delle molteplici “lebbre”, che portano all’emarginazione di persone o di gruppi, lottando risolutamente contro ogni spirito di divisione, di menzogna, di oppressione, con cui il Sistema del dominio da sempre cerca di affermarsi. E tutto questo, in spirito di povertà vera, senza perciò fare affidamento su forme anche minime di ricchezza, di accumulazione, di potere, che impediscano ai poveri di sentirsi partecipi di una condivisione solidale, che non pesi come un dono calato dall’alto, ma sia espressione di quella gratuità, con cui il Padre ci ha raggiunti una volta per tutte, nella vicenda del Figlio.

Il calendario ci porta oggi le memorie di Barnaba, apostolo, e di Luca di Simferopol, pastore al servizio dei poveri.

In realtà si chiamava Giuseppe ed era un levita, nativo di Cipro. Quando si era fatto cristiano, aveva venduto il suo campo e, il ricavato, l’aveva depositato ai piedi degli apostoli ed era stato grazie a lui, presto soprannominato Barnaba (“figlio della consolazione” o, forse, più probabilmente, “figlio della profezia”), che l’appena convertito persecutore dei cristiani Saulo-Paolo era stato ammesso nella cerchia dei discepoli, piuttosto diffidenti nei suoi confronti. Fu ancora lui ad essere inviato a prendere contatti con la neonata comunità di Antiochia di Siria, presso la quale poi portò Paolo. Insieme con questi organizzò la raccolta di aiuti per la chiesa madre di Gerusalemme, dove la popolazione soffriva la fame per una carestia. Tornati a Gerusalemme progettarono il primo viaggio missionario, quello in cui Marco darà forfait e che li porterà a Cipro e in una parte dell’Asia Minore. Di nuovo a Gerusalemme, parteciparono alla discussione sugli obblighi che i cristiani provenienti dal paganesimo dovevano assumere. Il mancato accordo con Paolo sul secondo viaggio missionario, porterà alla separazione definitiva dall’antico compagno. Ritenendo che Marco avesse più bisogno di lui che non l’altro, Barnaba se ne andò con lui a Cipro. Qualche anno dopo, le carte si rimescolarono. Sappiamo dalle lettere di Paolo che Marco stava con lui e, sempre Paolo, spenderà, nella lettera ai Corinzi, sette-otto anni dopo la separazione, una parola di elogio per Barnaba, perché anch’egli si manteneva con il suo lavoro. Ma non sappiamo dove, né come. Forse, azzardiamo, nella nativa Cipro. Luca, l’autore degli Atti degli apostoli, avendo preso partito per Paolo, non ce ne dice nulla. Una tradizione vuole che si sia recato a Roma e a Milano, per predicarvi l’evangelo, e che sia più tardi morto martire a Salamina verso l’anno 63.

Valentin Feliksovic Wojna-Jasieniecki era nato il 14 aprile 1877 a Ker, in Ucraina, da una nobile famiglia polacca. Nel 1917, dopo gli studi in medicina, si era trasferito, con la famiglia che aveva nel frattempo costituito, a Taskent, dove aveva ottenuto il posto di chirurgo primario nel locale ospedale. Nello stesso periodo, la moglie si era ammalata di tubercolosi e, nel 1919, era morta, lasciandolo vedovo con quattro figli a carico. Nel 1921, accettata la proposta di abbracciare lo stato ecclesiastico avanzatagli dal vescovo della città, fu ordinato presbitero, pur continuando ad esercitare la professione, con un’attenzione particolare per i più poveri, e ad insegnare all’università. Prima di ogni operazione, padre Valentin soleva raccogliersi in preghiera e volle sempre tenere le sue lezioni, indossando l’abito sacerdotale. Nel 1923, dopo aver preso i voti monastici e assunto il nome di Luca, fu eletto vescovo di Taskent. Il suo ministero pastorale fu contrassegnato da persecuzioni, arresti, prigionie, condanne al confino. Nel 1942, alla fine della sua ultima prigionia, il metropolita Sergio Stratogorskij lo nominò arcivescovo di Krasnojarsk, in Siberia. Nel 1946, su richiesta delle autorità che mal tolleravano la sua attività, fu trasferito alla chiesa di Simferopol, in Crimea, dove rimase fino alla morte, che lo raggiunse più che ottuagenario e ormai quasi cieco, l’11 giugno 1961. Per quanto lui stesso poverissimo, e forse proprio per questo, era sempre stato fedele nell’aprire le porte della sua casa agli ultimi e più poveri, in totale umiltà e mansuetudine.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono propri della festa dell’apostolo Barnaba e sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.11, 21b-28; 13, 1-3; Salmo 98; Vangelo di Matteo, cap.10, 7-13.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

Beh, tra le ricorrenze di questo giorno, non possiamo dimenticare che i nostri fratelli musulmani celebrano oggi, 27 di Ramadan, Laylatu’l-Qadr (La notte del Destino), in cui, secondo la tradizione, fu fatto scendere il Corano nella sua interezza; chiamata così, perché in essa, sempre secondo la tradizione, Dio decreta il destino della creazione per l’anno a venire.

Aquarius. Circa questa tristissima vicenda che vede una presa di decisione vergognosa, nella forma e nella sostanza, da parte del vostro governo, vorremmo solo dire che speriamo che la vostra chiesa, cioè, l’insieme dei fedeli coi loro pastori, sappia essere all’altezza della testimonianza richiesta da circostanze che prevedibilmente si moltiplicheranno. Circostanze che pur non presentando forme esplicite di persecuzione, rappresenteranno, attraverso l’irrisione, il disprezzo, l’ormai consueta diffusione di fake-news, falsi richiami a valori religiosi (con sventolamento di rosari e giuramenti sul vangelo), un vero e proprio lavorio ai fianchi della comunità cristiana, al fine di distoglierla dalla missione che il Signore Gesù, come abbiamo visto anche nel Vangelo di oggi, le ha affidato. È una sfida che, su piani diversi, affrontiamo anche noi, qui in Brasile e non solo. Che Dio ci aiuti.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura il brano di una “Omelia sulla Grazia”di Luca di Simferopol. La troviamo nel sito di “Cristianità ortodossa” ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Gratuitamente abbiamo ricevuto questo dono, gratuitamente riceviamo la redenzione dal Sangue di Cristo. La Grazia divina illuminerà ogni cristiano che prenderà la sua propria croce e seguirà il Cristo. Sapete che la grazia è necessaria ad ogni vero inizio, così da prendere parte alla salvezza, all’Alleanza di Cristo, così come il Signore stesso ci ha detto: Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre, che mi ha mandato: e io lo resusciterò nell’ultimo giorno (Gv 6, 44). È necessario che il Padre stesso ci guidi, altrimenti per noi non c’è inizio nel cammino di Cristo. Leggiamo negli Atti degli Apostoli cosa accadde in Macedonia a Filippi, mentre l’apostolo Paolo insegnava il Vangelo. Insegnava nei pressi della città, lungo il fiume, dove era stata eretta una Sinagoga. Ad ascoltare c’era anche una donna di Tiatira, commerciante di porpora, di nome Lidia, che temeva Dio. Il Signore le aprì il cuore per renderla attenta alle parole di Paolo (At 16, 14). Vedete, il Signore stesso le aprì il cuore agli insegnamenti di Paolo. Così il cuore di tutti noi si apra al tocco di Dio e ponga attenzione alle grandi parole di Cristo. La grazia divina è necessaria al principio del nostro viaggio verso la Salvezza. Ma si può dire che la Grazia divina è prefigurata per coloro che sono predestinati alla vita eterna? che solo costoro possono toccare la grazia? Certo che no. La Grazia è l’effusione dell’incommensurabile amore di Dio e il suo amore è rivolto a tutta la creazione, soprattutto agli esseri umani, e di conseguenza la Grazia di Dio adombra i cuori di tutto il genere umano. Perché sta scritto che Dio è Padre di tutti gli uomini, sia ebrei che pagani. Egli è buono con tutti. […] Cristo, poi, è il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati, e non solo per i nostri, ma per quelli del mondo intero (1Gv 2, 2). Ricordate queste parole: senza di me non potete far nulla. Se non vivete nell’amore di Cristo, se non berrete il succo della Vera Vite, non sarà possibile compiere alcunché di bene, e rimarrete soli nella vostra debolezza e nella vostra miseria. Tutto ciò che si compie in voi per mezzo della Grazia è attuato dal Padre stesso in Gesù Cristo: egli solo confermerà tutte le vostre buone azioni, e senza di lui, non potrete far nulla. (Luca di Simferopol, Omelia sulla Grazia).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 11 Giugno 2018ultima modifica: 2018-06-11T22:28:56+02:00da fraternidade
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