Giorno per giorno – 01 Giugno 2016

Carissimi,
“Vennero a Gesù dei sadducei, i quali dicono che non c’è risurrezione, e lo interrogarono dicendo: Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che se muore il fratello di uno e lascia la moglie senza figli, il fratello ne prenda la moglie per dare discendenti al fratello. C’erano sette fratelli: il primo prese moglie e morì senza lasciare discendenza; allora la prese il secondo, ma morì…” (Mc 12, 18-21). La prima cosa che ci è venuta in mente questa mattina, ascoltando il vangelo, è stata che gli antichi dovevano avere un’idea ben strana di famiglia, e che, oggi, con la mentalità che ci ritroviamo, l’usanza di imporre al fratello di qualcuno passato a miglior vita senza lasciare figli, di fare un figlio con la cognata vedova, per dare al defunto una discendenza, susciterebbe nella maggioranza dei casi una qualche resistenza, anche nei più devoti, con reazioni o di ilarità, o di scandalo, o di rivolta. Eppure, allora, fino, forse, ai tempi di Gesù (e non ci è dato sapere eventualmente fino a quando in seguito), era considerata una cosa normale. Del resto si trattava della legge mosaica, e, quindi, della parola di Dio. Che a rigore, non la si può stiracchiare a piacimento. A meno che non sia lo stesso buon Dio a darcene licenza, adeguando la sua ispirazione a tempi e luoghi. Fatto sta che, nell’ambito della stessa religione, i sadducei, basandosi sui testi sacri, e, in questo caso, sulla legge mosaica del levirato, sostenevano che non c’è risurrezione, ma che si sopravvive solo nei figli, mentre i farisei, affermavano che sì. E Gesù è invitato a dire la sua. Ben più autorevole di quella degli uni e degli altri. Egli liquida prima con poche parole la storiella dei sadducei e la domanda impertinente su a quale dei sette successivi mariti apparterrebbe la donna nella risurrezione (nella vita eterna – e se viviamo nella sua logica, già qui -, la donna non è “proprietà” di nessuno), e subito dopo argomenta a favore della risurrezione a partire da come Dio si rivelò a Mosè: “il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe” (Es 3, 6). Ora, quale Dio, con un po’ di dignità si presenterebbe come un dio di morti? (Ed i tre patriarchi erano già morti). La risurrezione non è l’invenzione degli uomini di fronte allo scandalo della loro mortalità (e quando mai farebbe scandalo, se tutto nella natura muore?), ma è la libera necessità di Dio di non vedersi sconfitto dalla morte, amputato dei suoi figli: Dio di chi, a questo punto, Dio per chi? Ma, noi, oggi, come entriamo in questo gioco di Dio? Come testimoniamo il “Dio per la vita”? Come ci mettiamo in ascolto, come lo adoriamo nella infinita varietà delle sue creature? Non il dio di un indistinto tutto, ma Dio di Carlos, Dio di Lilian, Dio di Pedro, Dio di Arcelina, Dio di Lourdes, che se n’è andata oggi, Dio di ognuno degli 880 morti annegati la scorsa settimana nel Mediterraneo, Dio ogni volta puntigliosamente ripetuto per miliardi di volte, perché in ognuno Lui si dà con una sua rivelazione particolare, senza poter rinunciare a nessuno. Quante volte avremo negato, bestemmiato, respinto, cacciato lontano da noi il Dio dei viventi, per consegnarli e consegnarci, noi!, al dio dei morti, sacrificati sull’altare dei nostri egoismi?

Oggi il calendario ci porta le memorie di Giustino e Compagni, martiri a Roma, Margherita Porete, mistica e martire dell’Inquisizione, e Anthony de Mello, maestro spirituale.

Giustino nacque sul finire del 1° secolo in una famiglia pagana a Flavia Neapolis (Nablus), in Samaria. In gioventù studiò a fondo la filosofia del tempo e venne, più tardi, in contatto con i testi sacri ebraici e cristiani, che lo portarono, verso l’anno 130, a farsi cristiano, ad Efeso, in Asia Minore. Lì scrisse il suo Dialogo con Trifone, con cui intese dimostrare che Gesù rappresenta il compimento in vita e in morte della Legge e dei Profeti. Trasferitosi a Roma, vi aprì una scuola di filosofia cristiana e scrisse un’Apologia in difesa della fede cristiana, che rappresentò nello stesso tempo l’avvio di un dialogo con la cultura pagana del suo tempo. Tornato a Roma, dopo alcuni viaggi in altre città dell’Impero, Giustino fu denunciato dal filosofo Crescente come “ateo”, nemico, cioè, dello Stato e dei suoi culti. Con una seconda Apologia tentò inutilmente di dimostrare la sua innocenza. Nell’anno 165 circa, il prefetto di Roma, Rustico, lo condannò alla decapitazione assieme ad altri sei compagni di fede: Caritone, Carito, Evelpisto, Ierace, Peone e Liberiano.

Margherita era nata a Valenciennes (Francia) intorno al 1250. Della sua vita sappiamo solo che scrisse un libro, Lo Specchio delle anime semplici, che la rivela tuttavia come grandissima mistica, “innamorata dello Sposo della sua anima, quel Dio-tutto-amore che a noi chiede una cosa sola: essere riamato come Lui ci ama e ci ha amato”. Il libro, sfortunatamente, non piacque al Grande Inquisitore di Francia, il domenicano Guglielmo Humbert, davanti a cui Margherita dovette comparire, accusata di eresia, nel 1308. Nel 1309, una commissione di 21 teologi, dopo aver analizzato e giudicato dell’ortodossia del libro, ordinò che fosse distrutto. La donna, arrestata, passò in carcere l’anno che la legge concedeva agli accusati affinché potessero pentirsi. Guiard de Cressonessart, un chierico che ebbe il coraggio di difenderla, fu condannato alla prigione perpetua. Il 31 maggio 1310, festa di Pentecoste, Margherita, giudicata recidiva, fu consegnata al braccio secolare. Il 1° giugno, davanti alle maggiori autorità religiose e civili, venne bruciata sulla pubblica piazza di Parigi assieme al suo libro. Il libro che si concludeva con le parole: “Solo Lui mi ama (..) Né più d’altro ho bisogno se non di quanto vuole e di quanto vale.Egli è è la pienezza. Di lui sono colma”.

Anthony De Mello era nato il 4 settembre del 1931 a Santa Cruz, un sobborgo di Bombay, in India, da Franck e Louisa Castelino, una coppia cattolica originaria di Goa, colonia portoghese sulla costa sud-occidentale dell’India. Dopo aver compiuto gli studi in una scuola retta dai gesuiti, ottenne, nel 1947, di entrare nel noviziato della Compagnia di Gesù. Dal 1952 al 1955 completò, in Spagnia, i suoi studi di filosofia, e, il 23 marzo 1961, a Bombay, fu ordinato sacerdote. Ripartito, per gli Stati Uniti, studiò psicologia a Chicago e, sulla via del ritorno in patria, fece a Roma, nel 1965, la sua professione solenne. Per tre anni fu direttore del noviziato del suo Ordine. Poi, lasciato l’incarico, fondò l’Istituto di Spiritualità e Terapia pastorale, nell’università di Nobili, a Poona, più tardi ribattezzato Istituto di Sadhana e trasferito a Lonavia. Nel maggio 1987, si recò a New York, negli Stati Uniti, per una serie di seminari sulla spiritualitá. Colpito da infarto, morì il 1° Giugno. Suo fratello Bill lo ricorderà con queste parole: “Il poeta indiano Rabindranath Tagore ha scritto un giorno: Dio vuole un tempio fatto d’amore, / ma gli uomini portano pietre. Penso che Tony abbia capito che la fede e il dogma sono semplici pietre, se non c’è amore verso i propri simili. Fino alla fine della sua vita, Tony è rimasto fedele alla Chiesa e alla sua cara Compagnia di Gesù. Lui aveva avuto l’ispirazione di fare della Chiesa cattolica una vera Chiesa cattolica, che riunisse tutti le persone, cristiane, non cristiane e perfino agnostiche come me. Tony mi ha fatto capire che nei grandi pascoli di Dio, c’è un recinto col cartello “Per gli agnostici”, dove io sono benvenuto e amato. E ci sono recinti per persone di ogni fede, dove ciascuno è benvenuto e amato. Tony adorava di trovarsi in mezzo a cristiani, induisti, buddisti, musulmani, agnostici e atei. Tony de Mello era davvero il fratello di tutti e di ciascuno e il mio in particolare”.

I testi che la liturgia del giorno propone alla nostra riflessione sono tratti da:
2ª Lettera a Timoteo, cap.1, 1-3.6-12; Salmo 123; Vangelo di Marco, cap.12, 18-27.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano l’Assoluto della loro vita, nella testimonianza per la pace, la fraternità e la giustizia.

Anche, per stasera, è tutto. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una pagina di Anthony de Mello, tratta dal suo libro: “Ti voglio libero come il vento” (Gribaudi). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Il mistico è il rivoluzionario per eccellenza. Egli non fa nulla perché ogni cosa si fa attraverso lui. Il mistico si lascia trasportare da una forza cui non può resistere: la forza della verità. Nella storia del misticismo ci sono stati dei violenti, ma tale violenza era svincolata dal loro “ego”. Ciascuno sapeva che cosa doveva fare per essere sveglio, aperto e sensibile nei confronti della verità. Proprio come Gesù. Non occorre sapere che cosa determina il male in teoria: c’è bisogno, invece, di capire il motivo del male che provo adesso, da dove deriva e che cosa mi annuncia a livello personale. Una volta diventato sensibile nei confronti delle cose, delle persone e di me stesso, non c’è bisogno che gli altri mi dicano che cosa è “buono” e che cosa è “cattivo”, perché mi sarà impossbile chiudere gli occhi davanti alla realtà e per questo non potrò scegliere il male. A quel punto non potrò approvare ciò che fai, se lo scopo che ti muove è negativo; d’altro canto, non potrò obbligarti a fare il contrario né guidarti o modificarti. Cercherò di aiutarti a eliminare questo male, nell’attesa che tu ti svegli. Gandhi diceva: “Chi vuole venire a lottare con me per liberare la patria, prima dovrà purificarsi, perché, diversamente, ci libereremmo da un’oppressione per cadere nella rete di un’altra peggiore”. Bisogna scendere sul campo di battaglia senza provare odio, affinché questa battaglia serva ad altro. Liberarti dall’odio equivale a liberarti dalla tua paura, perché la paura è ciò che determina l’odio: e se la paura è nei confronti di te stesso, significa che ti stai odiando e se dentro di te si annida l’odio, odierai tutti. Per essere mistici, non c’è bisogno di trovarsi in un monastero; si può benissimo essere poveri e ignorare leggi e teorie, ed essere ugualmente mistici: ciò che occorre è essere desti nei confronti della vita. L’importante è liberarti dai condizionamenti per essere te stesso e questo lo può fare sia il laico sia il religioso. Forse un monaco – con le difficoltà insite in una comunità in cui possono sorgere degli attriti – può darti l’occasione di scoprire con maggior chiarezza le tue malattie e i tuoi errori. I mistici sono coloro che si aprono completamente alla verità, fidando nella realtà, senza preoccuparsi del risultato, perché sanno che solo nella verità abita lo spirito che li guida. Ciò significa fare la volontà di Dio. (Anthony de Mello, Ti voglio libero come il vento).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle dela Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 01 Giugno 2016ultima modifica: 2016-06-01T22:17:26+02:00da fraternidade
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