Giorno per giorno – 08 Luglio 2016

Carissimi,
“Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome” (Mt 10, 16-18. 22). Il pericolo maggiore per chi si voglia discepolo di Gesù è trasformarsi in lupo, come troppe volte si è visto nel corso della storia. E come, chissà, qualche volta si è tentati di fare anche noi, nelle nostre storie minime. La fede che Gesù ci ha trasmesso ha come sua condizione ineliminabile la beatitudine della mitezza, del rifiuto della violenza, che ci accomuna, in vita e in morte, al suo destino, principio di trasformazione del mondo. Là dove fosse altro a muoverci, non la testimonianza della buona notizia che egli ha portato, ma l’affermazione nostra a danno degli altri, la difesa dei nostri interessi e privilegi, contro una solidale condivisione dei beni, la logica di potere contro la vocazione al servizio, potremo anche essere odiati, ma non lo saremo a causa del suo nome, ma del nostro. E possiamo saper fin d’ora che non stiamo incarnando il suo progetto, né scrivendo la sua storia nella nostra vita, ma stiamo ripetendo senza troppa fantasia la storia fratricida che il mondo conosce da sempre.

Oggi il calendario ci porta la memoria di Procopio, martire in Palestina.

Su Procopio, che lo storico Eusebio addita come primo martire della Palestina, disponiamo di un buon numero di racconti leggendari, ma di poche notizie storicamente accertate. Secondo queste, Procopio era nato nella seconda metà del III secolo, ad Aelia Capitolina (così i Romani avevano ribattezzato Gerusalemme, dopo la sconfitta dell’insurrezione guidata da Simon Bar Kochba, nel 132) e si era poi trasferito a Scitopoli (l’ebraica Beit She’an, all’incrocio tra la valle del Giordano e quella di Jezreel), dove era contemporaneamente lettore, interprete di siriaco ed esorcista. Dedito fin da giovanissimo ad una vita ascetica e allo studio della Parola di Dio, durante la persecuzione di Diocleziano, fu denunciato assieme ad altri compagni come cristiano e condotto a Cesarea, per essere interrogato dal governatore Firmiliano e del giudice Flaviano. Richiesto di sacrificare agli dei, si rifiutò. Invitato a fare delle libagioni ai due imperatori e ai due Cesari in carica, rispose, citando Omero “Una moltitudine di comandanti non è mai una buona cosa, ci deve essere un solo dominatore, un solo re”. E, per quel che lo riguardava, aveva scelto di porre la sua fiducia in Cristo. Pare che la risposta non piacque ai suoi giudici, dato che fu decapitato seduta stante.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Osea, cap.14, 2-10; Salmo 51; Vangelo di Matteo, cap.10, 16-23.

La preghiera del venerdì è in comunione con i fedeli della Umma islamica che professano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

Oggi compie 95 anni Edgar Nahoum, filosofo e sociologo francese, di famiglia ebrea sefardita, più noto con lo pseudonimo di Edgar Morin, che noi scegliamo di omaggiare, offrendovi, nel congedarci, un brano tratto dal suo libro “Insegnare a vivere. Manifesto per cambiare l’educazione” (Raffaello Cortina Editore), che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La comprensione intellettuale richiede di apprendere nel contempo il testo e il contesto, l’essere e il suo ambiente. La comprensione umana richiede questa comprensione , ma anche e soprattutto di comprendere ciò che gli altri vivono. La comprensione ci chiede di evitare la condanna perentoria, irrimediabile, come se noi stessi non avessimo mai conosciuto la debolezza né commesso errori. La comprensione ci chiede innanzitutto di comprendere l’incomprensione. Per superare le incomprensioni, bisogna passare a una metastruttura di pensiero complesso che comprenda le cause dell’incomprensione degli uni nei confronti degli altri. La comprensione rifiuta il rifiuto, esclude l’esclusione. Rinchiudere nella nozione di traditore, bugiardo, bastardo ciò che è di pertinenza di un’intelligibilità complessa impedisce di riconoscere l’errore, il fuorviamento, il delirio ideologico, le derive. Ci chiede di comprendere noi stessi, di riconoscere le nostre insufficienze, le nostre carenze, di sostituire la coscienza sufficiente con la coscienza della nostra insufficienza. Ci chiede, nel conflitto delle idee, di argomentare, di confutare, invece di scomunicare e di anatemizzare. Ci chiede di superare odio e disprezzo. Ci chiede di resistere al taglione, alla vendetta, alla punizione, che sono inscritti così profondamente nelle nostre menti. Ci chiede di resistere alla barbarie interiore e alla barbarie esteriore, specialmente durante i periodi di isteria coletiva. (Edgar Morin, Insegnare a vivere. Manifesto per cambiare l’educazione).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 08 Luglio 2016ultima modifica: 2016-07-08T22:26:38+02:00da fraternidade
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