Giorno per giorno – 04 Giugno 2017

Carissimi,
“La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: Pace a voi! Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore” (Gv 20, 19-20). La messa di Pentecoste, l’abbiamo celebrata stamattina, nel giardino (o nel bosco, come altri preferiscono) del monastero. Si era meno del solito, perché molta gente del bairro preferisce in questa occasione andare in cattedrale, dove la festa del Divino (come è detto qui lo Spirito Santo) esercita da sempre un richiamo notevole. Da noi, è stata anche l’occasione di dare il benvenuto ufficiale a padre Geraldo, un gesuita di cui vi avevamo già accennato qualcosa, nella Settimana santa, quando era giunto in avanscoperta, con la notizia fresca del suo trasferimento qui. Cui ha dato seguito in questi giorni. Le porte chiuse. La paura. Certo, anche, i sensi di colpa, per come avevano abbandonato, rinnegato, in un modo o nell’altro, tradito, il Maestro. E Lui arriva, come niente fosse e dice semplicmente “Pace”. E mostra loro le mani e il costato, come per dire: sono proprio io. E, subito, forse per timore che si sentissero colpevolizzati da quei segni, aggiunge di nuovo: Pace, pace, state tranquilli, è tutto passato. Poi, proprio a loro, che non avevano retto alla prova, dice: Come il Padre ha mandato me, così anch’io mando voi”. Non c’è da credergli. Più che disastri non faremo. E così, per farli sentire più sicuri, alita su di loro e dice: Ricevete il mio Spirito. Che poi consiste nella capacità di donare, donarsi e perdonare. In altre parole, di riconciliare il mondo. Da lì, dal dono dello Spirito, nasce la Chiesa, siamo perciò rinati anche noi, perdonati e salvati, resi capaci di essere in Lui e con Lui canali di grazia, di salvezza, di riscatto, di liberazione per un’umanità oppressa dal male. Ma noi, ne siamo consapevoli?

Dunque, a cinquanta giorni dalla Pasqua la Chiesa celebra la solennità di Pentecoste, in cui si fa memoria della discesa dello Spirito Santo sugli apostoli riuniti in preghiera “insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui” (At 1, 14). È anche celebrazione del segreto lavorio dello Spirito in tutti coloro che si arrendono all’Evangelo del Regno, lo annunciano e lo testimoniano.

I testi che la liturgia propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.2, 1-11; Salmo 104; 1ª Lettera ai Corinzi, cap. 12, 3-7.12-13; Vangelo di Giovanni, cap.20, 19-23.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

Oggi, il calendario ci porta la memoria di José María Gran Cirera, missionario, e di Domingo Batz, laico, martiri in Guatemala, e di Antonio Zawistowski, prete diocesano, e Stanislao Starowieyski, laico, martiri sotto il totalitarismo nazista.

José María Gran Cirera, missionario di 35 anni, nato a Barcellona (Spagna), era parroco a Chajul (Guatemala), ed era fortemente impegnato nell’assistenza e nella difesa degli indios della regione. Il 4 giugno 1980, si recava, assieme a Domingo Batz, a celebrare messa a Xeixojbitz, un villaggio del circondario. Lungo un sentiero boscoso e solitario incontrarono una pattuglia di soldati che uccisero il primo con sette colpi di pistola, e il secondo con due, lasciando sul terreno un gran numero di volantini firmati dalla guerriglia, per fingere uno scontro a fuoco che non ebbe mai luogo. Sono solo due tra i numerosi missionari e i moltissimi laici assassinati durante gli anni della dittatura che tra il 1960 e il 1996 è costato qualcosa come 200 mila vittime e un milione di profughi.

Di Antonio Zawistowski, prete diocesano, e di Stanislao Starowieyski, laico, entrambi polacchi, sappiamo solo che, “sopportando atroci tormenti”, morirono in questa data, il primo nel 1942, il secondo nel 1940, nel lager nazista di Dachau. Furono beatificati da Giovanni Paolo II a Varsavia (Polonia) il 13 giugno 1999, con altri 106 martiri polacchi, tutti vittime del totalitarismo nazista, uccisi in tempi, modi e località diverse. In totale si trattò di 3 vescovi, 52 preti diocesani, 3 seminaristi, 33 religiosi, 8 religiose, 9 laici.

Il 19 agosto 1982, l’Assemblea Generale dell’ONU decideva che il 4 di giugno di ogni anno si celebrasse la Giornata internazionale per i bambini innocenti vittime delle aggressioni e delle guerre, con l’intento di sensibilizzare la coscienza civile sugli orrori che si abbattono sulla parte più indifesa dell’umanità. Vale la pena che anche noi si si faccia un pensiero, per scuoterci da ogni colpevole torpore e assumere le iniziative del caso.

Dopo la messa in monastero, con dom Eugenio siamo andati a celebrare Pentecoste alla Chácara di recupero, dove il vescovo ha somministrato la cresima a Andrey, giunto alla fine del suo trattamento. Siamo certi che non mancherete di mettere questo nostro amico nella vostra preghiera, perché sappia onorare l’impegno assunto di una vita all’altezza della missione che Cristo ha affidato alla sua chiesa.

E, per stasera, è tutto. Noi ci si congeda, offrendovi in lettura un brano di Dietrich Bonhoeffer, tratto da una sua meditazione per la Domenica di Pentecoste del 1940, che troviamo nel volumetto “Memoria e fedeltà” (Qiqajon). È questo, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
C’è Pentecoste per coloro che amano Gesù Cristo e custodiscono la sua parola. Come allora i discepoli erano insieme, unanimi, prima che venisse il rombo dal cielo (At 2, 1-2), così anche oggi c’è Pentecoste dove c’è amore per Gesù Cristo. Ma dove lo si ama, là viene custodita e tenuta salda anche l’intera sua parola, la sua promessa e il suo comandamento. Che significa amare Gesù? Significa voler appartenere solo a lui, che ci ha dato la sua parola e l’ha mantenuta; significa cercare la comunione con lui più di ogni altra cosa, desiderare la sua presenza. Chi ama in tal modo, si tiene stretto alla parola dell’amato, vi aderisce, non se la lascia sfuggire, la mette in pratica, per quanto gli è possibile. Ma un tale amore per Gesù farà l’esperienza del compimeno più pieno. Tutto l’amore di Dio, il Padre di Gesù Cristo, si riverserà in pienezza in colui che ama il Figlio di Dio: Dio e Gesù Cristo verranno a lui e prenderanno dimora in lui. Il corpo, l’anima e lo spirito di chi ama Gesù diventano abitazione santa, tempio di Dio e di Cristo sulla terra. Se la venuta di Gesù nella carne era per il mondo intero, il suo venire nello Spirito è per coloro che lo amano. Nulla qui deve essere attenuato o svigorito di senso: si tratta della reale, piena inabitazione di Dio e di Cristo nell’uomo. Non è come l’immagine di una persona amata che prende possesso di noi, non come una nuova forza che ci riempie, ma è il Dio personale, è il Cristo stesso che dimora in noi. Dio e Cristo non sono solamente con noi, presso di noi, intorno a noi, sopra di noi: sono in noi. Non solo riceviamo i doni di Dio e di Cristo, ma abbiamo parte con Dio e con Cristo, li portiamo come presenza santissima in noi. Qui non è neppure la comunità il destinatario, ma è realmente il singolo. È una promessa che va ben al di là di quello che i discepoli vissero con Gesù nei giorni della sua esistenza sulla terra, e vale per tutti coloro che lo amano. Incomparabilmente di più, non certo di meno è ciò che Gesù dà ai suoi, nel lasciarli. (Dietrich Bonhoeffer, Memoria e fedeltà).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 04 Giugno 2017ultima modifica: 2017-06-04T22:46:27+02:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo