Giorno per giorno – 17 Agosto 2016

Carissimi,
“Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?” (Mt 20, 13-15). Anche oggi il vangelo ci propone una parabola del regno, con un linguaggio sufficiente quanto basta per indisporre, come succede spesso quando ci toccano sul portafoglio. “Il regno dei cieli è simile”, e cioè “le relazioni nuove che siamo chiamati a testimoniare e vivere” sono simili a. Spesso Gesù le paragona a una festa, a un banchetto di nozze, questa volta le disegna in un contesto lavorativo, come quello che si conosceva a quel tempo, e non solo, a dire il vero. Con un tipo che va nella piazza del paese e contratta dei lavoratori per la sua vigna, accordandosi per il pagamento di una diaria. Poi, vai a sapere se è preoccupato di completare il raccolto, o del fatto che in giro, senza lavoro, erano rimasti altri, se ne esce altre quattro volte, fino a quasi sera, e li manda tutti a lavorare. Per poi, alla fine, pagarli tutti con una diaria, come pattuito con i primi. Preoccupato del fatto che a casa, tanto i primi come gli ultimi avevano delle bocche da sfamare. Stamattina, il vangelo ce lo siamo ascoltati, con il vescovo, nella chiesa di santa Rita, prima di consumare la colazione, sul sagrato, assieme alla “gente che vive in situazione di strada”, come si dice un po’ eufemisticamente qui. La tendenza, nell’ascoltare la parabola, è di collocarne il significato sul piano esclusivamente spirituale o religioso, per denunciare la rivendicazione (umanamente comprensibile, del resto) dei testimoni della prima ora, che hanno speso l’intera vita al servizio del Signore, a ricevere un premio adeguato alla loro fatica, che li differenzi da chi è arrivato più tardi. E va bene, se questo ci aiuta a ricordare che, anche sul piano spirituale, Dio si dà ugualmente a tutti, senza guardare ai meriti, privilegiando così di fatto gli ultimi, dato che il motto che sostiene tutto l’edificio è: “Felici i poveri”, i poveri di ogni genere, che sono gli ultimi per eccellenza. E noi, se non abbiamo il cuore di Caino, dovremmo esserne solo contenti. Ma, oltre che al suo significato spirituale, dovremmo studiarci di individuare i sentieri per applicarla alla nostra vita concreta e alle scelte che operiamo, nel senso di cominciare a pensare che una società si avvicina al pensiero di Dio (il Regno), quanto più si struttura in un organismo in cui tutti danno secondo le loro capacità, e tutti ricevono secondo le loro necessità. Ci dicono che ci fosse un pensatore ebreo, mezzo ateo, del diciannovesimo secolo che aveva elaborato un principio simile. Ma Gesù ci era arrivato assai prima.

Oggi è memoria di Johann Gerhard, teologo, e di quanti sono ricordati come i Martiri africani di Mombasa (sec.XVII).

Johann Gerhard nacque il 17 Ottobre 1582 a Quedlinburg, in Germania. All’età di quindici anni contrasse una grave malattia ed entrò in un tale stato di prostrazione che si pensò dovesse presto morire. Questa esperienza contribuì in misura determinante a caratterizzare e ad approfondire la sua spiritualità, portandolo a comporre, a soli ventidue anni, opere dedicate alla preghiera e alla meditazione. Su consiglio del suo direttore spirituale, Johann Arnd, che il giovane considerò per tutta la vita come un vero e proprio padre nello spirito, intraprese lo studio della teologia, dapprima a Wittenberg, poi a Jena, a Marburg, e infine di nuovo a Jena, dove, il 13 novembre 1606, conseguì il suo dottorato. A Jena, a partire dal 1616, insegnò teologia fino alla morte. Con Johann Major e Johann Himmel costituì quella che nell’ambiente accademico venne chiamata la “terna dei Johann”, tre teologi con lo stesso nome, dei quali comunque, il nostro, benché il più giovane d’età, fu presto riconosciuto come il maggiore tra i teologi viventi del Protestantesimo tedesco. Nel 1621 compose i “Loci theologici”, che costituiscono un vero e proprio compendio dell’ortodossia luterana. Oltre alla Sacra Scrittura, studiò e approfondì la spiritualità patristica e medievale, che gli permise di riscoprire in tutta la sua ricchezza il principio del senso spirituale dell’esegesi. Assieme all’attività di studio, si dedicò alla direzione spirituale di molti uomini di chiesa e di statisti. Morì il 17 agosto 1637.

Il conflitto scoppiato nel 1614 tra i portoghesi e i nativi delle isole di Zanzibar e Lamu (tra i quali c’era un buon numero di convertiti al cristianesimo) culminò nell’assassinio del sultano Hassan e in innumerevoli angherie nei confronti della popolazione locale. Questo portò il nuovo sultano, Yusuf (che pure era stato cristiano), alla decisione di tornare alla religione islamica e di cancellare ogni traccia della religione dei colonizzatori bianchi. Le spese le fecero comunque soprattutto i nativi. Furono circa centocinquanta gli africani che rifiutarono di abbandonare la fede cristiana, incontrando così la morte.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Ezechiele, cap.34, 1-11; Salmo 23; Vangelo di Matteo, cap.20, 1-16a.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti operano in vista della pace, della giustizia e della fraternità tra i popoli, quale ne sia la fede religiosa o la filosofia di vita professata

Per stasera, è tutto. Noi ci si congeda qui, offrendovi un testo di Johann Gerhard, tratto dalle sue “Sacred Meditations”. Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Chiunque può vedere che Dio ha amato i figli prescelti con un amore totalmente equanime, con il suo unico Figlio. A chi, infatti, possiamo offrire qualcosa di più caro di ciò che è stato offerto a noi? Per poter adottare dei figli, Dio non ha risparmiato il suo Figlio naturale e coessenziale. Quanto grande è allora ciò che egli ha preparato nelle dimore destinate a noi nella sua casa celeste, dando il suo Figlio, “nel quale è tutta la pienezza della divinità” (Gv 14, 2; Col 2, 9)? Certo, là dove risiede la pienezza della divinità, vi è anche la pienezza della vita eterna e della gloria. Poiché, se in Cristo Egli ha dato la pienezza della vita eterna, come potrà negare anche la sua più piccola parte? Sicuramente, il Padre celeste ha abbracciato i suoi figli adottivi con un grande amore, a causa del quale ha consegnato il suo Figlio unigenito. Sicuramente, il Figlio, che ha dato se stesso per noi, ci ha avvolto con un grande amore. Per farci ricchi ha subito l’estrema povertà. Egli infatti non aveva dove posare il capo (Mt 8, 20). Per renderci figli di Dio, egli stesso è nato uomo. Inoltre, dopo aver compiuto la nostra redenzione, non disprezza di lavorare ancora per noi, ma per noi continua a intercedere, dato che siede alla destra della maestà divina (Rom 8, 34). Non riceverò, dunque, ciò che è necessario alla mia salvezza, se Colui che ottiene la salvezza me lo ha concesso? Come potrà il Padre disprezzare il Figlio che è divenuto obbediente a Lui fino alla morte e alla morte di croce (Fil 2, 8)? Come potrà il Padre respingere il figlio dal quale ha già accettato il riscatto? Anche se i miei peccati mi accusano, ho fiducia in questo intercessore. Colui che scusa è più grande di colui che accusa. Anche se le mie debolezze mi spaventano, io mi glorio nella sua forza. Anche se Satana mi accusa, questo Mediatore ora mi scusa. Anche se il cielo e la terra e le mie iniquità mi marchiano come criminale, è sufficiente per me che il Creatore del cielo e della terra e la stessa giustizia si faccia supplica per me. È sufficiente per me conoscere il Merito che il mio merito non potrebbe sostituire. È sufficiente per me avere propiziazione da colui contro cui solo ho peccato. Tutto ciò che egli ha deciso di non imputare sarà quindi come se non fosse mai accaduto. E nemmeno mi turba il fatto che i miei peccati siano gravi, diversi e spesso ripetuti. In effetti, se non fossi sopraffatto dal peccato, non desidererei la sua giustizia. Se non fossi malato, non cercherei l’aiuto della medicina. Egli è il Medico (Mt 9,12). Egli è il Salvatore (Mt 1, 21). Egli è Giustizia (1Cor 1, 30). “Non può rinnegare se stesso” (2 Tm 2, 13). Abbi pietà di me, o Medicina, o Salvatore, o Giustizia, Amen. (Johann Gerhard, Sacred Meditations, VIII).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 17 Agosto 2016ultima modifica: 2016-08-17T22:01:45+02:00da fraternidade
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