Giorno per giorno – 05 Luglio 2017

Carissimi,
“I mandriani allora fuggirono ed entrati in città raccontarono ogni cosa e il fatto degli indemoniati. Tutta la città allora uscì incontro a Gesù e, vistolo, lo pregarono che si allontanasse dal loro territorio” (Mt 8, 33-34). Siamo in territorio pagano, dove Gesù è approdato dopo la pericolosa traversata che ha richiesto il suo intervento prodigioso. E lì incontra due indemoniati, che seminano il terrore nella regione. Due personaggi radicalmente incompatibili con la sua presenza, tanto quanto lo sono per gli abitanti presso cui dimorano. Separati da Dio, separati dal prossimo. Posseduti dal “divisore”, come aveva imparato a dire del diavolo il nostro Rafael. Ed è logico che sia così, perché se il comandamento dell’amore include Dio e il prossimo, la separazione da uno dei due, comporta automaticamente la separazione dall’altro. Ora, cos’è che è in grado di separarci dal prossimo? Odio, risentimento, spirito di parte, volontà di vendetta, orgoglio, avidità, egoismo, disprezzo, indifferenza. Ognuno sa se esiste in lui qualcuno di questi sentimenti, che nell’ostilità che oppongono agli altri, gridano una volta di più a Gesù il loro “Che c’è tra noi e te, Figlio di Dio?”. E c’è bisogno di tutta la potenza di Dio per liberarcene. Ora, per ognuno che ne viene liberato, si innesca nella nostra società, in larga parte idolatrica, perché adoratrice della ricchezza a tutti i costi e solo per alcuni (nonostante le numerose chiese e le istituzioni religiose, le Bibbie in circolazione, le televisioni e la pubblicistica a vario titolo cristiane), si innesca un moto contrario che è avvertito dai più come pericoloso, dato che mette a repentaglio privilegi acquisiti (la mandria di porci del racconto), per aprire su orizzonti diversi di sviluppo e di convivenza. Da qui il rifiuto, che ogni volta, viene opposto all’annuncio e alla pratica del vangelo di Gesù, nella sua pretesa di affermare come momento regolatore della convivenza umana il principio della cura a partire dagli ultimi, non certo, perciò, in vista di una qualche rivendicazione sul piano religioso. Come il Sistema, di gran lunga, preferirebbe. C’è, allora, qualcosa che ci divide dagli altri, e soprattutto, dagli ultimi tra gli altri? Fino a che punto siamo disposti a rinunciare al maialino che alleviamo dentro di noi, per dare il benvenuto a Gesù nella nostra vita?

Il nostro calendario ecumenico ci porta oggi la memoria di Mehdi Dibaj e Compagni, pastori evangelici e martiri in Iran. E il ricordo di uno scrittore, appassionato di Cristo: George Bernanos.

Mehdi Dibaj era nato nel 1935 in una ricchissima famiglia musulmana in Iran. Adolescente era diventato cristiano, facendosi battezzare nella Chiesa delle Assemblee di Dio. In seguito aveva studiato da pastore, inaugurando subito dopo il suo ministero missionario. Nel 1979, fu incarcerato una prima volta, per 68 giorni, a causa della sua fede. Nel 1984 fu arrestato nuovamente. Per due anni visse in isolamento, sopportando regolarmente percosse e ripetute esperienze traumatiche di finte esecuzioni. Nel 1988, la moglie, minacciata più volte di morte per lapidazione, chiese ed ottenne il divorzio da Mehdi, per far ritorno alla religione dei padri. La Chiesa si fece carico dell’educazione dei due figli della coppia. Condannato a morte per apostasia il 21 dicembre 1993, Dibaj fu tuttavia improvvisamente rilasciato il 13 gennaio dell’anno seguente. Che le cose comunque non fossero affatto tranquille per la piccola comunità cristiana di quella regione, lo rivelò l’omicidio, pochi giorni dopo, del rev. Haik Hovsepian Mehr, Vescovo delle Assemblee di Dio in Iran, il cui cadavere fu ritrovato a Karaj il 20 gennaio 1994. Mehdi Dibaj tuttavia non si lasciò intimorire e riprese di lena il lavoro per così lungo tempo interrotto, viaggiando per il Paese a incoraggiare i compagni di fede. Il 2 luglio dello stesso anno, fu ritrovato il cadavere del reverendo Tatavous Michaelian, sessantaduenne pastore della chiesa evangelica presbiteriana di Tehran, ucciso a colpi di pistola, dopo essere uscito di casa, senza farvi più ritorno, il 29 giugno precedente. Il 5 luglio 1994 l’Agenzia di notizie di Stato informò del ritrovamento del corpo senza vita del pastore Mehdi Dibaj.

Georges Bernanos era nato a Parigi il 21 febbraio 1888. Durante gli studi in Lettere e Diritto alla Sorbona, divenne militante dell’Action Française, un’organizzazione di estrema destra, di stampo monarchico, che si voleva campione dell’ortodossia cattolica. Vi rimase finché la Chiesa, giudicandola piuttosto eccessiva, pensò bene di scomunicarla. Terminati gli studi, allo scoppio della prima guerra mondiale, il giovane Bernanos venne inviato al fronte, rimase ferito e fu decorato con una croce al merito. Nel 1917 si sposò e divenne ispettore assicurativo. Fu durante i suoi viaggi che comiciò a scrivere il suo primo libro, Sotto il sole di Satana, il cui successo lo convinse a intraprendere la carriera di scrittore. La precarietà delle entrate costrinsero la famiglia Bernanos (la coppia ebbe sei figli) a continui spostamenti. Nel 1934, con il trasferimento a Maiorca, lo scrittore venne a contatto diretto con la tragedia della guerra civile spagnola, i cui orrori, nonché l’appoggio dato al sollevamento franchista dalla gerarchia ecclesiastica, egli denunciò con forza nel suo libro I grandi cimiteri sotto la luna. Allo stesso periodo risale il suo capolavoro, Il Diario di un curato di campagna. Rientrato brevemente in Francia, quando presagì l’affermarsi dell’avventura totalitaria, ne ripartì con destinazione il Paraguay e poi il Brasile, da dove collaborò con le radio alleate in sostegno alla Resistenza. Nel 1945, al rientro in Francia, rifiutò incarichi prestigiosi offertigli da De Gaulle, così come l’ammissione all’Academie française. Nel 1947, si trasferisce con la famiglia in Tunisia, dove compose il Dialogo delle Carmelitane, la sua unica pièce teatrale, ambientata nella rivoluzione francese. Nel giugno del 1948, le condizioni di salute gli imposero di tornare in Francia, per esservi operato, ma un improvviso peggioramento lo portò alla morte, a Neuilly-sur-Seine, presso Parigi, il 5 luglio 1948. Sulla sua tomba fece scrivere questo epitaffio: “Si prega l’angelo trombettiere di suonare forte: il defunto è duro di orecchie”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro della Genesi, cap.21, 5. 8-20; Salmo 34; Vangelo di Matteo, cap.8, 28-34.

La preghiera del mercoledì è in comunione con tutti gli operatori di pace, quale ne sia la fede, l’ideale, la filosofia di vita che li guida.

È tutto, per stasera. E noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una pagina di Georges Bernanos, tratta dal suo libro “I grandi cimiteri sotto la luna” (Il Saggiatore), che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Riconciliare, in nome dell’umanesimo, la morale del Vangelo e quella di La Fontaine non è cosa da poco. Così, quando un ministro o un banchiere affida alle vostre mani la sua creatura sperando che venga modellata a sua immagine e somiglianza, voi non potete deludere del tuttto la sua aspettativa. E non la deludete sempre. Il fior fiore dell’ateismo enciclopedico è uscito dai vostri istituti. “Li trattavamo bene” dite voi “li proteggevamo dal male, vicino a noi non avevano nulla da temere”. Sì, peccato che il battello abbia preso il mare! Se non fosse mai uscito dalla cala, lo vedremmo ancor là, dipinto a nuovo, lavato di fresco e ornato di graziose bandierine. “Come, non li avevamo forse messi in guardia contro il mondo?”. Indubbiamente. Conoscevano più o meno tutte le concessioni che un cristiano può fare allo spirito del mondo senza rischiare l’eternità all’inferno. Con tali campioni delle beatitudini, il mondo non ha molto da temere; può tranquillamente attendere che la maledizione lanciata contro di esso si compia… “Non potete servire Dio e il mondo, non potete servire Dio e il denaro…”. Niente paura, non commenterò questo testo, giacché me lo proibite. Dirò soltanto che se vi foste preoccupati di giustificarlo, da venti secoli a oggi, con l’ingegnosità, l’astuzia e la forza psicologica che avete speso, non a stravolgerne il senso – l’avrebbe impedito Dio – ma a mettere in guardia i vostri parrocchiani contro una sua troppo letterale interpretazione, la cristianità sarebbe più viva. Che cosa importa che formiate una gioventù cristiana media, se il mondo moderno è caduto così in basso che dire “cristiano medio” non equivale neanche a dire onest’uomo? È inutile che stiate a fare dei cristiani medi, essi lo diventeranno con l’età. Certo, Dio solo sonda i cuori. Ma infine, mediocre per mediocre, badando solo al rendimento, qualunque capo responsabile potrà dirvi che un cristiano medio possiede tutti i difetti della comunità umana, e in più una dose supplementare di orgoglio e di ipocrisia, senza parlare della deplorevole attitudine a risolvere a proprio favore i casi di coscienza. “Non possiamo fare altro” rispondete voi. Indubbiamente. […] Vi occorre educare cittadini che daranno a Cesare quel che è di Cesare, e anche qualcosa di più. Questo supplemento è d’altronde di importanza variabile, è una cifra da trattare, un pegno prezioso, base di vantaggiose negoziazioni con il potere stabilito. Credete che questo mercato mi scandalizzi? No, vi sbagliate di grosso. Dato che è Cesare ad avere in mano i vostri istituti, aprendoli o chiudendoli a suo piacimento, per qual motivo non dovreste mercanteggiare con lui? Il guaio è che difficilmente riuscirete a rianimare, più tardi, la fiamma che tanto prudentemente avrete serbato sotto il moggio. (Georges Bernanos, I grandi cimiteri sotto la luna).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 05 Luglio 2017ultima modifica: 2017-07-05T22:39:28+02:00da fraternidade
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