Giorno per giorno – 15 Marzo 2017

Carissimi,
“Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mt 20, 25-28). Non era bastato il ripetuto annuncio dell’imminente passione, né il severo rimprovero a Simon Pietro che gliene aveva censurato anche solo l’idea (cf Mt 16, 22-23), una volta di più, Gesù si scontra con quella che potremmo definire l’ottusità dei discepoli o comunque il loro mancato ascolto (che è anche il nostro) riguardo al suo destino, che coinvolgerebbe inevitabilmente anche il loro e nostro. Parla della sua passione e i discepoli sono interessati al potere. Matteo mette in campo la madre di Giovanni e Giacomo, forse per evitare la figuraccia ai due figli di Zebedeo, Marco, invece, probabilmente più fedele al racconto originario, vede proprio loro farsi avanti, quando il maestro non ha ancora terminato di parlare, per chiedere, chissà, nel futuro assetto di governo che essi sognano, i primi posti (cf Mc 10, 35-40). Gesù dev’essere rimasto tra il frastornato e il costernato, ma, in ogni caso, ripete pazientemente la lezione, così centrale nella sua proposta, sulla logica del servizio ai fratelli e del dono della vita. Noi siamo stati battezzati in questo, anche se forse non ce l’hanno fatto sapere. Gesù ne prende atto, anche nei nostri confronti, e, ormai da duemila anni, lo ripete a noi, alle gerarchie della chiesa, ai politici che si dicono cristiani, e ad ogni cristiano che si voglia davvero coerentemente tale, a cosa debbano improntare le proprie scelte e il proprio stile di vita. Quaresima è un tempo adeguato per farci un pensiero.

Il martirologio latinoamericano ricorda oggi Nelio Rougier, piccolo fratello del Vangelo, desaparecido sotto la dittatura argentina, e Manuel de Jesus Recinos, Antonio Chaj e compagni, martiri evangelici in Guatemala.

Nelio Rougier era nato nel 1930 in una famiglia di sette figli. Entrato in seminario e ordinato prete, venne nominato direttore spirituale, prefetto degli studi e professore nel seminario maggiore dell’archidiocesi di Paraná (Argentina). Questi incarichi non gli impedirono tuttavia di lavorare in un quartiere povero di periferia e di svolgere la funzione di cappellano in un lebbrosario, dove celebrava la messa per i malati ed era in mezzo a loro una presenza amorosa. Desideroso di maggior povertà, entrò nella Fraternità dei Piccoli Fratelli del Vangelo, a Fortín Olmos, dove divenne taglialegna. In seguito, si recò a vivere per tre anni con gli indigeni in Venezuela e, al ritorno in patria, si recò a Córdoba per fondarvi una comunità. Scelse di abitare in una “villa miseria”, una baraccopoli senza nome né servizi, dove si trasferì nascondendo la sua condizione di sacerdote. Lo battezzarono il “gringo”, per i suoi occhi e capelli chiari. Costruita la sua casetta, prese a cercare i mezzi per vivere, come i suoi vicini, rovistando nella spazzatura delle discariche circostanti. Nei momenti liberi giocava a calcio. Nel 1971 si aggiunsero a lui alcuni laici che ne condividevano la spiritualità e l’impegno. Nelio celebrò allora la sua prima messa all’aperto, all’ombra di un albero. Insieme crearono una societá di mutuo appoggio, costruirono un Pronto Soccorso, e ottennero l’acqua potabile. La comunità pregava, studiava, analizzava e approfondiva la realtà. Il quartiere si guadagnò allora persino un nome, “Barranca Yaco”. Nelio, per la coerenza della sua opzione, cominciò ad essere ricercato da religiosi, politici, giovani. Nella sua ansia di giustizia per i poveri, compì quella che sarebbe stata la sua ultima scelta: si mise in viaggio per Tucumán nel momento peggiore, quando impazzava la repressione governativa. Lì, il 15 marzo 1975, venne sequestrato e sparì nel nulla.

Manuel de Jesús Recinos, di 24 anni, era un militante cristiano dell’Alianza Evangélica Guatemalteca. Il 15 marzo 1986, mentre partecipava ad un culto, uomini non identificati armati di fucili e coltelli entrarono in chiesa e lo uccisero brutalmente sotto lo sguardo impaurito e impotente dei suoi fratelli di fede. Il Reverendo Guillermo Galindo, presidente della Chiesa, attribuì subito al governo la responsabilità di questo e di altri omicidi, sequestri e sparizioni, avvenuti nel dipartimento di Suchitepéquez, tra cui quello del pastore evangelico Antonio Chaj Solís e di altri sei militanti cristiani evangelici, a Chimaltenango, martiri della loro fede nel Signore Gesù.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da :
Profezia di Geremia, cap.18, 18-20; Salmo 31; Vangelo di Matteo, cap.20, 17-28.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano la Verità del mondo e l’Assoluto della loro vita, lungo i sentieri dell’impegno per la pace, la giustizia e la fraternità tra popoli e individui.

In passato ci è già capitato di ricordare che Arturo Paoli fu il fondatore della fraternità dei Piccoli fratelli del Vangelo di Fortin Olmos, e, in quanto tale, fu anche superiore, confratello e amico di Nelio Rougier. Non avendo nulla di scritto di quest’ultimo, scegliamo di dare la parola ad Arturo, proponendovi un brano tratto da un articolo di Rocca, che troviamo in rete. Ed è questo, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Il tema dell’annunzio di Gesù è il regno di Dio, cioè una famiglia umana che viva in pace, giustizia e quindi gioiosa. Gesù non vuole culti raffinati, lunghe meditazioni che abbiano come punto di partenza la domanda: chi è finalmente questo uomo?, attende solo amicizia e fiducia. Assistiamo a degli eventi che scoprono sempre di più il senso della vita umana come un morire e rinascere rappresentato dal corpo di Gesù perforato in tutte le sue dimensioni, che esce trionfante e rimane eternamente come il più bello dei figli dell’uomo. Ogni generazione esprime la fede cristiana con le parole che appaiono dense di significato alla generazione presente. Oggi nelle scoperte della tecnica, si sente avanzare una realtà agghiacciante che si potrebbe definire il fai da te e dovrebbe contrapporsi all’assicurazione che ci viene trasmessa dal Vangelo e che definisce la nostra relazione con Gesù: Io sono la vite, voi i tralci. Non vi chiamo più servi ma amici. Dobbiamo scoprire il senso vero della sua passione cancellando quello di pagare un debito al Padre per i nostri peccati. Il vero senso è dimostrare che il suo martirio ha vinto e sradicato dalla carne umana lo stimolo della ybris, arroganza del piccolo uomo che tende a sentirsi al di sopra degli altri e senza il bisogno di un Dio. Gesù ci trasmette il suo stile di essere uomo preferendo i più umiliati e marginalizzati degli uomini. Vorrei chiudere la mia speranza in alcune parole di un pensatore assai noto Carl Gustav Jung: “Tutte le cose alla loro origine, anche l’uomo prima di divenire una canaglia sono ed erano di una bellezza penetrante e incantevole, perché allo stato nascendi ognuno a suo modo rappresenta qualcosa di prezioso, l’immagine di un’aspirazione alimentata nel più profondo dell’essere, dell’infinita delicatezza delle cose in boccio, rivela insomma l’impronta dell’amore, e della bontà infinita del creatore”. (Arturo Paoli).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 15 Marzo 2017ultima modifica: 2017-03-15T22:20:37+01:00da fraternidade
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