Giorno per giorno – 10 Gennaio 2017

Carissimi,
“Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!. E Gesù gli ordinò severamente: Taci! Esci da lui! E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui” (Mc 1, 23-26). Niente meno che nella sinagoga! Oggi, diremmo in chiesa, o nella comunità, in cui ci si riunisce per ascoltare, meditare e vivere la parola di Dio. Quel tale può essere chunque di noi, o il nostro pastore, il parroco, il catechista, il frate, la monaca. E non c’è neppur bisogno che si gridi la propria estraneità rispetto a Gesù e al suo insegnamento. Basta anche solo pensarla. Si rivela da sola. Essa si dà, quando, sulla prassi di Gesù, prendono il sopravvento le parole, i sentimenti e gli atteggiamenti di chiusura, odio, avidità, intolleranza, crudeltà, resistenza al perdono, o anche solo (!) di indifferenza – soprattutto se ammantate di religiosità o della difesa di una qualche pretesa ortodossia (che coincide quasi sempre con il proprio punto di vista). Quando l’unica ortodossia che preoccupa il buon Dio non è costituita da ciò che si può balbettare di Lui (e qualche volta lo si bestemmia), ma, appunto, è la verità dell’amore, cioè del dono di sé. Per la vita di tutti, a partire dai più deboli. In questa sequenza. Per affermare “questa” verità Gesù ha lottato contro le potenze del mondo, con le armi della nonviolenza, fino a dare la vita. Ora si tratta di sapere se noi siamo disposti ad aprirci ad essa o se grideremo o rimugineremo invece il nostro “che diavolo abbiamo a che fare con Costui, noi?” nella nostra negazione della fraternità, a cui siamo chiamati.

Oggi il calendario ci porta la memoria di Gregorio di Nissa, pastore e padre della Chiesa.

Gregorio era nato in Cappadocia nel 335, figlio di Basilio e Emmelia, fratello di Basilio di Cesarea, Pietro e Macrina. Tutti ricordati come santi. Dopo gli studi di retorica e filosofia ad Atene, il giovane visse alcuni anni di vita matrimoniale. Poi, rimasto vedovo (o, secondo altri, ottenuto il consenso della moglie), raggiunse il fratello Basilio e l’amico Gregorio di Nazianzo nel monastero fondato dal primo sulle rive del fiume Iris. Amante dello studio e della solitudine, fu designato, suo malgrado, vescovo di Nissa nel 372, in un’epoca burrascosa nella vita della chiesa, a causa della controversia ariana che avvelenava e armava gli animi, gli uni contro gli altri. E il povero vescovo dovette farne le spese. Accusato di sperperare i beni della Chiesa, fu deposto nel 376 e mandato in esilio. Nel 378, tuttavia, era già di ritorno, dopo che le accuse si erano rivelate infondate, espressione più che altro della malevolenza degli avversari ariani. Morto Basilio, l’anno successivo, toccò a Gregorio portare avanti la riflessione teologica della Chiesa. Nel Concilio di Efeso, convocato nel 381 dall’imperatore Teodosio, i padri conciliari, ammirati per la forza della sua dottrina, lo definirono “colonna dell’ortodossia”. Gregorio morì intorno all’anno 395.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera agli Ebrei, cap. 2,5-12; Salmo 8; Vangelo di Marco, cap. 1,21b-28.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali dell’Africa Nera, e con quante da esse hanno tratto origine.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, lasciandovi ad un brano di Gregorio di Nissa, tratto dalla sua “Omelia prima sull’amore dei poveri”. Che È, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Come i giudici di gara della vanità che proclamano al suono della tromba la loro generosità e annunciano la spartizione dei premi a tutti i concorrenti, la beneficenza convoca tutti coloro che sono in difficoltà e nel bisogno non per assegnare a loro la ricompensa delle ferite, ma per arrecare un sostegno alle angosce. È questa, più sublime di ogni lodevole azione, commensale di Dio, amica del bene e che ha ogni appropriazione con lui. Così prima di tutto opere buone e di tenerezza nei confronti degli uomini: il fondamento della terra, il cielo armonioso, il ritmo delle stagioni, la dolcezza del sole, la fredda purezza dei ghiacciai, in una parola tutte le cose, non le ha create per se stesso – non ne aveva bisogno! – ma le ha fatte esternamente perché ci ama. Come un agricoltore invisibile, procura il nutrimento agli uomini e irriga la terra nella buona stagione. Egli, infatti, secondo Isaia (55,10), dà la semente al seminatore e l’acqua dalle nubi; talvolta lascia cadere una pioggia leggera, talaltra inonda i solchi con violenti rovesci. Appena il grano ha germogliato e diventa frumento, dissipa le nubi del cielo e diffonde il sole che mette a nudo i suoi raggi, riscalda e infiamma la spiga perché sia pronta per la mietitura. Fa maturare anche la vite e a suo tempo procura la bevanda all’assetato. Ingrassa per noi i vari tipi di greggi per procurare agli uomini carne abbondante e le pelli di alcune forniscono lana per assicurare protezione e quelle di altre per confezionare sandali. Vedi. Come Dio per primo ha amato la beneficenza, così lui nutre l’affamato, dà da bere all’assetato, veste chi è nudo, […] Dio che per primo ha mostrato i suoi benefici, ha provveduto alle nostre necessità con munificenza e con bontà. Noi, invece, che da ogni lettera della Bibbia siamo istruiti a emulare il nostro Signore e Creatore – per quanto un mortale possa pretendere di imitare il Beato e l’Eterno -, accaparriamo tutto per il nostro godimento personale, sia che spendiamo la nostra fortuna in piaceri, sia che la capitalizziamo per i nostri eredi. Non abbiamo cura di coloro che sono colpiti da disgrazie; nessun pensiero per gli afflitti. Implacabile proposito! (Gregorio di Nissa, Omelia prima sull’amore dei poveri).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 10 Gennaio 2017ultima modifica: 2017-01-10T22:03:42+01:00da fraternidade
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