Giorno per giorno – 04 Ottobre 2016

Carissimi,
“Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta” (Lc 10, 41-42). Sono le parole con cui Gesù rimprovera benevolmente l’amica Marta, che si lamenta con lui del fatto che la sorella Maria l’abbia lasciata sola a fare le molte cose, per starsene ai piedi del Maestro ad ascoltarlo. Giovanni, di questa stessa Maria, dirà che, un giorno, aveva cosparso di profumo i piedi di Gesù (Gv 12, 3). Marco e Matteo, pur senza darle nome, raccontano lo stesso episodio, ambientandolo a Betania, nella casa di Simone il lebbroso (cf Mc 14, 3; Mt 26, 6-7), che sarebbe così il padre di Marta, Maria e Lazzaro. Luca, racconta che qualcosa di simile, in un contesto diverso, avvenne in casa di un certo Simone il fariseo (cf 7, 36), e specifica che la donna era una peccatrice. Stasera, durante l’eucaristia che si è celebrata nel Centro comunitario del bairro, suggerivamo che, senza forzare le cose, si potrebbe immaginare che la sorella minore delle due, Maria, avesse avuto qualche avventura sbagliata alle spalle ed era rimasta conquistata dallo sguardo perdonante del Maestro. Questo spiegherebbe il suo atteggiamento, tutto perduto nell’ascolto di quella Parola, che l’aveva liberata dal suo male. E spiega forse l’atteggiamento stizzito della sorella maggiore (equivalente a quello del fratello maggiore della parabola del figlio prodigo), che vorrebbe vederla più attiva nelle cose di casa (di chiesa). Per almeno farsi perdonare il tempo perduto. Forse anche a Marta, Gesù avrebbe potuto dirigere le parole rivolte a Simone (il padre?), in altra occasione: “Colui a cui si perdona poco, ama poco” (Lc 7, 47). È solo una chiesa (e ogni persona in essa) che si sente continuamente perdonata, e molto, che può davvero amare. Senza mai giudicare, né tanto meno condannare. Ed è la parte migliore.

La Chiesa celebra oggi la memoria di Francesco d’Assisi, fratello dei poveri. Ad essa noi aggiungiamo quella di Carlo Carretto, piccolo fratello del Vangelo.

Giovanni di Bernardone nacque ad Assisi, nel 1182, nella famiglia di un ricco commerciante che, per la simpatia che aveva per la Francia, dove si recava frequentemente per affari, passò presto a chiamarlo Francesco. Il giovane, che non doveva aver una grande propensione per l’attività paterna, preferì correre appresso alle glorie militari. Non ebbe molta fortuna, dato che, durante una guerra tra Perugia e Assisi, fu fatto prigioniero e questa esperienza lo portò a riflettere sulla vanità della vita che aveva condotto fino ad allora. Nel 1206, in un epoca in cui, sempre più, si affermavano gli ideali della ricchezza e dell’autoaffermazione, Francesco visse il suo personale cammino di Damasco, incontrando i lebbrosi e riconoscendo in essi la presenza di Cristo. Scelse allora di lasciare la famiglia, rinunciando ai suoi beni e proprietà, per sposare “madonna Povertà”. Ben presto altri giovani si unirono a lui, con il solo proposito di vivere il Vangelo, nella radicalità e nella libertà dei figli di Dio, facendosi compagni degli ultimi, fratelli minori, nella convinzione che è nelle categorie minori, nella gente povera, umile ed emarginata, che Dio ha da sempre la sua abitazione. Nel 1211, Chiara, una giovane assisiate affascinata dalla predicazione e dall’esempio di Francesco, diede vita a una famiglia di claustrali povere, immerse nella preghiera per sé e per gli altri. In una Chiesa trionfalista e in pieno regime di cristianità e di crociate, Francesco, esente tuttavia da ogni forma di orgoglio spirituale, preferì essere immagine della tenerezza di Dio con tutti, usando le armi del dialogo, della non-violenza, della pace e dell’amore. A 45 anni, malato e quasi cieco, di fatto emarginato dalla fraternità cui aveva dato vita, portando nel corpo i segni della passione di Cristo, morì, nudo sulla nuda terra, cantando la gioia di servire Cristo e le bellezze del creato. Era la sera del 3 ottobre del 1227.

Carlo Carretto era nato ad Alessandria, il 2 aprile 1910, da famiglia contadina. Militante dell’ Azione Cattolica, professore e, nel 1940, direttore di scuola, fu presto esonerato dall’incarico a causa della sua opposizione al regime fascista. Nel 1946 divenne presidente della G.I.A.C. (Gioventù Italiana di Azione Cattolica). Nel 1953, per il contrasto con i settori cattolici che progettavano un’alleanza con la destra italiana, si dimise dall’incarico. È in questo periodo di ricerca laboriosa e sofferta che maturò la decisione di entrare nella congregazione di Charles de Foucauld, i piccoli fratelli di Gesù. L’8 dicembre 1954 partì per il suo noviziato in Algeria, dove, per dieci anni, condusse una vita eremitica nel Sahara. Fu questa una profonda esperienza di vita interiore e di preghiera, nel silenzio e nel lavoro, che alimenterà tutta la sua vita e azione posteriore. Nel 1965, tornato in Italia si stabilì a Spello (Perugia), dove, poco prima, in un antico convento disabitato era sorta una comunità di piccoli fratelli. Ben presto, la fama di cui fratel Carlo godeva cominciò a richiamare moltissime persone, credenti o no, che erano comunque in ricerca. Da allora la comunità divenne spazio di accoglienza, preghiera e riflessione. Dopo alcuni anni di malattia, la notte del 4 ottobre 1988, festa di Francesco d’Assisi, di cui, pochi anni prima, aveva steso un’appassionata biografia, fratel Carlo entrò nell’abbraccio di Dio.

Lettera ai Galati, cap. 1,13-24; Salmo 139; Vangelo di Luca, cap. 10, 38-42.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

Dunque, domenica scorsa, si sono svolte in tutto il Brasile le elezioni amministrative per il rinnovo dei consigli comunali e dei sindaci. Come (e anche più abbondantemente) del previsto, i risultati rivelano in primo luogo un crescente disincanto e disaffezione per la politica da parte di gran parte della popolazione, dato che voti bianchi, nulli e le astensioni (il voto qui è obbligatorio) superano percentualmente in molte capitali i voti dei candidati meglio piazzati. Si registra inoltre una pesante sconfitta del P.T. (Partido dos Trabalhadores), che perde più della metà delle sue amministrazioni, e oltre dieci milioni di voti, rispetto alle elezioni del 2010. Paradossalmente (ma neanche tanto), i partiti più coinvolti in scandali (di cui la grande stampa tace) – P.P., P.S.D.B, P.M.D.B – di destra e centro-destra, a cui si deve anche l’iniziativa del golpe parlamentare che ha portato all’uscita della Presidente Dilma, vedono i loro consensi aumentati. Questo, nonostante i primi mesi del governo golpista, appoggiato da questi come da altri partiti, abbiano già visto l’approvazione (e l’annuncio) di misure decisamente antipopolari. Frutto, i risultati, ovviamente, della gigantesca campagna mediatica e giudiziaria sfociata nel golpe e nella criminalizzazione del P.T., additato come “organizzazione criminale” che avrebbe devastato l’economia del Paese. Frutto anche, certo, di un sistema politico, che forza ad alleanze innaturali; che ha favorito fino a ieri (e forse tornerà a favorire domani) il massiccio finanziamento delle campagne elettorali da parte di magnati dell’economia e della finanza, con contropartite evidenti; che lascia ampie zone grigie nel gioco dell’azione parlamentare, per permettere che a decidere sulle misure essenziali, finiscano per essere i poteri forti di sempre, massoneria compresa, che gode di ampia rappresentanza nei partiti di destra, nell’apparato giudiziario e in molte chiese pentecostali, che ne sono agguerrite sostenitrici. Frutto, però, anche di gravi errori della sinistra di governo che, accanto agli innegabili meriti, non ha saputo sempre prendere sufficientemente le distanze da pratiche corruttive e intrallazzi clientelari, che avevano caratterizzato le amministrazioni precedenti, né resistere a politiche neoliberiste, né mantenere l’indispensabile dialogo con i movimenti sociali, né garantire una reale democratizzazione dell’informazione, a tutt’oggi nelle mani di poche famiglie. Ora si tratta di ricominciare da capo, ricostruire speranza, partire per la lotta, creando le condizioni per alleanze con soggetti che ne valgano la pena. In un quadro come questo, registriamo comunque che, nella nostra città, e stata rieletta Selma, a capo di una giunta non proprio entusiasmante, ma che presenta alcuni soggetti di tutto rispetto. A cui facciamo i nostri migliori auguri.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi un testo di Alda Merini, dedicato a Francesco. Tratto dalla sua raccolta poetica pubblicata con il titolo “Mistica d’Amore” (Frassinelli), è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Si dice che i santi siano dei folli, ma il rifiuto della ragione in nome della fede può essere molto rischioso. Nella ragione c’è il dubbio e il tormento del dubbio, ma nella fede c’è l’abbandono totale all’inconoscibile e al nostro io migliore. San Francesco salta a piè pari tutte le asperità che l’uomo incontra nel suo cammino e ne fa delle dolcezze. Ogni cosa impura la purifica con la sua lingua e il suo appetito di Dio. Francesco è un uomo affamato di Dio, ha fame della beatitudine. Questa beatitudine noi la conosciamo bene, ma ne abbiamo paura, perché dovremmo rifiutare tutte le ricchezze del nostro tristissimo momento. La nostra anima è sempre triste, fino alla morte, perché l’uomo ha paura di credere. La vita di Francesco è come un tripudio di fiori, di uccelli: è come un bambino che scopre la vita per la prima volta. Scoprire la vita è come tornare fanciulli, è come tornare buoni, è come incarnarsi nella virtù del Signore. Ed ecco l’incarnazione di Francesco nel volto divino. Francesco diviene una lacrima rovente sul volto di Dio che patisce e sarà il refrigerio della sua morte. Vuole consolare il suo Signore: egli stesso diventa povero per essere signore della grande poesia che è l’universo (Alda Merini, Francesco. Canto di una creatura).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 04 Ottobre 2016ultima modifica: 2016-10-04T22:48:36+02:00da fraternidade
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