Giorno per giorno – 09 Settembre 2015

Carissimi,
“Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell’uomo.” (Lc 6, 20. 22). Odiati, perché poveri, messi al bando, insultati, respinti come scellerati. A causa del Figlio dell’uomo. Non necessariamente perché suoi seguaci. Che, anzi, la maggior parte di loro non saprà nemmeno chi sia questo Figlio dell’uomo. Ma a causa di ciò che Egli, conosciuto o meno, ha messo loro in cuore e sussurra al loro udito, attraverso il suo Spirito: fame di vita, esistere, resistere, superando ogni prova, vincendo ogni ostacolo. Farlo, perché abbiano di che vivere i propri figli, le proprie donne, i propri vecchi, i resi poveri, miserabili, i condannati a morte sicura da un sistema inumano che scegli di far vivere pochissimi nel lusso sfrenato, altri pochi nell’abbondanza, ma tutti loro a spese dei più. Negazione del progetto di Dio, nel cuore delle società che si dicono cristiane. A Dio non interessa proprio nulla dell’ateismo degli atei, che anzi a volte serve più quello a convertire i credenti al suo progetto, che le così spesso vuote predicazioni dei suoi ministri. Lui tema l’ateismo pratico dei credenti o, meglio, la loro idolatria, che fa del profitto e dell’accumulo di ricchezze il loro dio più vero, il fine decisivo delle loro vite. Il vangelo, questo vangelo, di duemila anni fa, era valido per allora, come per ogni tempo, e, forse, anche più tragicamente, per oggi. È ora di ascoltare questo richiamo, di prestare udito a questo lamento. Dio ha da sempre scelto da che parte stare. Noi da che parte stiamo?

Il nostro calendario ci segnala oggi le memorie di Pedro Claver, schiavo degli schiavi in America; Aleksandr Men, martire ortodosso in Russia; Poemen il Grande, padre del deserto.

Pedro Claver era nato a Verdú, in Catalogna, il 26 giugno 1580, figlio di una coppia di contadini, Pedro e Juana Corberó. Entrato nella Compagnia di Gesù a 22 anni, mentre studiava filosofia a Mallorca nel 1605 conobbe sant’Alonso Rodriguez che era portinaio del collegio. Fu un incontro decisivo per il futuro del nostro. Pare infatti che Alonso, illuminato circa il futuro del giovane, prese ad incoraggiarlo a recarsi come missionario nei territori occupati dagli spagnoli in America. Di fatto, Pedro chiese ed ottenne dai superiori di partire alla volta di Nueva Granada nel 1610. Completati gli studi di teologia, fu ordinato sacerdote a Cartagena, il 20 marzo 1616. Giunto in America, Pedro si era reso presto conto della tragica realtà rappresentata dallo schiavismo – Cartagena, infatti, rappresentava il maggior centro di commercio di schiavi del Nuovo Mondo – e scelse di farvi fronte nel solo modo a quel tempo possibile. In occasione della sua professione religiosa solenne, si dichiarò “schiavo degli schiavi africani” e, da allora, per quarant’anni, si dedicò senza riserve a sopperire i bisogni, lenire le sofferenze ed evangelizzare le vittime di quel commercio disumano. Scontando naturalmente l’ostilità aperta della società bianca, ma anche le umiliazioni e le incomprensioni da parte dei suoi confratelli e superiori. Morì all’alba del 9 settembre 1654.

Aleksandr Vladimirovitch Men nacque a Mosca il 22 gennaio 1935, durante il regime stalinista. Qualche mese dopo la nascita, la madre, ebrea, chiese per sé e per il piccolo il battesimo, che verrà loro somministrato il 22 settembre 1935. Ancora giovane, Aleksandr sentì chiara la vocazione a servire Dio. Appassionato per le scienze naturali, si iscrisse alla facoltà di Zoologia, ma ne fu espulso nel 1958, quando le autorità accademiche seppero delle sue convinzioni religiose. Lo stesso anno, Alexandr fu ordinato diacono e, dopo due anni, presbitero. Pur sotto il continuo controllo del KGB, riuscì a realizzare un’imponente attività pastorale, conquistando la fiducia di ogni genere di persone. Aperto ad ogni verità presente nelle altre Chiese cristiane e nelle altre religioni, soleva dire: “I muri che abbiamo eretto tra noi non sono sufficientemente alti per arrivare fino a Dio”. Con la libertà garantita dalla “perestroika” inaugurata da Gorbachov venne via via moltiplicando gli sforzi per diffondere più rapidamente il Vangelo di Gesù Cristo. Padre Aleksandr fu ucciso a colpi d’ascia non lontano dalla sua casa, la mattina de 9 settembre 1990, mentre si recava a celebrare la liturgia. I sospetti caddero su elementi dell’estrema destra nazionalista e antisemita, che forse agirono con la compiacenza dei servizi segreti. Ma nessuno fu mai incriminato o processato per il delitto.

Il 4 del mese di Nasie (il tredicesimo e ultimo mese del calendario copto, che conta solo cinque giorni, e che coincide con il 9 settembre del calendario gregoriano), la Chiesa copta fa memoria di Poemen, uno tra i più famosi padri del deserto. Nato attorno al 340, si era ritirato con sei fratelli nel deserto egiziano di Scete, ma nel 408 la piccola comunità fu costretta a causa delle incursioni dei Berberi ad abbandonare il luogo dove viveva per trovare rifugio tra le rovine di un tempio nei pressi di Terenuthis (l’attuale Tarrana, a settanta chilometri dal Cairo). Poemen si alternava con il fratello Anubis alla guida della comunità, la cui giornata alternava ore di duro lavoro, la lettura dei libri sacri, la preghiera, una povera refezione e poche ore di riposo. Poemen praticava spesso duri e prolungati digiuni, ma consigliava i compagni di alimentarsi ogni giorno, sia pure con moderazione, e mai fino a saziarsi. A chi lo interrogava se fosse meglio parlare o tacere, rispondeva: “Chi parla per amore di Dio, fa bene, e chi tace per amore di Dio, anch’egli fa bene”. Diceva anche: “Un uomo può anche sembrare in silenzio, ma se in cuor suo condanna gli altri, allora è come se parlasse sempre. Ci può essere, invece, chi parla continuamente, ma in realtà tace, perché non dice nulla di vano”. Insegnava: “È bene osservare queste tre cose: temere Dio, pregare spesso, fare del bene al prossimo”. E ancora: “La malvagità non sradica la malvagità. Se qualcuno fa del male a voi, fategli del bene, e la vostra bontà vincerà la sua malvagità”. Alcuni anziani gli chiesero: “Se vediamo dei fratelli che sonnecchiano durante la liturgia, vuoi che li scuotiamo, perché rimangano desti durante la veglia?”. Ma egli disse loro: “Veramente, se io vedo un fratello che sonnecchia, metto la sua testa sulle mie ginocchia e lo lascio riposare”. Poemen morì a 110 anni. Subito dopo la sua morte fu riconosciuto come un santo gradito a Dio e fu chiamato “il Grande” per la sua grande umiltà e rettitudine, come anche per le lotte ascetiche, l’abnegazione e il servizio a Dio.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera ai Colossesi, cap.3, 1-11; Salmo 145; Vangelo di Luca, cap.6, 20-26.

La preghiera del mercoledì è in comunione con tutti gli operatori di pace, quale che ne sia il cammino spirituale o la filosofia di vita.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura, il brano di un’omelia del 1988, tenuta da Aleksandr Men nella chiesa di Novaja Derevnja, nella periferia moscovita. Lo toviamo riportato nel sito di Spiritualità cristiana ortodossa “Nati dallo Spirito”. Ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
L’anima ritorna a Dio. E questo pensiero deve farci meditare oggi non solo sulla morte ma sulla vita. Quanto ci resta da vivere? Dobbiamo vivere gli anni che ci rimangono da creature degne di essere creature di Dio, a immagine e somiglianza di Dio. Oggi siete bambini, domani giovani, dopodomani avrete i capelli bianchi. E il giorno dopo verranno a prendervi. E questo è saggio: non sapere né il giorno né l’ora della nostra morte. Perché Cristo ci dice: “Siate sempre pronti, apprezzate, usate bene ogni giorno e ogni ora”. C’è poco tempo in questa vita. Quanto abbiamo dato del nostro lavoro, del nostro amore, della nostra pazienza, tanto abbiamo acquistato per l’eternità. Una persona che vive per sé, vive una vita vuota, mediocre, inutile. La Sacra Scrittura ci dà solo due comandamenti: l’amore per Dio e l’amore per gli uomini. Anche uno che non capisce chi è Dio certamente sente che c’è un grande mistero che supera tutto il nostro universo, che guida tutto il cosmo. Come si fa a non amare questo mistero, che è la vita stessa? tutte le cose meravigliose, misteriose e perfette che abbiamo davanti? Amare la vita, amare la natura che viene da Dio, amare la creazione, tutto ciò che esiste. La bellezza di Dio in ogni cosa, in ogni fiore, in ogni stella. Per Dio non ci sono morti: sono tutti vivi. Per Dio ci sono solo vivi! (Aleksandr Men, da un’omelia del 1988)

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 09 Settembre 2015ultima modifica: 2015-09-09T22:27:47+02:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo