Giorno per giorno – 03 Novembre 2016

Carissimi,
“Si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: Costui accoglie i peccatori e mangia con loro” (Lc 15, 1-2). Beh, i farisei, i religiosi (non tutti, per carità), non hanno mai smesso di mormorare, di scandalizzarsi, e perciò di censurare, sottacere, finché possono, questo atteggiamento di Gesù. È più forte di loro. Ne va della giustizia, dell’ordine, della religione, della legge di Dio. E, a questo punto, meglio se Gesù non fosse mai venuto. Viene a portare confusione. E difatti, hanno tentato di eliminarlo, e ci provano ogni volta. Dato che, a condannarlo e a crocifiggerlo, non sono stati i peccatori, che hanno invece perso un compagno che non gli rimproverava le loro bisbocce, anzi ne sorrideva, ma sono state proprio le persone dabbene, con i loro rappresentanti nelle gerarchie dell’epoca. Quanto ai discepoli, ce ne avrebbero messo del tempo, per imparare la lezione, tentati com’erano, ogni volta che capitava, di far scendere fuoco (o magari scatenare qualche terremoto) nelle città che rifiutavano Gesù. Che era ciò che avevano appreso nei catechismi di allora. E Gesù, desolato, a scuotere la testa e chiedersi: ma dove li ho pescati questi? E dire a loro: avete capito niente! Cosa direbbe oggi Gesù di noi?

Oggi il calendario ci porta la memoria di Martino Porres, servitore dei poveri, e di Léon Bloy, pellegrino dell’Assoluto.

Martino nacque a Lima (Perú), il 9 dicembre 1569, dall’unione di un aristocratico spagnolo, Juan de Porres, con una ex-schiava negra di origine africana. La sua condizione di mulatto fu sempre motivo di discriminazione. Affidato alle cure della madre, divenne allievo di un barbiere chirurgo e imparò i segreti delle cure e della farmacopea naturali. Sicché, ben presto, cominciò ad essere ricercato per le sue conoscenze e per la generosità con cui si dedicava ai malati, soprattutto i più poveri. Nel 1603 entrò nell’ordine domenicano, come laico, e in convento continuò ad esercitare la sua funzione di infermiere. Visse una vita di penitenza, preghiera e carità fino alla morte, che sopraggiunse il 3 novembre 1639.

Léon Bloy era nato a Périgueux, in Francia, l’11 luglio 1846. La sua giovinezza era stata abbastanza inconcludente; lasciati gli studi, era passato da un lavoro all’altro, mentre, sul piano religioso, aveva alternato momenti di entusiamo ad altri di ribellione e di deciso rifiuto. La svolta decisiva della sua vita si ebbe nel 1877 quando conobbe una povera prostituta, Anne-Marie Roulé, al cui riscatto Bloy si dedicò, convinto che ella possedesse una scintilla di grandezza. Lei si convertì ed egli l’adottò come maestra, fino al momento in cui la donna, caduta drammaticamente in preda alla pazzia, nel 1882, fu ricoverata in manicomio. È in questi anni che Bloy cominciò a scrivere. Di sé ebbe a dire: Io scrivo solo per Dio. E, leggendo i suoi libri, ci si rende conto che si tratta di una realtà da lui vissuta intensamente. Lontano da ogni ricerca di successo e di vanagloria, egli scriveva niente meno che per forzare l’avvento del regno dei cieli. I suoi scritti ispirarono, in vario modo, alcuni tra i maggiori scrittori del ventesimo secolo, religiosi e no, quali: Jacques e Raïssa Maritain, Georges Bernanos, Pierre Emmanuel, Léon Chestov, Nicolas Berdiaev, Franz Kafka e Thomas Merton. Intanto, nel 1890, Bloy aveva sposato Jeanne Molbech, che gli diede tre figli, uno dei quali, André, morto in tenera età. Il radicalismo e la violenza dei suoi pamphlets attirarono a Bloy l’incomprensione e l’odio dei suoi contemporanei e furono la causa non ultima della miseria che attanagliò l’esistenza della sua famiglia fino alla sua morte, avvenuta a Bourg-la-Reine, il 3 novembre 1917. Tra i suoi capolavori sono da registrare: Le Salut par les Juifs, Exégèse des lieux communs, La Femme pauvre et Les dernières colonnes de l’Église. La mistica dignità dei poveri come ambasciatori di Dio, il valore spirituale della sofferenza, la sacrosanta collera sul materialismo e l’ingiustizia del mondo, l’appassionata condanna dell’antisemitismo, sono i temi dominanti della sua produzione letteraria. Dell’antisemitismo ebbe a dire: “È il colpo più terribile che Nostro Signore ha ricevuto nella Sua Passione che continua per sempre; è il più maledetto e imperdonabile, perché egli lo riceve sul volto di Sua Madre e dalle mani di cristiani”. E, rivendicando al cristianesimo le sue radici ebraiche diceva: “Ogni mattina, durante la Messa, io mangio un ebreo e quell’ebreo diventa parte di me, cuore del mio cuore. Gesù infatti è israelita. Saluto con le parole dell’Angelo, al mattino e alla sera, una fanciulla ebrea che è la Madre di Dio e che è anche mia madre”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera ai Filippesi, cap.3, 3-8; Salmo 105; Vangelo di Luca, cap.15, 1-10.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

Continuano le occupazioni di scuole e università, circa mille istituti in tutto il Paese, per protesta contro la Proposta di Emendamento della Costituzione, che in pratica ridimensionerebbe drasticamente la spesa sociale per i prossimi venti anni. La sera di martedì è stata la volta della UEG, l’Università Statale di Goiás, nella sede della nostra città. Occupazione che è durata poche ore, per l’intervento illegittimo e violento della Polizia Militare, che ha arrestato alcuni studenti e un professore, Euzebio Carvalho, rilasciati poi nella notte. La direzione dell’Università ha emesso una nota di protesta per l’accaduto. Ma nulla sembra finora potersi opporre al clima diffuso di illegalità che vede protagonisti persino elementi dell’apparato giudiziario (un giudice del Distretto Federale, Alex Costa de Oliveira, ha autorizzato nei giorni scorsi l’uso di tecniche di tortura per procedere alla disoccupazione delle scuole), e di violenza arbitraria delle forze di polizia, in alcuni casi affiancate dalle squadracce fasciste del MBL (Movimento Brasil Livre). Intanto la discussione sulla Proposta prosegue il suo iter al Senato, senza molta speranza di poterla superare, considerati gli attuali equilibri parlamentari.

E, per stasera, è tutto. Noi ci congediamo qui, offrendovi in lettura un brano di Leon Bloy, sufficientemente provocatorio, tratto dal suo “Le Sang du pauvre” (Delamain et Boutelleau), che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Esiste un solo prete che oserebbe predicare su questo testo: “Vae vobis divitibus quia habetis consolationem vestram! Guai a voi ricchi, che avete la vostra consolazione”? Questo è troppo serio, troppo evangelico, troppo poco caritatevole. I ricchi non capiscono che i poveri abbiano delle consolazioni o dei piaceri. L’idea che un indigente acquisti del tabacco o beva una tazza di caffè gli è insopportabile. Hanno ragione, senza saperlo, dal momento che i poveri soffrono per loro. Ma si tengono la loro consolazione per loro, la loro consolazione terribile, e quale agonia quando, dovendo espiare con compensazioni indicibili, ogni frammento della loro ricchezza omicida, vedranno avanzare su di loro questa montagna di tormenti! Consolationem vestram. Che desolazione opposta è implicata da questa parola incancellabile e quale desiderio dall’altra parte! Il desiderio di avere del pane, di avere un po’ di quel buon vino che allieta il cuore, il desiderio dei fiori e dell’aria dei campi, di tutto ciò che Dio ha creato per gli uomini, senza distinzione; il desiderio almeno del riposo dopo il lavoro, quando suona l’Angelus la sera. – I miei figli, mia moglie moriranno, condannati da migliaia di miei fratelli che li avrebbero salvati, dando loro solo la razione di uno dei loro cani. Io stesso non ne posso piú e sono come se non avessi un’urna preziosa, un’anima di gloria che i cieli non possono riempire, ma che l’avidità dei primogeniti del Diavolo ha reso cieca, sorda e muta. Tuttavia, essi non hanno potuto uccidere il desiderio che mi tortura!… Una povera vecchia deve una decina di franchi a una dama di carità che gli dice: – Non mi puoi dare denaro, mi darai il tuo lavoro. L’infelice, desiderosa di sdebitarsi, lavora, riordina casa, lava, cucina, cuce. Le settimane, i mesi e gli anni passano così. La morte arriva. E lei deve ancora i suoi dieci franchi e la riconoscenza eterna. La malvagità più orribile è opprimere i deboli, coloro che non possono difendersi. Prendere il pane di un bambino o di un vecchio, per esempio, e quante altre ingiustizie simili, il cui solo pensiero spezza il cuore, è tutto ciò che deve essere fermamente, rigorosamente, eternamente rimproverato ai ricchi. (Leon Bloy, Le Sang du pauvre).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 03 Novembre 2016ultima modifica: 2016-11-03T22:20:02+01:00da fraternidade
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