Giorno per giorno – 28 Settembre 2016

Carissimi,
“Mentre camminavano per la strada, un tale disse a Gesù: Ti seguirò dovunque tu vada. E Gesù gli rispose: Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Lc 9, 57-58). Per molto tempo si è voluto far credere che questo vangelo, con le dure esigenze che avanza, riguardasse quanti avevano scelto, con la vita religiosa, un cammino di perfezione (quasi che non tutti vi siano chiamati), sicché ci si limitava a guardarli ammirati, almeno finché non si scopriva che, quelle esigenze, i diretti interessati non le prendevano troppo alla lettera, concedendosi spesso i lussi di una sana vita borghese, sottratta alle preoccupazioni, anch’esse del resto poco evangeliche, della vita che i poveri cristi conducono nel mondo. Ma, quelle parole, invece, Cristo le dice per tutti noi, che ci vogliamo suoi seguaci. E intende chiederci, con molta umiltà: ma lo volete davvero? Perché, guardate, salvi io vi voglio tutti salvi, e non mi smentirò al momento opportuno, ma per essere discepoli c’è da spezzare tutta una serie di lacci e lacciuoli che imprigionano le nostre volontà. Quelli relativi alla nostre comodità, alle nostre priorità, alle nostre sicurezze, persino ai nostri del tutto legittimi affetti. Perché il Regno esige una marcia in più, una testimonianza che, pur in mezzo a tutte le debolezze, fragilità e cadute, sappia ogni volta rinnovarsi e, nel caso, ricominciare da capo. Nella verità di se stessi, nell’accoglimento della propria chiamata di cristiani (se c’è stata), nel rifiuto delle mezze misure, nello slancio generoso che ci porta sui passi di Gesù. Sono tutte belle parole, che chiedono a ciascuno(a) di noi di trovare il modo di tradurle in comportamenti concreti. Che non puntino da subito troppo in alto (o troppo in basso), ma che, con onestà, ci guidino a fare, giorno per giorno, le scelte giuste.

Il nostro calendario ecumenico ci porta la memoria di un martire dei nostri tempi, il Pastore Mohammad Bagher Yusefi, delle Assemblee di Dio dell’Iran, e di Giovanni Paolo I, papa umile.

Nato nel 1962 in una famiglia musulmana, Mohammad Yusefi era diventato cristiano ancora giovane, impegnandosi da subito, in una realtà oggettivamente difficile e ostile, ad annunciare e testimoniare la Buona Notizia di Gesù. Quando divenne pastore della sua Chiesa, colpì tutti per la sua mitezza e umiltà e la gente prese a chiamarlo Ravanbakhsh, che in persiano significa “colui che dà animo”. La mattina del 28 settembre 1996, uscì di casa alle sei, per recarsi alla preghiera. Non vi fece più ritorno. Lo ritrovarono morto in una foresta nei pressi della sua città, Sari, capitale della provincia iraniana di Mazandaran. Mohammad Yusefi, oltre ai suoi due figli, Ramsina (9 anni) e Stephen (7 anni), aveva cresciuto due figli del Rev. Mehdi Dibaj, un altro pastore cristiano, imprigionato per nove anni e ucciso, poco dopo la scarcerazione, in circostanze analoghe, per essersi rifiutato di rinnegare la fede cristiana. La moglie di Mohammad, Akhtar, anch’essa di origine musulmana, era divenuta cristiana ai tempi del Rev. Hossein Soodmand, martirizzato nel 1990. Si tratta, dunque, di una piccola chiesa martire, che speriamo sappia produrre frutti di perdono, speranza e riconciliazione per tutti.

Albino Luciani era nato il 17 ottobre 1912, a Forno di Canale (oggi, Canale d’Agordo), in provincia di Belluno, da Giovanni Luciani e Bortola Tancon. Entrato in seminario nel 1923, fu ordinato prete nel 1935. Il 15 dicembre 1958, Giovanni XXIII lo nominò vescovo di Vittorio Veneto, consacrandolo il 27 dicembre dello stesso anno. Prese parte a tutte le sessioni del Concilio Vaticano II. Eletto patriarca di Venezia, vi fece il suo ingresso l’8 febbraio 1970. il 26 agosto 1978, nel secondo giorno del conclave che seguì alla morte di Paolo VI, fu eletto papa, con voto quasi unanime, e scelse il nome di Giovanni Paolo I. Morì il 28 settembre 1978, dopo soli trentatre giorni di pontificato. Un periodo breve, brevissimo, ma sufficiente per sorprendere quanti, dal personaggio che conoscevano, non s’aspettavano probabilmente grosse innovazioni. Tra i temi che intendeva porre all’ordine del giorno del suo ministero c’erano quelli della ripresa coraggiosa del cammino ecumenico, della valorizzazione della collegialità dei vescovi, della presenza della donna nella società civile e nella vita ecclesiale, della denuncia decisa dello scandalo della povertà nel mondo, della riforma della curia romana. Ebbe solo il tempo di offrirci uno stile un po’ diverso di essere papa, semplice, accogliente, umile. Per non far torto al motto che aveva scelto: “Humilitas”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Giobbe, cap.9, 1-12.14-16; Salmo 88; Vangelo di Luca, cap.9, 57-62.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti, lungo i cammini più diversi, perseguono un mondo di giustizia, fraternità e pace.

È tutto, per stasera. Il 28 settembre 1883 nasceva colui che sarebbe stato chiamato e venerato come il “marabout di El Kbab”, padre Albert Peyriguère, la cui vicenda ebbe inizio dall’incontro con la spiritualità di Charles de Foucauld, che l’avrebbe orientato per tutta la vita, spesa, nell’Atlante marocchino, come lui stesso ebbe a scrivere, “in un piccolo eremo, come il più felice degli uomini, senza desiderare nulla… ma solo il cielo, con il cuore schiacciato dal peso di tanta gioia e di un così grande onore che il Maestro mi ha procurato con questa splendida vocazione. Contemplazione e carità: pregare, immolarsi, facendo gesti di bontà; ricominciare tra queste anime il magnifico gesto di Cristo, la cui opera redentrice girò intorno a queste tre parole: pregare, immolarsi, fare il bene”. Noi ne facciamo memoria nella data della morte, il 26 aprile, ma prendiamo comunque spunto da questa ricorrenza per proporvi una sua citazione, tratta dal libro “Voice From the Desert” (Sheed & Ward). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Il lavoro è duro, lo so, e quanto più duro, più è stimolante. Tu hai capito che sarà fruttuoso nella misura in cui non sarà il tuo, ma di Cristo, e questo significa della Chiesa. Questo avverrà attraverso l’obbedienza, l’obbedienza dello spirito: vedendo Cristo in coloro che ci danno gli ordini… questo rende l’obbedienza naturale, perché significa dire “sì” a Cristo. Evita ogni tensione nelle tue relazioni con il Signore. Lascia che la tua azione sia contemplazione. Questo è possibile se scorgi Cristo nel tuo lavoro e nelle persone che incontri, se accogli Cristo e Lo aiuti a crescere. Posso confessare che è quando il mio ambulatorio è in piena attività che posso contemplare meglio? “Ero malato e ti sei preso cura di me”, così nella carne sofferente di questi malati ho l’onore e la gioia travolgenti di toccare la carne di Cristo. Chiamo questa un’esperienza della “presenza reale”. E anche tu puoi accogliere il Bambino Gesù in questi piccoli che ti sono affidati. Va’ dal Signore con grande semplicità, lucidità, e auto-controllo, senza alcuna esaltazione. Il che non significa che se, in certi momenti, il Signore ci vuole “rapire”, non abbiamo il diritto di sentire quanto tutto ciò sia meraviglioso. (Albert Peyriguere, Voice From the Desert).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 28 Settembre 2016ultima modifica: 2016-09-28T22:32:55+02:00da fraternidade
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