Giorno per giorno – 01 Dicembre 2016

Carissimi,
“Non chiunque mi dice: ‘Signore, Signore’, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7, 21). Il regno dei cieli, cioè la manifestazione di come Dio regna tra di noi sulla terra, non può limitarsi ad una proclamazione verbale, ad una celebrazione liturgica, né ad usi e costumi che certa tradizione è venuta introducendo per caratterizzare l’universo religioso come separato dal contesto mondano: credenze, riti, festività, devozioni, vesti, paramenti, edifici, associazioni, movimenti, o che altro. Tutto questo può avere senso solo se rinvia alla pratica della volontà di Dio. Che si concretizza, secondo l’insegnamento e l’esempio di Gesù, in attitudini di accoglienza generosa, servizio gratuito, dono di sé incondizionato, ostinata disponibilità al perdono. È questo, e solo questo, in grado di segnalare che Gesù, la verità del Padre, è davvero “Signore” della nostra vita, ci strappa, cioè, al ripiegamento su noi stessi, ci guida nelle nostre scelte, parla, o piuttosto solo balbetta, attraverso le nostre azioni, a chi ci sta intorno, la parola eterna del Padre, che è cura, solidarietà, salvezza per tutti. A partire dagli ultimi. Avvento del Regno, di Gesù, nelle nostre vite e nella nostra storia, è questo nostro dirgli di sì. Che Lui ci garantisce reggerà ad ogni tempesta.

Il calendario ci porta oggi la memoria di Charles de Foucauld, fratello universale.

Charles de Foucauld de Pontbriand nacque il 15 settembre 1858, a Strasburgo. Rimasto orfano all’età di sei anni, venne affidato con la sorella Marie alle cure del nonno materno. Dopo la prima comunione all’età di quindici anni, Charles, praticamente agnostico, si diede a una vita gaudente e dissipata. Abbracciata la carriera militare, nel 1880 fu inviato con il suo reggimento a Sétif, in Algeria, dove nonostante i divieti, si fece raggiungere dalla donna con cui ha avviato una relazione. Dopo una serie di punizioni, nel marzo del 1881, venne congedato per “indisciplina, aggravata da cattiva condotta notoria”. Nel maggio seguente ottenne tuttavia di essere reintegrato, partecipando per otto mesi alla campagna contro la rivolta di Bou-Amama, nel sud oranese. Profondamente impressionato dalla civiltà araba, volle conoscerla più da vicino. Lasciato definitivamente l’esercito, a partire dal 1883, prese a studiare l’arabo e l’ebraico, preparando minuziosamente il viaggio che lo porterà ad esplorare Marocco, Tunisia e Algeria. Il 1886 vide l’inizio della sua conversione, quando, nella chiesa di S. Agostino, a Parigi, si confessò da padre Huvelin. Nel 1890, entrò in una trappa, che lasciò tuttavia nel 1897, avendo maturato la convinzione che Dio gli stesse chiedendo altro. Emessi i voti di castità e povertà assoluta, in forma privata, davanti al suo confessore, Charles si recò in Palestina, dove per qualche anno fece il giardiniere nel monastero delle Clarisse di Nazareth. Nell’agosto del 1900 si recò in Francia per prepararsi al sacerdozio. Dopo l’ordinazione, avvenuta nel giugno del 1901, si recò in Algeria, scegliendo di abitare a Tamanrasset, nel Sahara, dove visse per quindici anni una vita nascosta, come quella del falegname Gesù di Nazareth, dedicandosi alla preghiera, al lavoro e allo studio. Lì apprese a scorgere nei suoi vicini musulmani i suoi propri fratelli e i figli dell’unico Dio. Alcune prese di posizione degli ultimi tempi parvero indicare una reviviscenza dell’antico spirito bellicoso e nazionalista che gli era stato inculcato in gioventù. Si trattò tuttavia di umane debolezze che non attenuarono il significato complessivo di una vita che resta tra le testimonianze più alte della spiritualità del nostro tempo. Il 1° dicembre 1916, un gruppo di tuareg ribelli invase la roccaforte, per saccheggiarla e impadronirsi delle armi che vi erano custodite; fratel Charles, immobilizzato e legato, fu tenuto sotto tiro da un ragazzino di quindici anni. Forse un falso movimento impaurì la guardia, che sparò e uccise così, quasi per caso, l’eremita del Sahara. Negli anni successivi alla sua morte, sorgeranno numerose famiglie religiose che si ispirano agli ideali di Charles de Foucauld. Tra queste, le più conosciute, quelle dei Piccoli Fratelli e le Piccole Sorelle di Gesù e i Piccoli Fratelli del Vangelo, che vivono del loro lavoro in fraternità povere e nascoste, condividendo con semplicità la vita dei loro vicini.

I testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Isaia, cap.26, 1-6; Salmo 118; Vangelo di Matteo, cap.7, 21. 24-27.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

Oggi è la Giornata mondiale di lotta contro l’Aids e di solidarietà con i portatori di Hiv. Nella preghiera di stamattina abbiamo ricordato amici, amiche, conoscenti e tutti/e coloro che vivono questa esperienza. Li mettiamo anche nella vostra. Che l’amicizia che non viene meno e la presenza solidale in ogni situazione che la renda concretamente possibile siano la testimonianza di una paternità che ci accoglie tutti in un unico abbraccio.

Anche per stasera è tutto. E noi ci congediamo, offrendovi in lettura una citazione di Charles de Foucauld, tratta da una antologia dei suoi scritti, pubblicata nel numero 70/’98 della rivista Jesus Caritas. Ed è questo, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
“Amiamo Dio, perché ci ha amati per primo”. La Passione, il Calvario, è una suprema dichiarazione d’amore. Non è per redimerci che tu hai sofferto tanto, Gesù! Il più piccolo dei tuoi atti ha un valore infinito, poiché è l’atto d’un Dio, e sarebbe stato sufficiente, anzi sovrabbondante, per redimere mille mondi, tutti i mondi possibili. È per santificarci, per portarci, per spingerci ad amarti liberamente, poiché l’amore è il mezzo potente per attirare l’amore, poiché amare è il mezzo più potente per farsi amare… e poiché soffrire per chi si ama è il mezzo più invincibile per dimostrare che si ama… e più le sofferenze sono grandi, più la prova è convincente, più l’amore di cui si dà dimostrazione è profondo. Mio Dio, quanto ci ami, tu che per noi hai voluto essere sprofondato in quest’abisso di sofferenze e di disprezzo, tu che in tal modo hai voluto darci tante lezioni, ma innanzitutto, soprattutto, hai voluto dimostrarci il tuo amore, quest’amore inaudito grazie al quale il padre ha dato il suo unico Figlio, e l’ha dato in mezzo a tali sofferenze e tali umiliazioni allo scopo di indurci, con la vista, con la certezza di un sì immenso amore, dimostrato e dichiarato in maniera così toccante e commovente, allo scopo d’indurci con ciò ad amare Dio a nostra volta, ad amare l’Essere così amabile che ci ama tanto. Amiamo Dio, poiché egli ci ha amati per primo. (Charles de Foucauld, Pensieri).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 01 Dicembre 2016ultima modifica: 2016-12-01T22:36:52+01:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo