Giorno per giorno – 28 Aprile 2018

Carissimi,
“Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me” (Gv 14, 9-11). Stamattina, ci dicevamo che, con tutta probabilità, il rimprovero di Gesù a Filippo, dovrebbe o potrebbe essere rivolto a gran parte dei cristiani, comprese, in molti casi, le loro gerarchie, che, tristemente, continuano a confessare Gesù come figlio di Dio e perciò immagine visibile del Padre invisibile, ma trasmettono poi un insegnamento e vivono una pratica pastorale in cui Dio e il relazionamento dei cristiani tra di loro e con chi cristiano non è non ha in sé nessuna traccia di quello che Cristo ha testimoniato. E sì che Gesù afferma solennemente nello stesso discorso: “In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi” (v. 12), e evidentemente straparlava per troppo amore, come un padre che straveda per i suoi figli, gli bastava infatti sapere che chi desse credito e fiducia alla sua Parola finisse prima o poi per vincere l’egoismo, la meschinità, il desiderio di accumulare e di dominare, che accompagnano così spesso i cuccioli dell’uomo (e sarebbe già questo un miracolo straordinario!), per consegnarsi [quasi] tutto intero al dono incondizionato di sé. Che è il significato di Gesù e del suo Babbo.

Oggi è memoria di Jacques Maritain, filosofo, mistico, piccolo fratello di Gesù.

Jacques Maritain era nato a Parigi, il 18 novembre 1882, da Geneviève Favre, figlia dello statista francese Jules Favre, e di Paul Maritain, un avvocato di fama. Educato nel protestantesimo liberale, Jacques aveva studiato al Liceo Enrico IV e poi Filosofia e Scienze Naturali alla Sorbona. È qui che il giovane incontrò Raissa Oumançoff, ebrea di origine russa, naturalizzata francese, con cui si sentì subito in sintonia per interessi, ideali e tormenti interiori. Fu una conferenza di Henri Bergson, professore al College de France, che rivelò loro il senso dell’assoluto e li spinse a voler vivere l’avventura della vita. L’incontro, poi, con lo scrittore Leon Bloy li portò a contatto del cattolicesimo e delle sue storie di santità e di grazia e li indusse, nel 1906, a chiedere il battesimo. Poco dopo, insieme, pur nella scelta irrevocabile della devozione e dell’amore reciproco, promisero di vivere il celibato del regno, facendo voto di castità. Con la sorella di Raissa, Vera, avviarono un sodalizio spirituale, che durerà tutta la vita. Convinti che la contemplazione chiede non di lasciare i chiostri e i conventi, ma di uscire e di espandersi fuori, di scendere nelle strade del mondo, si fecero apostoli della chiamata universale alla vita mistica, come via alla perfezione della carità. In quegli stessi anni Maritain abbandonò definitivamente la filosofia bergsoniana, identificandosi sempre più nell’opera di Tommaso d’Aquino, che caratterizzerà tutta la sua produzione successiva. Durante la Seconda Guerra Mondiale, i Maritain si trasferirono negli Stati Uniti, dove Jacques continuò la sua attivita di pubblicista e di professore di filosofia, insegnando, a New York, nelle università di Princeton e della Columbia, e tenendo conferenze in numerose città americane. Dal 1944 al 1948 fu inviato a Roma quale ambasciatore di Francia presso la Santa Sede. Dal 1948 al 1960 i Maritain si trasferirono nuovamente negli USA. Nel 1960, durante uno dei periodici viaggi in patria, Raissa morì, il 4 novembre, a Parigi. Tenendo fede ad una promessa che si erano fatta, Maritain scelse di vivere l’ultimo tratto della sua vita in una comunità religiosa, quella dei Piccoli fratelli di Gesù, a Tolosa. Durante il Concilio ecumenico Vaticano II, Paolo VI lo interpellerà spesso sulle questioni più dibattute. Nel 1970, a ottantotto anni, Maritain cominciò il suo anno di noviziato per entrar a far parte a pieno titolo della famiglia di Charles de Foucauld. Morì, novantunenne, il 28 aprile 1973.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.13, 44-52; Salmo 97; Vangelo di Giovanni, cap.14, 7-14.

La preghiera del Sabato è in comunione con le Comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Noi ci congediamo qui, offrendovi in lettura un brano della riflessione che, sotto il titolo “La vocazione dei piccoli fratelli di Gesù”, Jacques Maritain destinò alla famiglia di Charles de Foucauld, con cui aveva deciso di condividere gli ultimi anni della sua vita. È, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
L’apostolato non è affatto limitato alla trasmissione mediante la parola, all’annuncio della Parola di Dio, all’insegnamento e alla predicazione. Portare in mezzo agli uomini la testimonianza vissuta del Vangelo, servire di strumento, nel silenzio della preghiera, alla grazia che porta Gesù nelle anime, entrare come i discepoli in una partecipazione effettiva alla passione redentrice e alla morte sulla croce, anche tutto questo è apostolico, ed eminentemente apostolico, benché in un significato molto più largo del significato riconosciuto o accettato del termine. Portare la parola, non è che una parte, la più visibile, la più manifesta, di quell’immensa realtà apostolica alla quale, a dire il vero, ogni cristiano è chiamato a partecipare. Parlando per sommi capi, diciamo che per ricoprire l’intero significato del termine “apostolico”, bisogna distinguere due momenti essenziali, che il Signore ha fissati quando ha detto: “colui che fa la verità viene alla luce” (Gv 3, 21). In altri termini, l’esperienza pratica e vissuta della verità, nell’amore, viene normalmente prima della conoscenza intellettuale della verità, nella luce. Massima evangelica che va molto lontano, e molto spesso è misconosciuta. Fare la verità, vale a dire, avere in sè la grazia di Gesù che vivifica l’anima e le sue azioni, e amare di carità (è il primo momento) prima di conoscere esplicitamente la verità nella luce (e questo è il secondo momento e chiede che la verità sia annunciata). Chiosando un poco il testo di san Giovanni, possiamo anche dire: Fare la verità e proprio con questo aiutare altri a farla anch’essi (primo momento): essendo venuto alla luce, trasmettere anche la luce ad altri (secondo momento). Soltanto a questo secondo momento corrisponde il significato accettato o riconosciuto del termine apostolato: sono necessarie delle predicazioni per annunciare la verità alle anime. Ma prima di questo è necessario (in primo luogo) che sia stata resa testimonianza dell’amore di Dio per gli uomini, del vero volto di Dio, e del movimento d’amore da cui procede l’Incarnazione. E al tempo stesso, a seconda che Dio lo vorrà, altri saranno aiutati a vivere anch’essi secondo la grazia di Gesù, e a fare la verità. In tale significato, infinitamente più vasto del significato accettato o riconosciuto, la funzione apostolica è inerente a ogni vita cristiana. (Jacques Maritain, La vocazione dei piccoli fratelli di Gesù).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 28 Aprile 2018ultima modifica: 2018-04-28T22:47:46+02:00da fraternidade
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