Giorno per giorno – 24 Giugno 2016

Carissimi,
“Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei” (Lc 1, 57-58). Oggi è il natale di Giovanni, quello di noi tutti. Dono della misericordia di Dio. Questo è infatti il significato del nome. E ogni cucciolo di uomo (ma noi si pensa che anche di ogni altra specie animale) è dono del suo amore. Destinato a vivere felice. E a dispiegare poi la sua vita come un canto di ringraziamento e di testimonianza a Colui che ha portato su di sé, per liberarcene, il peso e la conseguenza di un peccato che opprime, schiavizza, esclude, uccide. In modo che non ce ne fosse più. E invece ce n’è ancora. Stasera nella chiesetta dell’Aparecida abbiamo condiviso la notizia, letta su un’agenzia di qui, di 1200 morti per fame (per la maggior parte bambini) in un campo di rifugiati, a Boma, nello stato di Borno, in Nigeria. Segnalati da Medici Senza Frontiere. Ma chissà quanti altri ce ne sono. Che non meritano neppure un titoletto di giornale. Mille e duecento piccoli (o già grandi) Giovanni, che non potranno proclamare la misericordia del Signore. Perché c’è chi l’ha uccisa e la uccide, anche solo con la propria indifferenza. Natale di Giovanni triste, come spesso accade. E qualche volta di più.

Oggi, dunque, è la festa del Natale di Giovanni il Precursore. L’unico santo (assieme alla madre di Gesù), di cui si celebri la natività, oltre che il giorno natalizio alla vita del cielo. La sua vicenda ci è nota attraverso le pagine dei Vangeli sinottici e di quello di Giovanni. Il racconto della nascita nel Vangelo di Luca è ricco si simbolismi, che sottolineano la straordinarietà del personaggio in ordine alla figura di Cristo.

Figlio della vecchiaia e della sterilità del sacerdote Zaccaria e di Elisabetta, Giovanni (il cui nome significa Dio è benigno) è cugino di Gesù. Ritiratosi nel deserto di Giuda (dove, forse, viene a contatto con la comunità essena di Qumran), vi inizia il suo ministero profetico, annunciando la prossimità del regno, l’imminenza del giudizio, e invitando al battesimo e alla conversione. Il messia delle sue attese è il giudice che battezza con il fuoco e con lo Spirito Santo, e separa il grano dalla paglia. Gesù entra nella sua cerchia ed è da lui battezzato. Giovanni riconosce in lui l’agnello di Dio e da qui inizia la missione autonoma di Gesù e la chiamata dei primi discepoli. Arrestato per ordine di Erode Antipa a causa dei ripetuti rimproveri mossi pubblicamente da lui nei confronti della condotta immorale del sovrano, Giovanni è imprigionato. Dal carcere, colto da qualche dubbio sulla messianicità di Gesù, così diversa da quella che aveva predetto, invia messaggeri al maestro di Nazareth per essere da lui rassicurato (Mt 11, 2-6). La risposta fornitagli gli chiarisce il carattere della visione messianica di Gesù. Giovanni viene, poco dopo, fatto decapitare da Erode, dietro richiesta della moglie Erodiade e della figlia di lei, Salomé.

I testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono propri della festività odierna e sono tratti da:
Profezia di Isaia, cap.49, 1-6; Salmo 139; Atti degli Apostoli, cap.13, 22-26; Vangelo di Luca, cap.1, 57-66.80.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli della Umma islamica che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

Oggi il calendario ci porta anche la memoria di Vincent Lebbe, apostolo tra i cinesi.

Vincent Lebbe era nato a Gand, in Belgio, nel 1877 e aveva maturato la sua vocazione a missionario in Cina prestissimo, addirittura a undici anni. In Cina, di fatto, ci arrivò a tempo di record, subito dopo essere stato ordinato prete nella Congregazione della Missione (Lazzaristi), assumendo il nome di Lei-Ming-Yuan e propugnando, da subito, un metodo di evangelizzazione nel più assoluto rispetto della cultura locale, lontano da ogni imposizione di schemi di vita europei. Invece della sottana da prete, prese a vestirsi come un comune manovale cinese, compreso il tradizionale codino. Sosteneva inoltre la necessità di sviluppare una chiesa interamente cinese, con clero e vescovi autoctoni, fuori da ogni dipendenza dalla cultura e dominazione europea e per questo subì, con grande dignità e senso dell’obbedienza, ogni tipo di irrisione, umiliazioni, denigrazioni e continui trasferimenti. La sua attività, in ogni caso non conobbe sosta. Fondò il quotidiano Ichepao e alcuni altri periodici. Istituì la Société des Auxiliaires des Missions, i Piccoli Fratelli di San Giovanni Battista e le Piccole Sorelle di Santa Teresa, esponendo i principi della sua attività missionaria in Annales de la Mission. Quando si rese conto che era giunto il momento di un nuovo e decisivo passo, si recò a Roma e chiese udienza al papa Pio XI, ottenendo la nomina dei primi sei vescovi cinesi. Gli altri, i vescovi europei, gridarono al tradimento, ma non poterono farci nulla. Lui, ormai naturalizzato cinese, tornato in patria, quella scelta da lui, si dimise dalla Congregazione della Missione e entrò in quella da lui fondata. Stremato dalla fatica di tante iniziative, morì a Nanchino il 24 giugno 1940. Il governo cinese, dichiarando un giorno di lutto, volle onorare in Lei-Ming-Yuan (Tuono-che suona- a distanza), un grande cristiano e un grande patriota.

La nostra preghiera di oggi ha avuto al centro delle sue intenzioni il viaggio apostoico di papa Francesco in Armenia, la sospirata pace siglata in Colombia, tra il leader delle FARC, Rodrigo Londono, e il Presidente della Repubblica, Juan Manuel Santos, dopo 52 anni di guerra civile, costata la morte di oltre 220mila persone, 45mila dispersi e quasi 7 milioni di sfollati. Abbiamo anche ricordato il Concilio Panortodosso, aperto domenica scorsa a Candia, nell’isola di Creta, in coincidenza della solennità di Pentecoste. Si è trattato del primo Concilio, dopo 1200 anni, con l’intenzione di riunire tutte le Chiese d’Oriente, intenzione purtroppo parzialmente frustrata dall’assenza delle Chiese di Russia, Bulgaria, Georgia ed Antiochia.

Ed è tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano di Jean Danielou, tratto dal suo libro “Giovanni Battista: testimone dell’agnello” (Morcelliana). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La potenza del Signore si manifesta in Giovanni fin dalla sua nascita; essa non è quindi la risposta a qualche cosa di precedente: al contrario, suscita gli avvenimenti. Come egli è concepito da una donna sterile per mezzo della potenza di Dio, cosi egli è santificato fin da quando si trovava nel seno di sua madre, dalla potenza del Verbo presente in Maria. In questo fanciullo sembra agire soltanto la potenza di Dio. E Zaccaria esprime il suo stupore davanti a ciò che Dio ha operato in questo figlio della sua carne, rendendo ogni gloria a Dio: “Benedetto il Signore Dio d’Israele perché ha visitato il suo popolo e ne ha effettuato il riscatto” (Lc 1, 68). Con Giovanni – ed è senza dubbio la nota più stupefacente – si manifesta già la gioia, non quella umana, ma la gioia messianica, quella che Simone chiamava: “la consolazione d’Israele”. L’angelo dice a Zaccaria: “Egli sarà di gioia e d’allegrezza per te, e molti gioiranno per la sua nascita” (Lc 1, 14). Ed egli stesso è ripieno ,di questa gioia che a sua volta donerà. Al momento della Visitazione di Maria, Giovanni è ripieno dello spirito ed esulta nel seno di sua madre. È la vicinanza di Gesù a suscitare in lui la gioia, quella gioia che solo il Verbo sa dare, quando Egli tocca il cuore degli uomini al di là delle cose create e fa loro sentire la beatitudine che è Lui stesso e che Egli stesso comunica. Ancora, la gioia di Giovanni non è una conseguenza secondaria ma la sostanza stessa del suo essere, toccato dalla gioia divina, testimone di questa gioia, nascosto in questa gioia. Egli già esulta per l’avvenimento che deve venire. Poiché Colui che viene e la cui venuta egli prepara, è Colui che donerà ai suoi quella gioia che il mondo è incapace di dare e che va al di là di ogni sentimento. Come predisponeva i cuori all’atto eroico della fede, così li predispone anche a portare il peso quasi troppo greve della gioia, abitua i cuori, assuefatti alla disperazione, a schiudersi alla felicità che Dio ci dona. E non senza ragione la preghiera della sua festa ci farà chiedere la gioia spirituale. Questa gioia prorompe innanzi tutto nella sua natività. Essa è simile ad un’aurora. In seguito, resterà quasi nascosta quando egli si ritirerà nell’ombra nel timore che il suo splendore inibisca i cuori e li trattenga dall’aprirsi a Colui che solo apporta la gioia e dal quale l’ha egli stesso ricevuta come per un dono anticipato. (Jean Danielou, Giovanni Battista: testimone dell’agnello).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 24 Giugno 2016ultima modifica: 2016-06-24T22:47:21+02:00da fraternidade
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