Giorno per giorno – 07 Aprile 2018

Carissimi,
“Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato. Gesù disse loro: Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura” (Mc 16, 14-15). Troppo bella questa appendice al vangelo di Marco e così adatta anche a noi, increduli e duri di cuore! Noi che, davanti alla testimonianza di tanti, che hanno già incontrato il Risorto e che hanno visto il Signore, restiamo sulle nostre, incapaci di gettarci al suo seguito. Tutto era già previsto e messo in conto, anche la nostra difficoltà a credere, perché egli potesse, per grazia, solo per grazia, presentarsi ostinatamente a noi (che sia stato ieri, sia oggi o domani, poco importa) e affidare a noi, proprio a noi, la missione di annunciare al mondo la bella notizia dell’amore infinito del Padre, manifestatoci in Gesù, la cui testimonianza (poco a poco) ci è resa possibile per la forza segreta e la complicità dello Spirito. Che noi si possa dire, quand’anche timorosi e tentennanti, il nostro sì.

I testi che la liturgia di questo Settimo Giorno di Pasqua propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap. 4, 13-21; Salmo 118; Vangelo di Marco, cap.16, 9-15.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Il calendario ecumenico ci porta la memoria di Tichon di Mosca, pastore della Chiesa ortodossa russa.

Vasilij Ivanovic’ Bielavin era nato il 31 gennaio (19 gennaio secondo il calendario giuliano) 1865, nella famiglia di un parroco di provincia, a Toropec, nella provincia di Pskov. Al termine degli studi entrò in monastero, assumendo il nome di Tichon. A 32 anni ricevette la consacrazione episcopale e nel 1898 fu nominato vescovo delle Isole Aleutsk e dell’Alaska, com’era chiamata allora la diocesi della Chiesa ortodossa russa nell’America settentrionale. Tornato in patria nel 1907, fu nominato vescovo di Iaroslav, più tardi di Vilnius, e, nel 1917, metropolita di Mosca. Presiedette nello stesso anno il Concilio della Chiesa russa che, dopo oltre due secoli, ripristinò il titolo di Patriarca, conferendolo allo stesso Tichon. La sua elezione coincise con il periodo drammatico della rivoluzione, che per la Chiesa russa significò essere posta davanti all’alternativa secca: o persecuzione o collaborazionismo. Tichon cercò di tenersi fuori dalla politica, ponendosi come unico obiettivo quello del servizio reso a Dio per la salvezza delle anime. Ma ciò non gli evitò, nel 1923, di essere deposto, arrestato e confinato. Subì addirittura un attentato, che costò la vita a Iacov Polozov, un novizio addetto alla sua cura. Nel gennaio 1925 Tichon si ammalò gravemente. Dopo un apparente miglioramento, con l’approssimarsi della primavera, una ricaduta lo costrinse a farsi ricoverare in ospedale. Il 7 aprile (25 marzo del calendario giuliano, festa dell’Annunciazione), ebbe un’improvviso peggioramento. Poco prima di mezzanotte chiese l’ora e disse sospirando: “Presto verrà la notte, scura e lunga”. Fece due volte il segno della croce, alzò la mano per segnarsi la terza volta, ma morì prima di riuscire a farlo. Ci fu chi sospettò che l’avessero avvelenato. Fu canonizzato nel 1989.

Nella tarda mattinata di oggi, davati alla sede del sindacato dei metallurgici, a São Bernardo do Campo, si era celebrato un culto ecumenico, presieduto da dom Angelico Sândalo Bernardino, vescovo emerito di Blumenau, in memoria di dona Marisa, moglie dell’ex presidente, scomparsa l’anno scorso, che oggi avrebbe compiuto 68 anni. Il culto, durante il quale Lula ha parlato per quasi un’ora, si è ovviamente tradotto in una calorosa manifestazione di sostegno da parte delle migliaia di militanti e simpatizzanti presenti, che si è protratta per tutto il pomeriggio. Alle 18:30, Lula, vincendo la resistenza della folla che voleva impedirglielo, si è consegnato alla polizia federale, che lo ha avviato a Curitiba, dove dovrebbe compiere la pena a cui è stato condannato, al termine di quello che molte personalità indipendenti e di prestigio giudicano essersi trattato di un processo farsa. Il primo di molti, il cui risultato si spera, non si sa con quante probabilità nella situazione di golpe in atto, possa essere revertito.

Prendendo spunto dalla memoria di Tichon di Mosca, nonché dalla celebrazione della pasqua ortodossa che cade questa notte, vi proponiamo, nel congedarci, una citazione del teologo ortodosso Pavel Evdokimov. Tratta dal suo libro “L’amore folle di Dio” (Edizioni Paoline0), è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Al momento del mattutino della notte di Pasqua, nel silenzio della fine del gran sabato, il sacerdote e il popolo lasciano la chiesa. La processione si ferma fuori davanti alla porta chiusa del tempio. Per un breve istante la porta chiusa indica simbolicamente la tomba del Signore, la morte, l’inferno. Il sacerdote traccia il segno della croce sulla porta e per la sua irresistibile forza la porta, proprio come la porta dell’inferno, si apre completamente e tutti entrano nella chiesa inondata di luce cantando: “Il Cristo è risorto dai morti, ha vinto la morte per mezzo della morte, ha dato la vita a tutti coloro che sono nelle tombe!”. La porta dell’inferno è nuovamente diventata la porta della Chiesa, del regno. Non si può spingersi più avanti nella simbolica della festa. In realtà il mondo nel suo complesso è insieme condannato e salvato, è insieme l’inferno e il regno di Dio. “Ecco, fratello – dice s. Isacco – ti do il comandamento che nella tua bilancia la misericordia vinca sempre, fino al momento in cui sentirai in te stesso la misericordia che Dio prova verso il mondo”. I grandi vesperi che seguono la liturgia di Pentecoste comprendono tre preghiere di s. Basilio. La terza prega per tutti i morti dopo la creazione del mondo. Una volta all’anno la Chiesa prega anche per i suicidi… L’amore della Chiesa non conosce limiti, abbraccia il destino dei rivoltati e lo pone nelle mani del Padre, mani che sono il Cristo e lo Spirito Santo. Il Padre ha affidato ogni giudizio al Figlio dell’uomo; si tratta del “giudizio del giudizio”, del giudizio crocifisso. “Il Padre è l’Amore che crocifigge, il Figlio è l’Amore crocifisso e lo Spirito Santo è la potenza invincibile della Croce. Questa potenza si concretizza nei soffi e nelle effusioni del Paraclito, di colui che sta “accanto a noi” e ci difende e ci consola. Lo Spirito è la gioia di Dio e dell’uomo. Il Cristo non ci chiede che di abbandonarci a questa gioia: “Me ne vado per prepararvi un posto… Ritornerò per prendervi con me, affinché là dove sono io, siate anche voi” (Gv 14, 2-3). Dio usa pazienza verso di noi non volendo che alcuno perisca… quali non dovete essere voi, nella santità della condotta e nella pietà, attendendo e affrettando la venuta del giorno di Dio” (2Pt 3, 9. 11). Questo giorno non è solo uno scopo o la fine della storia, ma è il mistero di Dio nella sua pienezza. (Pavel N. Evdokimov, L’amore folle di Dio).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 07 Aprile 2018ultima modifica: 2018-04-07T22:01:07+02:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo